mercoledì 9 maggio 2012
«Il Parlamento modifichi le regole» in materia di fisco e riscossione e «le alleggerisca. Io chiedo di poter applicare le leggi». Così il direttore di Equitali a margine di un incontro a Genova con il presidente della Regione Liguria. «Ormai se si invia una cartella ad un cittadino è considerato un atto di vessazione».
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Attilio Befera non ne può più. La pazienza ha rotto ogni argine per il direttore dell’Agenzia delle Entrate, nonché presidente di Equitalia, da mesi al centro di ripetuti attacchi, non solo mediatici. Tutto il Paese si lamenta per lo stato di oppressione fiscale che sarebbe indotto soprattutto dalla micidiale macchina della riscossione dei tributi non pagati dagli italiani? Per Befera non c’è che una via d’uscita, la più semplice possibile: «Il Parlamento modifiche le regole» e «le alleggerisca, io chiedo solo di poter applicare le leggi».Dichiarazioni dal sapore forte, che Befera ha fatto ai giornalisti dopo l’incontro avuto ieri a Genova con il governatore della Liguria, Claudio Burlando (che l’aveva chiesto proprio per valutare assieme misure per aiutare le imprese in difficoltà con il sistema tributario). E che arrivano a nemmeno una settimana di distanza dalla lettera che Befera stesso aveva inviato a tutti i suoi dipendenti (all’indomani del sequestro di un addetto operato dall’impenditore Martinelli a Romano di Lombardia), in cui affermava con rammarico che «il nostro ormai è un lavoro pericoloso». Anche ieri la cronaca riporta l’allarme-bomba (poi rientrato) in una sede di Equitalia che ha paralizzato proprio il centro di Genova e l’episodio di Palermo, dove gli esasperati operai della ex Fiat di Termini Imerese hanno occupato i locali dell’Agenzia delle Entrate. Un bersaglio continuo (ricordiamo che il direttore centrale di Equitalia, Marco Cuccagna, fu vittima mesi fa di un pacco-bomba che gli esplose fra le mani), alimentato anche da parte dei mass-media.Befera ha tenuto il conto: «Dal luglio scorso i dipendenti di Equitalia e delle Entrate hanno subito 270 atti di intimidazione». Quindi, rivolgendosi ai giornalisti, ha aggiunto: «Voi non pensate che ciò sia molto pericoloso?». Non è mancato un riferimento alla penosa questione dei suicidi di persone avvenuti a seguito del ricevimento di cartelle esattoriali: «È una cosa gravissima – ha affermato il funzionario –, sono estremamente dispiaciuto per ciò che accade, ma io sto lavorando per lo Stato e per il Paese». È a questo punto che Befera ha ricordato che Equitalia (la società pubblica addetta alla riscossione di tributi e contributi, partecipata al 51% dalle Entrate e al 49% dall’Inps, che diversi sindaci vorrebbero ora abbandonare per tornare a una riscossione su base comunale) si limita ad applicare «regole volute e votate dal Parlamento» e che, da parte loro, le strutture tecniche hanno già fatto la loro parte, attivando il meccanismo di pagamento a rate e istituendo sportelli per i casi di particolare difficoltà.Ma di più, se non si interviene anche sui meccanismi legislativi che sono a monte, non si può fare. È quasi un segnale di resa quello lanciato da Befera: «Ormai se si invia una cartella esattoriale a un cittadino – ha proseguito – questo è considerato un atto di vessazione». Ed è significativo, forse, che dopo questo campanello d’allarme l’unico politico a manifestare solidarietà alla "macchina fiscale" sia stato il pd Lucio D’Ubaldo, presidente della commissione bicamerale di vigilanza sull’Anagrafe tributaria: «Befera merita solidarietà e pieno sostegno per il lavoro che svolge. Tuttavia la piaga dell’evasione obbliga a non abbassare la guardia». Come noto, il sistema della riscossione ha portato a casa nel 2011 12,7 miliardi di euro, in assenza dei quali la tenuta dei conti pubblici incanalati verso il pareggio di bilancio sarebbe ancora più barcollante.
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