mercoledì 3 settembre 2014
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Metà della forza lavoro tra 15 e 29 anni nell’Asia-Pacifico non ha un datore di lavoro e per i due terzi non è contrattualizzata. Complessivamente, coloro che hanno una forma d’impiego informale vanno dal 67,7 per cento del piccolo Stato oceanico di Samoa al 98,3 per cento della Cambogia. L’Asia mantiene una crescita demografica in grado di garantire alle economie locali un importante contributo di braccia e cervelli (con l’India che si avvia, con un’età media di 35 anni, a togliere nel 2020 alla Cina il primato della disponibilità di giovani nel mondo del lavoro). Con poche eccezioni, però, proprio sui giovani si continuano a scaricare scelte economiche e sociali sovente contraddittorie. Mancano ancora tutele e lo sfruttamento dei lavoratori più giovani, in molti casi, continua indisturbato.  Dati e tendenze aggiornate della realtà occupazione giovanile nell’area più dinamica e più popolata del pianeta sono indicati in un recente rapporto dell’Ilo, in cui si insiste sulla non formalizzazione dei rapporti e sulla vulnerabilità sociale della maggioranza dei giovani lavoratori. Si tratta di un aspetto ancor più preoccupante in quanto la tendenza alla precarizzazione, al mancato riconoscimento di livelli salariali, a diritti e tutele va di pari passo in molte aree con una disoccupazione formale che resta elevata. «La mancanza di prospettive di impiego garantito, insieme alla migliore educazione, l’accesso alle moderne tecnologie e l’esposizione a quelli che sono percepiti come i benefici delle economie sviluppate, alimentano i rischi di frustrazione tra i giovani e questo, a sua volta, porta a malcontento che può culminare con instabilità politica e migrazione all’estero», sottolinea Sara Elder, specialista dell’occupazione giovanile e autrice del rapporto che è frutto di una partnership tra il progetto Work4Youth ( W4Y) dell’Ilo e MasterCard Foundation.  I dati sono stati raccolti in indagini condotte tra giovani in cinque paesi (Bangladesh, Cambogia, Nepal, Samoa e Vietnam) ritenuti particolarmente significativi. Tutti con tasso di disoccupazione elevato, mediamente del 14,2%, con i due casi limite di Cambogia (3,8%) e Nepal (28,9%). Paesi dove è ben evidente anche la discriminazione in termini di opportunità tra maschi e femmine, con una disoccupazione media del 19,9 per cento per le donne e dell’11,9 per cento per le donne.  Importanti anche per segnalare due tendenze contrapposte ma ugualmente negative. In tre Stati (Bangladesh, Nepal e Cambogia), il ritiro scolastico è attorno al 50%, con conseguenze determinanti sulle qualifiche e sulle capacità lavorative. Tutto ciò porta una parte consistente della forza lavoro sotto i 30 anni a dare una risposta inadeguata alle possibilità d’impiego. Al contrario, i giovani che entrano nel mondo del lavoro a Samoa o in Vietnam sono in misura diversa (rispettivamente 59,6 e 23,5 per cento) più preparati rispetto alle mansioni effettive. Una situazione, quest’ultima, che più di altre – si evidenzia nel rapporto – porta a insoddisfazione e a disaffezione da parte dei lavoratori più giovani.
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