giovedì 11 aprile 2013
​Dai conciatori ai vasai molti artigiani faticano a trovare "eredi" disposti a portare avanti botteghe e arte. Colpa della burocrazia e dello scarso interesse dei giovani
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Vetrai, conciatori di pelli e di pellicce e pellettieri, artigiani delle lavorazioni artistiche a mano di tessili e cuoio, artigiani ed operai delle calzature, manovali della costruzione e manutenzione di strade, vasai, tintori, stiratori a mano, installatori e riparatori di apparati telefonici, operai addetti ai servizi di igiene e pulizia. Sono i mestieri a rischio di estinzione nel prossimo decennio secondo i dati elaborati dalla Cgia di Mestre.«Già alcuni anni fa si diceva che nell’artigianato fossero scoperti 70-80mila posti di lavoro in tutta Italia – osserva Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani della Provincia di Milano –. I motivi per cui non si avvicinano ai mestieri artigianali tanti giovani quanti ne necessiterebbero le imprese è soprattutto un problema di ordine culturale. Dagli anni Settanta i mestieri manuali sono stati considerati di "serie b", quasi che per muovere bene le mani non occorresse avere alle spalle un buon cervello e conoscenze intellettuali tecniche». La provincia di Milano rappresenta un ottimo osservatorio, dal momento che è la più artigiana d’Italia. Sono attive circa 73mila imprese che danno lavoro a 220mila persone. Secondo il segretario generale sono le stesse famiglie spesso a spingere i propri figli a conseguire un titolo di studio, per poi magari rimanere delusi perché non dà accesso a una professione. «Alcuni mestieri sono disertati perché vengono considerati troppo faticosi – osserva l’esperto –. Mi riferisco ai manovali, ai saldatori, ai lattonieri, agli autotrasportatori. Ma un altro filone che è in crisi di ricambio generazionale è quello di tutti i mestieri artistici tradizionali. Soprattutto i sarti, le sarte e le ricamatrici. In questo caso si tratta di un problema di immagine, i giovani li considerano mestieri "vecchi", addirittura superati, di cui un po’ vergognarsi. A molti non piace dire "faccio il sarto", "l’orafo", "il cesellatore". Sembrano attività un po’ fiabesche o museali. Per questo si preferisce il classico impiego che consente di andare in ufficio in giacca e cravatta. In realtà i mestieri artigianali sono creativi e danno ottime potenzialità di reddito, oltreché soddisfazioni professionali».La crisi drammatica che stiamo vivendo, però, potrebbe contribuire a cambiare questa tendenza. «Una volta erano gli stessi artigiani che spingevano perché i figli studiassero e diventassero professionisti o impiegati – continua l’esperto –. Oggi succede che i figli studino, ma poi tornino nella bottega del papà oppure che lavorino in azienda durante gli studi». C’è poi il problema delle scuole professionali, anche queste considerate di "serie b". «La mia opinione è che nel nostro sistema educativo queste scuole siano sempre state trascurate e considerate un po’ un parcheggio per i giovani che non riuscivano a frequentare i licei e le università – sottolinea Accornero –. Questo comporta che i laboratori all’interno delle scuole siano molte volte fatiscenti, che utilizzino attrezzature obsolete che hanno poco a che fare con quelle che i giovani troveranno poi nel mondo del lavoro. Senza contare che c’è troppa teoria e poca pratica». L’opposto di quello che avviene in Germania che ha un sistema formativo per gli artigiani invidiabile e dove gli esperti meritano il titolo di "maestri". «Ai titolari di laboratori di alta qualità viene conferito una sorta di patentino – spiega Accornero –. Inoltre i ragazzi durante il percorso formativo effettuano lunghi periodi di stage presso botteghe artigianali per vedere dal vivo come si svolge il mestiere. In Italia, in cui esiste una tradizione secolare di artigianato, lavorano oltre un milione e mezzo di artigiani. Forse ci siamo un po’ cullati nel fatto che il settore potesse andare avanti e rinnovarsi da solo...».  Per diventare artigiani è necessario aver frequentato le scuole medie e un corso professionale. «Se nel proprio territorio non si trova la scuola più adatta o comunque di buon livello la soluzione migliore è imparare direttamente dall’artigiano con un contratto di apprendistato – suggerisce Accornero –. Occorre però considerare questo periodo come un’università. Quindi si deve puntare ad apprendere un mestiere per tre-cinque anni, senza pensare al guadagno. Inizialmente la busta paga è di circa 500-600 euro al mese. A volte succede che i ragazzi di fronte a un’offerta di qualche centinaio di euro in più abbandonino l’attività per un lavoro impiegatizio in un call center. Lasciano così una professione sicura per un futuro incerto».A frenare l’ingresso dei giovani in bottega è anche la giungla burocratica che l’artigiano deve affrontare. «La riforma Fornero, fra l’altro, ha irrigidito moltissimo gli adempimenti a carico del datore di lavoro e introdotto di fatto sanzioni che disincentivano le assunzioni – commenta Accornero –. La soluzione per le piccole realtà potrebbe essere ridurre sensibilmente gli oneri burocratici, ad esclusione delle attività più pericolose».Se quindi sono a rischio alcuni antichi mestieri manuali, guardando all’oggi si può dire però che sono in aumento i giovani imprenditori artigiani.Così, i dati della Cgia di Mestre riportano che quasi un addetto su due ha meno di 40 anni. «Nonostante la crisi economica abbia cancellato a livello nazionale ben 58mila aziende artigiane – ha dichiarato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – i giovani, soprattutto nel comparto casa, costituiscono la maggioranza degli addetti. A nostro avviso ciò è dovuto a due motivi: questi mestieri, legati al mondo dell’edilizia, impongono una forza e una tenuta fisica che difficilmente possono essere richiesti a lavoratori di una certa età. Il secondo: il forte aumento del numero dei diplomati avvenuto in questi ultimi anni nel settore edile, elettrico e termoidraulico ha favorito l’ingresso di molti ragazzi nel mercato del lavoro. In generale, malgrado le difficoltà e i problemi che sta vivendo il nostro settore, i giovani stanno tornando all’artigianato, ma non ai vecchi mestieri. Dai nostri dati, ad esempio, le professioni legate alla lavorazione del vetro artistico, delle calzature, delle pelli e quelle a mano del tessile, corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi».Bisogna considerare, però, che la caratteristica del prodotto artigianale è la qualità e l’unicità del pezzo e questo fa sì che ci sarà sempre domanda di manufatti di questo tipo. «Magari in futuro si dovranno cercare sbocchi all’estero e sarà necessario visitare le fiere internazionali – conclude Accornero –. Ma la domanda sarà sempre alta».

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