mercoledì 8 febbraio 2012
​Nel 2009 i nuovi ingressi sono scesi del 27%. Nel 2010 più 12% le conferme a tempo indeterminato.
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​La crisi ha picchiato duro anche sull’apprendistato, che è crollato nel 2009 e ha registrato solo una lieve ripresa nel 2010. Un contratto ancora trascurato sul piano della formazione, visto che solo il 25% dei lavoratori partecipa ad attività esterne all’impresa. Ma che si conferma come la "via più sicura" per i giovani per arrivare all’agognato contratto a tempo indeterminato.Il quadro, tuttora di luci e ombre su questa tipologia contrattuale dedicata ai giovani, lo traccia l’Isfol, con il monitoraggio dell’andamento nel biennio 2009-2010. Per molti versi il peggiore dall’inizio della crisi e precedente all’accordo tra governo Berlusconi e parti sociali, che lo scorso anno ha rilanciato questa forma contrattuale. Alla fine del 2010 gli apprendisti erano 542mila, circa il 15% degli occupati italiani tra i 15 e i 29 anni d’età, per la maggior parte maschi e residenti nelle regioni del Centro-Nord. La tipologia di gran lunga più utilizzata resta quella "professionalizzante", gli apprendisti in alta formazione sono qualche centinaio, mentre non è sostanzialmente partita la tipologia dedicata ai minorenni per completare il diritto-dovere all’istruzione. Ancora, la fotografia Isfol dice che il 32% dei contratti riguarda lavoratori occupati in aziende di tipo artigianale, mentre riguardo ai settori per la prima volta si registra il sorpasso del "Commercio e riparazioni" (24%) rispetto al "Manifatturiero" (23%). Quanto alle dinamiche, la crisi ha cancellato circa 100mila rapporti di apprendistato (-17%). La quota di apprendisti sugli occupati 15-29enni è scesa nei due anni di un punto percentuale (dal 16% al 15%), ma se si guarda al resto dell’occupazione nella stessa fascia d’età la riduzione è stata del 5%. Complessivamente nel 2010 sono stati avviati 289 mila nuovi contratti di apprendistato, il 2% in più rispetto all’anno precedente. Viceversa nel 2009 gli avviati avevano subito un calo del 27% rispetto al 2008.Dall’indagine Isfol-Plus viene la conferma che – rispetto ai contratti non standard – l’apprendistato offre più possibilità di confluire nel lavoro a tempo indeterminato. E il monitoraggio ribadisce «che l’esito più naturale dell’apprendistato è che l’azienda trasformi il contratto del lavoratore in un rapporto a tempo indeterminato – dice l’Isfol – anche perché in questo caso può continuare a beneficiare di una contribuzione agevolata per un ulteriore anno». Nonostante il periodo di crisi, infatti, il numero dei lavoratori trasformati a tempo indeterminato è rimasto sostanzialmente stabile nel 2009 (157 mila) ed è aumentato del 12% nel 2010 (177 mila), soprattutto nel Centro e con percentuali leggermente più alte per le femmine rispetto ai maschi. Quanto ai lavoratori cessati, si tratta di 227 mila unità nel 2010 contro gli oltre 300 mila del 2008, con una riduzione del 25%. Negativo, invece, il dato riguardo alla formazione esterna all’impresa, in crescita costante negli anni scorsi e che invece nel nel 2009 ha subito una contrazione del 16% e l’anno successivo di quasi il 4%, interessando solo un quarto dei lavoratori, con enormi disparità territoriali. Nelle Regioni del Nord, infatti, la percentuale oscilla tra il 60 e l'85%.
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