giovedì 28 marzo 2019
Da luglio 2018 a gennaio 2019 la diminuzione è di 67.200 persone. Ramazza: decreto Dignità colpisce i più deboli. Treu: siamo in ritardo sulle politiche attive del lavoro
In calo i lavoratori in somministrazione
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Brusco calo del lavoro in somministrazione dopo l'entrata in vigore del decreto Dignità. Secondo uno studio di Assolavoro (l'associazione delle Agenzie per il lavoro-Apl), presentato al Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), da luglio a gennaio si registra una riduzione di 67.200 lavoratori somministrati. A questa contrazione, secondo l'Osservatorio Assolavoro Datalab (dai dati del ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal), corrisponde un incremento dei contratti meno tutelanti: le prestazioni occasionali (+51 mila luglio-dicembre 2018 rispetto a stesso periodo del 2017); i contratti intermittenti (+15mila nel confronto tra i due periodi) e gli stagionali (quasi 11mila in più).

«Vi è un elevatissimo rischio - spiega Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro - che la contrazione del lavoro somministrato molto controllato e tutelante rispetto ai livelli salariali e al welfare (nel 2018 la retribuzione lorda media mensile è stata pari a 1.440 euro con un salario orario di 12,4 euro) stia gravando soprattutto su occupati a più bassa qualifica. E, dall'incrocio anche con altri dati, emerge come tutto questo finisca più che ad incrementare gli occupati dipendenti permanenti, soprattutto ad alimentare il circuito meno tutelato e più povero del mercato del lavoro temporaneo o il lavoro autonomo falso o, peggio ancora, forme irregolari di lavoro quando non direttamente la disoccupazione».

Secondo Assolavoro, i giovani che entrano nel mercato del lavoro tramite una Apl (100mila nel 2017) hanno maggiori probabilità di transitare in un rapporto stabile rispetto a qualsiasi altra forma di occupazione temporanea, compreso il contratto a tempo determinato. La percentuale di quanti, a 12 mesi dall'ingresso nel mondo del lavoro risultano occupati a tempo indeterminato è, infatti, del 18% per chi ha avuto accesso tramite lavoro in somministrazione, 13% per chi ha iniziato con un contratto a tempo determinato, 8,8% per i contratti intermittenti e 8,6% per le collaborazioni. Le Apl, inoltre, impiegano stabilmente 10mila persone nelle proprie filiali, altre 59mila hanno un contratto di somministrazione a tempo indeterminato e in un anno effettuano ricerca e selezione per ulteriori 50mila persone assunte direttamente e stabilmente dalle aziende committenti.

«L'occupazione in Italia va male, perché va male la crescita e non ci sono politiche attive del lavoro efficaci - sottolinea il presidente del Cnel Tiziano Treu -. Questi navigator, che si muovono in un mare in tempesta, non sono sufficienti, sono precari anche loro. Quindi occorre un investimento, non solo di soldi, in organizzazione e ricerca. Purtroppo non ci siamo. L'operazione reddito di cittadinanza avrebbe bisogno di politiche attive: siamo in ritardo da anni. Ma purtroppo le proposte che si vedono adesso mettono solo soldi e non basta».

Da una recente ricerca Ipsos, inoltre, emerge che complessivamente almeno un terzo di chi lavora a termine con le Apl poi accede a una occupazione stabile. «Dall'analisi dei dati post decreto Dignità emerge che mentre cala la somministrazione di lavoro, aumenta il ricorso a contratti meno tutelanti per il lavoratore - osserva Ramazza -. Se alcuni, con professionalità più spendibili, hanno avuto un accesso più rapido a contratti stabili, molti di più sono quelli che il decreto Dignità ha spinto ai margini del lavoro, con contratti meno tutelanti o addirittura nessun lavoro. Il governo intervenga con correttivi, prima di tutto sulle causali previste per la migliore forma di flessibilità, ovvero la somministrazione. Le causali hanno già
dimostrato di non tutelare nessuno e di avere come unico effetto l'aumento dei contenziosi».

«Le Apl - conclude Bettina Schaller, presidente della Wec-Europe (la Confederazione mondiale delle Apl) - sono decisive per l'inclusione dei giovani nel mercato del lavoro. Sono necessarie riforme strutturali per creare reti di sicurezza sociale e favorire il ricollocamento. Ormai il posto fisso non esiste più. Nella Ue i contratti a tempo indeterminato rappresentano solo il 58% della forza lavoro totale».

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