giovedì 4 dicembre 2008
Il governo valuta in 3mila euro il risparmio medio per famiglia. Tremonti annuncia che la riduzione degli sgravi sugli interventi per il risparmio non sarà retroattiva.
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Giulio Tremonti difende alla Camera il decreto anti-crisi. Se la Germania, che ha conti assai migliori dei nostri, «non spinge sul deficit, non possiamo fare noi i fenomeni» che abbiamo un «debito pubblico record», anche se il ministro dell’Economia invita pure a guardare al debito privato che ci vede invece meglio di tanti altri. E comunque dare 4 euro in più al giorno alle fasce deboli, come avverrà questo mese per la carta acquisti, «è considerata un’elemosina forse nei salotti...», aggiunge Tremonti con una stoccata pungente alla sinistra. Il grosso dei benefici agli italiani dovrebbe venire però dal canale ricordato da Claudio Scajola, anch’egli ascoltato in commissione alla Camera: dalla discesa dei prezzi del petrolio (ieri finito sotto i 47 dollari al barile, a 46,84) e, quindi, di benzina, gas e luce, verrà un risparmio annuo valutabile in media fra i 2.800 e i 3mila euro, ricorda il titolare dello Sviluppo economico. Ma le tariffe scenderanno «non per merito del governo», precisa l’ex ministro Linda Lanzillotta, per un Pd che poi si scaglia pesantemente all’attacco di un altro ministro, Maurizio Sacconi (Welfare), definito «assolutamente irresponsabile» per il presunto accenno fatto nel programma tv "Economix" a un rischio bancarotta dell’Italia, tipo Argentina 2001: dopo aver negato dissidi con Tremonti, Sacconi ha tuttavia precisato successivamente di «non aver mai detto che vi può essere tale rischio, ma solo che il debito è un vincolo ineludibile».Nel bailamme polemico c’è però un altro risvolto vantaggioso per gli italiani: Tremonti fa sapere di essere d’accordo a far cancellare dal Parlamento la tanto contestata applicazione già da gennaio scorso dei limiti posti allo sgravio fiscale del 55% sugli interventi di risparmio energetico (infissi, pannelli solari, ecc.), che avevano messo in forse l’agevolazione per quanti avessero già fatto i relativi lavori durante quest’anno. La norma sarà rivista per il 2008 dunque («La retroattività non ci può essere»), ma per i bonus fiscali in genere il ministro lancia un avvertimento: «Basta con i crediti d’imposta usati come un bancomat», è «incivile» concederli senza «coperture certe» e «questo non accadrà più con il nostro governo». Una buona notizia solo a metà, che chiude uno dei tanti casi aperti dal varo delle misure di sostegno a famiglie e imprese. Si tratta di «un cantiere aperto», osserva Tremonti che ha un botta e risposta polemico col ministro-ombra Pierluigi Bersani: «Non c’è stata inerzia, è stata lunga la discussione nelle sedi europee». Poi una rapida carrellata sulle decisioni prese, muovendo dalla premessa che «il nostro vincolo non è il Patto Ue sul deficit, ma il mercato finanziario» sul quale vanno collocati i nostri titoli pubblici. Si parte dalla marcia indietro sul blocco delle tariffe: in effetti non c’è (a parte quello, confermato, sui servizi pubblici) anche perché «le bollette devono scendere». Sul calmiere al 4% per i mutui a tasso variabile dice che «ha un costo limitato, ma un effetto positivo di fiducia». La social card? «La adottò anche Kennedy». Infine un altro scambio polemico con Tabacci («Facciamo un patto – gli dice Tremonti –: più presenze del ministro in Parlamento, minori presenze di altri in tv») e uno sguardo al futuro immediato: «Gli ammortizzatori sociali sono la politica da seguire nel 2009», a essi potrà andare pure una quota dei fondi europei da riprogrammare (su di essi oggi in Calabria ci sarà un convegno con Scajola). Sul fronte europeo, si chiamerà «Margherita» il fondo per gli investimenti coordinato dalla Bei e dalle Casse depositi nazionali su cui c’è «un sufficiente consenso».Il caso Sacconi, infine. Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il ministro ha detto di essere «preoccupato per il rischio di default del Paese», perché «c’è qualcosa di peggiore della recessione ed è la bancarotta dello Stato, ipotesi improbabile ma comunque possibile» se «andasse deserta» un’asta di titoli pubblici. Parole rivelatrici, secondo Giorgio Tonini (Pd), del reale «pessimismo del governo».
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