martedì 29 marzo 2016
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La stagione dei matrimoni bancari sembra essersi ufficialmente aperta. Le nozze di mercoledì scorso tra Banco Popolare e Bpm – sofferte, in bilico quasi fino al momento del fatidico 'sì', nonché vincolate alle rigide condizioni imposte dalla Bce –, potrebbero sbloccare un risiko che vede coinvolti alcuni istituti nazionali e di cui si discute ormai da mesi. Persino il Financial Times, in un articolo pubblicato domenica, vede nel via libera al progetto di fusione tra Verona e Milano un primo passo verso la strada del consolidamento per l’intero settore. Gli indizi affinché si verifichi un 'effetto a cascata', insomma, ci sono tutti. Anche se quello che dovrebbe vedere convolare a nozze altre banche alla ricerca del giusto partner rimane un percorso a ostacoli. Del resto - come testimonia l’intervento sul capitale da un miliardo a cui Francoforte ha obbligato l’Ad scaligero Pier Francesco Saviotti (oltre ai 10 miliardi di crediti deteriorati da smaltire entro il 2019) -, non sarà semplice per tutti gli istituti interessati attenersi a determinati requisiti. Eppure, nonostante i parametri stringenti, la stessa responsabile della Vigilanza del-l’Eurotower, Danièle Nouy, ha auspicato che possano seguire nuove aggregazioni a quella tra Banco e Bpm. Ci sarebbe già il placet dell’istituto guidato da Mario Draghi, ad esempio, per l’operazione che vedrebbe passare la proprietà di Carige (Cassa di risparmio di Genova) al fondo americano Apollo. Dagli Stati Uniti nelle ultime ore si sono fatti avanti con un’offerta da 500 milioni per la maggioranza del capitale della banca ligure per una quota compresa tra il 51 e il 60%. La proposta verrà esaminata dal prossimo consiglio di amministrazione di Carige, che ora vede come primo azionista Vittorio Malacalza, con il 17,6%. Il gradimento della Bce sarebbe dovuto in particolare all’acquisto di sofferenze del fondo Usa per circa 700 milioni di euro. Ma al di là dei matrimoni misti all’orizzonte, anche il fronte interno è piuttosto caldo. A partire da Nord Est, dove sia la Popolare di Vicenza sia Veneto Banca stanno provando a rendersi appetibili (sistemando i conti e ricapitalizzandosi). Ancora 'zitella' Ubi, che gioca d’attesa, in quanto non sembra avere fretta di sposarsi a tutti i costi né con il primo che capita. A proposito di Ubi, si continua a tenere monitorata la situazione di Mps, che resta sempre al centro di voci di possibili fusioni o di interventi di sistema (magari con il contributo della Cassa depositi e prestiti). Intanto, l’istituto senese, zavorrato da quasi 47 miliardi di crediti deteriorati sul groppone, sta per cedere un nuovo pacchetto da 220 milioni di euro di Npl, oggetto di una ventina di manifestazioni d’interesse. Alla lista di (possibili) nozze, vanno aggiunte infine Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti, ovvero le quattro banche salvate dal crac a novembre attraverso un decreto governativo e che dovranno essere cedute. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lo scenario
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