venerdì 17 giugno 2022
La vicepresidente dell'Ordine Barbara Rosina apre a Torino la conferenza dal titolo "Lavoro e dignità"
Barbara Rosina, vice presidente dell'Ordine degli assistenti sociali

Barbara Rosina, vice presidente dell'Ordine degli assistenti sociali - Archivio

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«Negli ultimi giorni, complice il tema del salario minimo, abbiamo riscoperto il lavoro. Noi, in verità, ci abbiamo pensato molti mesi fa, quando abbiamo programmato un percorso in quattro tappe che ci porterà a celebrare i 20 anni dell’Ordine, a marzo 2023». Lo dice con orgoglio Barbara Rosina, vice presidente dell’Ordine degli assistenti sociali.

"Lavoro e dignità" si intitola la conferenza che tenete oggi a Torino. Perché?
Nella nostra quotidianità siamo spesso di fronte a situazioni in cui il lavoro non rende liberi e la retribuzione è così misera o così difficile da ottenere che le persone sono costrette a mettere a repentaglio il loro decoro, la loro sicurezza e rispettabilità. Qualche dato generale ci aiuta: l’11,8% dei lavoratori italiani è povero, il 25% ha un salario basso. I morti sul lavoro, in Italia, nel 2021 sono stati 1.221, l’85% delle specializzazioni che saranno richieste nel 2030, oggi non esistono. Le donne guadagnano il 15% in meno degli uomini e i giovani under 30 il 50% in meno degli over 50. Il part-time involontario è al 66%.

Quanti sono gli assistenti sociali?
Siamo 46.590. Il 57% di noi ha meno di 45 anni e per il 93,4% siamo donne. La precarietà è un vero dramma: per noi, ma anche per chi seguiamo che si vede cambiare interlocutore e punto di riferimento. Difficile dare un numero esatto, ma direi che tra chi esercita sfiora il 20%.

Quali sono i fronti che vi vedono più impegnati?
Come assistenti sociali cerchiamo di accompagnare persone che affrontano le sfide per l’accesso alle risorse necessarie per la cura di sé stessi e delle persone che amano. Situazioni sempre difficili, delicatissime. Dal 2020 siamo stati travolti, come tutti, dall’emergenza sanitaria e ora dall’accoglienza dei profughi ucraini.

Cosa consiglia a chi vuole fare la professione?
Di essere consapevole che si lavora in un sistema culturale e sociale complesso, con fenomeni in continuo mutamento che vanno studiati sotto vari profili. Da tempo segnaliamo le carenze del sistema universitario rispetto alla nostra formazione, ci auguriamo un riordino. Non amo parlare di vocazione perché richiama a una missione personale: è una scelta professionale, consigliata a chi crede nei diritti e alla loro promozione. Nell’ultima manovra si è fissato un livello di un assistente ogni 5mila abitanti con la raccomandazione di arrivare a 4mila. Ma ci sono oggi aree dove ce n’è uno solo ogni 20mila persone. Mettere a sistema i percorsi di care e sviluppare adeguatamente il lavoro di comunità è la condizione minima iniziale per ripensare l’intero sistema delle opportunità offerte alle persone per l’esigibilità dei loro diritti.

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