venerdì 20 agosto 2010
Secondo la classifica dell’Ufficio studi di Confartigianato sulla qualità, provincia per provincia, dei servizi pubblici necessari alla vita delle pmi, dai tempi di pagamento della Pa all’accesso al credito il costo è di 16 miliardi l'anno.
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La burocrazia complica ancora molto la vita a chi fa impresa in Italia, anche se in misura diversa lungo lo Stivale. Al punto che si può parlare, fra zona e zona, di un differenziale di competitività. Lo dice la classifica dell’Ufficio studi di Confartigianato sulla qualità, provincia per provincia, dei servizi pubblici necessari alla vita delle imprese, dai tempi di pagamento della Pa all’accesso al credito.La Provincia più "amica" delle imprese è Ravenna, davanti a Reggio Emilia e Prato. Catanzaro, Roma e Campobasso (ultima) sono invece il fanalino di coda. In generale, i contesti più adatti alle attività produttive sono al Centro-Nord (sei delle prime dieci province sono in Emilia-Romagna, quattro in Toscana), mentre il fardello della burocrazia è maggiore al Centro-Sud (tutte le ultime dieci province). Una situazione, insomma, in cui «la concorrenza non è leale perché non dipende dalle capacità ma dalla sorte», ha sottolineato il presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini.Nel complesso, le imprese dei settori manifatturiero, costruzioni e servizi ogni anno "bruciano" in burocrazia più di 16,5 miliardi di euro (1 punto di Pil), in media 12mila ad azienda. E la quota maggiore (il 76,3%) grava sulle micro-imprese (meno di dieci dipendenti).Tutto ciò incide pesantemente sulla competitività del Paese: fra le 30 economie più avanzate, l’Italia è penultima davanti alla Grecia, mentre a livello mondiale siamo 78mi (su 183). L’Italia è addirittura 156ma (secondo l’indice Doing business della Banca mondiale) in soluzione giudiziale delle controversie commerciali e 136ma nei pagamenti di imposte e contributi.Sul fronte dell’avvio d’impresa, dove l’Italia è 75ma, Confartigianato ripone speranze nella Scia (Segnalazione certificata d’inizio attività), che dovrebbe migliorare i risultati di ComUnica, la Comunicazione unica che da aprile sostituisce quattro procedure (Registro imprese, Agenzia delle Entrate, Inps, Inail). Ma per avviare, ad esempio, una gelateria artigiana, un’attività di acconciatore o un’impresa edile, rimangono fuori in media dall’ambito di ComUnica 14 delle 16 procedure necessarie. E pesa lo scarso utilizzo nella Pa di tecnologie online. Anche per questo Guerrini chiede al governo di «dare attuazione concreta al provvedimento sulla Scia. Tutti i Comuni devono recepire questa norma. Serve ad aiutare i giovani e ad agganciare la ripresa».
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