mercoledì 15 maggio 2019
Tecnici modellisti, montatori, designer del prodotto e orlatori sono tra le figure più ricercate
Aziende calzaturiere a caccia di giovani
COMMENTA E CONDIVIDI

«Tecnici modellisti, montatori, designer del prodotto e orlatori: queste sono le principali richieste delle aziende calzaturiere». Michele Lettieri, presidente dell'Accademia della moda, con sedi a Napoli e Milano, guarda con ottimismo a un settore - l'Italia, con 4.708 calzaturifici e 77mila addetti, è il primo Paese produttore europeo di calzature - che resiste alla crisi. Il finale d’anno, infatti, è stato caratterizzato da una nuova accelerazione per le vendite estero di calzature e componentistica che, dopo un terzo trimestre fiacco (+0,9%), segnano un +7,4% tendenziale in valore nell’ultima frazione. Un risultato brillante, che si scontra però con la frenata non trascurabile dei volumi (-6,3% il calo delle paia per le calzature finite), a conferma del quadro ancora complesso della domanda internazionale e delle difficoltà registrate in diversi distretti produttivi. L’impennata nei prezzi medi sottende andamenti positivi per le produzioni dell’alto di gamma, ribadendo al tempo stesso il ruolo determinante, nei risultati settoriali, svolto dai grandi brand internazionali del lusso. I dati Istat elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici indicano, tra le otto principali regioni a vocazione calzaturiera, un sensibile incremento per la Lombardia (+19,4% su ottobre-dicembre 2017) e crescite nell’ordine del 9%, superiori quindi alla media nazionale, per Toscana ed Emilia Romagna (che inverte la rotta dopo i risultati deludenti dei trimestri precedenti). Veneto +4%; debole l’aumento per la Puglia, +1,8%; trend nuovamente negativi per Campania (-8,6%) e Marche (-5,5%). Bene infine le “altre regioni” (che coprono assieme circa il 5% dei flussi in valore), che registrano la performance migliore, +23,2%, trainate dalla crescita dell’Abruzzo.

Considerando l’intero 2018, l’export di calzature finite e componentistica ha superato i 9,85 miliardi di euro (erano 9,51 miliardi l’anno precedente), con un incremento complessivo del 3,6%, nonostante la frenata attorno al 3% della componentistica. I risultati positivi in valore sono stati però accompagnati da contrazioni in volume (attorno al -3,5% il calo annuo delle paia vendute oltre i confini nazionali e del -7,7% la contrazione in chilogrammi per la componentistica, secondo le prime elaborazioni condotte sui dati a consuntivo), con trend decisamente insoddisfacenti sia a novembre che a dicembre. L’aumento medio dei prezzi (di oltre l’8% quello per un paio di calzature esportate) fa ragionevolmente supporre per queste aree pesanti contrazioni nei volumi. Nelle Marche tiene Macerata (+2,8% in valore), ma calano Fermo (-7,5%) e Ascoli (-4%), dove pesano le performance marcatamente negative sul mercato russo. Della Lombardia, trascinata da Milano, l’andamento maggiormente premiante (+12,8%). Marche e Campania sono le uniche regioni, tra le otto, a presentare un segno negativo nel confronto con i livelli di export di 3 e 5 anni addietro: rispetto al consuntivo 2013, l’export marchigiano 2018 risulta inferiore del 16,4%; quello campano del 18,2%.

Prime posizioni immutate nella classifica dell’export per regione, guidata dal Veneto che realizza da sola oltre un quarto del fatturato estero. A seguire Toscana (21,5%), Lombardia (16,7%) e Marche (13,9%). Assieme, le Top 4 coprono quasi l’80% dell’export complessivo. La Campania perde la settima posizione, scavalcata dal Piemonte.

Incrementi considerevoli per Firenze (+11,6%, trascinata da Svizzera, +35,6%, Cina, +22%, e Sud Corea, +50%) e per Milano (+18,5%, che mostra crescite generalizzate a doppia cifra in tutti i primi 15 paesi clienti). Quest’ultima supera Treviso (+1,5%, frenata – oltre che dai risultati non esaltanti nei suoi 4 mercati più importanti, tutti membri UE – dal forte calo negli USA, -20%). Variazioni di segno negativo, come anticipato, per Fermo (-7,5%) e Ascoli (-4%), oltre che per Forlì-Cesena (-4,6%) e, con minore intensità, per Pisa (-1,2%). Tengono Verona, Vicenza e Barletta. Trend positivo in Riviera del Brenta (Venezia +12,8%, grazie soprattutto alla Francia, e Padova +6,2%). Riparte Macerata (+2,8%), che inverte la rotta dopo un quadriennio di contrazioni


