sabato 19 maggio 2012
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Unire il voto del 17 giugno in Grecia a un vero e proprio referendum sull’euro? A sentire il governo ad interim greco sarebbe la clamorosa proposta avanzata dal cancelliere tedesco Angela Merkel nel corso di una telefonata, ieri, al presidente della Repubblica ellenica Karolos Papoulias. «Il cancelliere Merkel – si legge nel testo firmato da Dimitris Tsiodras, portavoce del premier provvisorio Panagiotis Pikrammenos – ha riferito al presidente i suoi pensieri sulla possibilità di tenere un referendum in parallelo con le elezioni, chiedendo ai cittadini greci se vogliano o meno rimanere nell’Eurozona», ovviamente rispettando tutti gli impegni presi con Ue e Fmi. «Queste notizie non sono vere», si affrettava a replicare poco dopo Georg Streiter, un portavoce del governo federale a Berlino, mentre ad Atene si scatenava un autentico putiferio. E in effetti in mattinata Berlino aveva parlato semplicemente di una telefonata al capo dello Stato greco in cui la Merkel chiedeva un «governo operativo» dopo il voto. A ruota, è seguita la smentita della smentita: «Questa proposta è stata fatta», ha insistito il gabinetto di Pikrammenos.Qual è la verità? A dire il vero, varie fonti diplomatiche hanno riferito nei giorni scorsi come, nel corso dell’Eurogruppo dello scorso 14 maggio a Bruxelles, alcuni ministri dell’Economia avessero suggerito al collega greco di valutare proprio l’ipotesi di un referendum. Non sarebbe del tutto peregrino, insomma, immaginare che Angela Merkel abbia voluto sondare il presidente greco. Anche perché altrimenti non si capisce bene il senso di questa telefonata al capo dello Stato greco, a un mese dal nuovo voto, solo per chiedere un «governo operativo». Non è improbabile un tiro mancino (o semplicemente un malinteso) da parte del governo di Atene nei confronti dei tedeschi, rendendo nota una «riflessione» non destinata al pubblico. E infatti Streiter ha sottolineato che si trattava di un colloquio «confidenziale».Certo è che questa vicenda lascia il pesante sospetto di un’ancor più aperta e smaccata interferenza europea nella politica interna greca, che rischia di essere molto rischiosa e controproducente. Il leader dell’estrema sinistra di Syriza, Alexis Tsipras, ha subito colto la palla al balzo per dichiarare che Merkel tratta la Grecia da «protettorato». «Non abbiamo bisogno di un referendum» ha detto anche Antonis Samaras, il leader del centro-destra di Nea Demokratia, tra i pochi partiti, insieme ai socialisti del Pasok (anche loro irritati) a sostenere il piano di salvataggio. Il governo <+corsivo>ad interim<+tondo>, del resto, ha fatto sapere di non avere comunque i poteri per indire un simile referendum. Ironia della storia: lo scorso novembre l’allora premier greco Giorgios Papandreou era incappato proprio nei fulmini tedeschi per aver proposto un analogo referendum (poi revocato).Questo curioso "giallo" è oltretutto giunto in una giornata aperta da un altro "giallo": quello su un "piano" europeo per l’uscita di Atene dall’Ue. «Un anno e mezzo fa forse c’era il rischio di un effetto domino – ha detto il commissario europeo al Commercio Karel De Gucht in un’intervista al quotidiano fiammingo De Standaard –. Oggi però ci sono, sia nella Bce che nella Commissione, servizi che stanno lavorando sugli scenari di emergenza nel caso in cui la Grecia non ce la dovesse fare. Un’uscita della Grecia non significherebbe la fine dell’euro, come sostengono alcuni». «Ora la fine della partita è cominciata – aggiunge il commissario – e non so come andrà a finire. La questione è sapere se tutti sapranno mantenere il loro sangue freddo nelle prossime settimane». In realtà il commissario voleva dire solo che Bruxelles si prepara all’eventualità di un "Grexit", di un’uscita della Grecia, come ci si prepara a un’emergenza che si vuole evitare – com’è ovvio e giusto che sia così – non certo che Bruxelles stia attivamente preparando l’uscita delle Grecia. Le sue esternazioni, tuttavia, sono state decisamente imprudenti, e infatti un portavoce della Commissione, Olivier Bailly, si è precipitato a correggerlo. «La Commissione – ha dichiarato – smentisce ufficialmente e fermamente di lavorare all’uscita della Grecia dall’euro». Più tardi, si sono aggiunte le parole del commissario agli Affari economici Olli Rehn, che in un’intervista ha spiegato che «la Commissione non lavora su uno scenario di uscita della Grecia dall’euro».Tra Berlino, Bruxelles a Atene, insomma, è andato in scena un vero e proprio cortocircuito in termini di comunicazione (e non solo). L’unica cosa che l’Europa al momento riesce a fare è insistere sul pressing sugli elettori. «Nessun Paese Ue rilascerà la prossima tranche degli aiuti da 130 miliardi di euro se il prossimo governo greco non rispetterà gli impegni già presi – ha avvertito il presidente dell’europarlamento Martin Schulz, in visita ad Atene –. L’Europa si fonda sul principio che gli accordi devono esser rispettati, pacta sunt servanda». Lo ha detto anche De Gucht. «Non proverei a speculare sull’idea che l’Europa si piegherà», anzi «non ci sarebbe nessuno che presterebbe un centesimo». Resta da vedere se queste minacce «convinceranno» i greci.
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