mercoledì 29 aprile 2009
Accordo dei creditori col Tesoro Usa. Elkann: «Giovedì sera si chiude». Ai sindacati americani andrà il 55% delle azioni, al gruppo italiano il 35%. Il resto al governo. Fiducia a Marchionne.
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C'è anche l’accordo con i creditori. Almeno con quelli importanti, secondo la stampa americana: il Tesoro statunitense ha convinto Citigroup, JP Morgan Chase, Goldman Sachs e Morgan Stanley ad accettare di incassare subito meno del 30% dei soldi che deve loro Chrysler e rinunciare al resto. Con le quattro banche d’affari l’azienda ha un debito di circa 4,7 miliardi di dollari. Poi c’è un’altra quarantina di creditori che hanno crediti da 2,2 miliardi e aspettano l’ultimo momento per dire sì, magari strappando un ritocco al rialzo. Ma sanno che che provocando il fallimento di Chrysler non potrebbero ottenere di più. L’accordo – non ancora ufficiale, ma confermato da fonti diverse – non prevede una quota azionaria, e abbatte l’ultimo ostacolo che separava Chrysler da Fiat. Per l’annuncio formale dell’accordo ci sarà da attendere giovedì, ultimo giorno utile fissato dalla Casa Bianca, lascia capire John Elkann presidente di Exor (la holding degli Agnelli che controlla Fiat e ha confermato la fiducia all’ad Sergio Marchionne). Ma l’alleanza tra Torino e Detroit è ormai cosa fatta. La "task force" sull’auto del governo americano, guidata da Steve Rattner, concederà a Chrysler un altro prestito da 6 miliardi di dollari, dopo i 4 miliardi concessi all’inizio dell’anno e i 500 milioni di questo mese, e il rilancio della compagnia potrà avere inizio.Elkann rimane cauto e naturalmente non ammette che l’alleanza è pronta. Lo United Auto Workers, il sindacato dei lavoratori americani che domani dovrà ratificare l’intesa raggiunta domenica, è meno prudente. Lunedì nello stabilimento Chrysler di Sterling Heights, nel Michigan, ha distribuito ai lavoratori un foglio in cui spiegava i termini dell’accordo, che erano rimasti riservati. Il documento è presto diventato di dominio pubblico. Il Uaw chiarisce come saranno spartite le azioni di Chrysler: il 55% proprio al sindacato, il 35% a Fiat, il 10% al governo e ai creditori. L’azienda verserà a rate, tra il 2010 e il 2023, 4,6 miliardi di dollari nel fondo sanitario dei lavoratori, gestito sempre dal Uaw. Fiat avrebbe accettato di produrre almeno una delle sue utilitarie negli impianti americani di Chrysler, e concederà da subito a Detroit due dei suoi motori da montare sui modelli Chrysler. Gli americani valutano in 8 miliardi di dollari il valore della tecnologia italiana, e al sindacato sono stati promessi 4mila nuovi posti di lavoro nelle fabbriche statunitensi.Intanto Daimler ha formalizzato la sua uscita dall’azienda. Si è accordata con Cerberus – il fondo di private equity che oggi ha l’80,1% di Chrysler – sulla rinuncia alla sua quota di capitale (il 19,9%). Si chiude in questo modo, con uno strascico di 600 milioni di dollari che Daimler dovrà versare al fondo pensione dell’azienda, l’avventura dei tedeschi in Chrysler, avviata nel 1998 con l’acquisto del 100% delle azioni e conclusa senza rimpianti dopo un decennio di matrimonio fallimentare. Poco dopo avere salutato Detroit, Daimler ha mostrato i conti del primo trimestre. E c’era un rosso da 1,43 miliardi.
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