«Il consiglio maggiore che diamo ai giovani - continua Lettieri - è di avvicinarsi al settore, il quale è trascurato. Pochi sono quelli che si avvicinano in generale: viene sottovalutato, ma ha potenzialità enormi. Per chi vuol diventare tecnico può sicuramente rivolgersi ai vari Istituti tecnici superiori. In Italia, purtroppo, sono pochi gli Its che si occupano del mondo delle calzature. Noi ne abbiamo uno in Campania molto specifico, il Campania Moda. Per la parte creativa abbiamo tante scuole eccellenti di design, a Napoli abbiamo l'unico corso specialistico post laurea offerto dalla Accademia della Moda Iuad in Design dell'accessorio calzature e borse. Per la formazione di altri profili, bisogna rivolgersi direttamente alle imprese, le quali con sistemi di tirocini e contratti di apprendistato possono sicuramente dare opportunità».

L’analisi delle principali destinazioni sottolinea l’importanza degli sbocchi comunitari, cui peraltro sono dirette 2 calzature su 3 esportate dai calzaturifici nazionali. Tra le prime 8 regioni, ben 6 hanno come principale cliente un paese dell’Unione Europea: 4 la Francia (Veneto, Emilia Romagna, Puglia e Campania) e 2 la Germania (le Marche – che fino al 2014 avevano come mercato principale la Russia, ora terza – e il Piemonte). Solo Lombardia (USA) e Toscana (Svizzera) hanno quale prima destinazione un mercato extra-UE, in entrambi i casi in forte crescita (attorno al 30%). Le cifre a consuntivo confermano la rilevanza crescente dei flussi legati al terzismo per le grandi firme internazionali della moda, come dimostrano gli aumenti dell’export veneto verso la Francia e di quello toscano verso la Svizzera (ponte logistico-distributivo delle griffe dell’area pelle che hanno base in Canton Ticino). In Emilia Romagna cresce il Regno Unito, che scavalca la Germania diventando il secondo mercato. In Campania calano sensibilmente le due principali destinazioni (Francia e Svizzera). Il quarto posto dell’Albania per la Puglia è da leggere, come di consueto, alla luce del traffico di perfezionamento. Dopo un 2017 in cui aveva invertito la rotta evidenziando timidi segnali positivi, nel 2018 l’export verso la Russia ha registrato una nuova battuta d’arresto in quasi tutte le regioni (-11% la media nazionale). Unica eccezione la Lombardia, che ha fatto segnare un +6,1% sull’anno precedente. I livelli 2018 restano però – per tutte le principali regioni esportatrici verso la Russia, Lombardia inclusa – ancora largamente al di sotto dei livelli 2013, antecedenti la “crisi del rublo” (di oltre il -47% la media complessiva).

Malgrado le difficoltà non abbiano risparmiato nel 2018 diverse aree di sbocco fuori dall’Unione (Russia/CSI, Medio Oriente, Oceania), la quota delle destinazioni extra-UE sul totale export si è consolidata, raggiungendo, con riferimento all’aggregato “calzature e componentistica”, il 49,9% in valore (era pari al 49,4% l’anno precedente e al 48,0% cinque anni addietro, a consuntivo 2013). Toscana (71,4%) e Lombardia (67,6%) le regioni con la più alta percentuale di export diretto a mercati non appartenenti alla UE; del Veneto la quota più contenuta (27,3%).

Risultati disomogenei nei mercati principali dell’Estremo Oriente. Cina e Sud Corea hanno compensato i trend negativi rilevati per Hong Kong e Giappone; nell’insieme, l’export verso i 4 principali mercati del Far East è cresciuto di quasi il 4% sul 2017. Per il Giappone – che ha chiuso il 2018 con un calo nell’ordine del 3%, malgrado un miglioramento nella seconda parte dell’anno – l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio con la UE apre interessanti prospettive di sviluppo per gli operatori: pur considerati i tempi lunghi con cui si perverrà alla completa liberalizzazione, l’abolizione delle quote e la progressiva riduzione dei dazi renderanno più accessibile questo importante mercato.


Superiore ai 640 milioni di euro (in aumento di quasi il 6% complessivamente) l’export 2018 di calzature e parti verso il Regno Unito, 5° mercato per importanza per i calzaturieri italiani. Il Veneto, con 185 milioni di euro, è la regione che vi esporta di più; Treviso, con 76 milioni di euro (+7,3%) è prima nella graduatoria province. Cinque regioni coprono assieme il 90% delle vendite. Non uniformi gli andamenti 2018: crescita a due cifre per Veneto (+13,6%), Emilia Romagna (+10,7%) e Lombardia (+17,8%); in calo Toscana (-5%) e Marche (-7,8%). Estendendo il periodo analizzato, solo le Marche nell’ultimo quinquennio non hanno incrementato l’export verso questo mercato (-1,7% il raffronto tra i livelli 2018 e 2013).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: