venerdì 24 agosto 2012
​Il mondo della tecnologia "appeso" a una giuria Usa (non tecnica). Se vince Cupertino, i prodotti coreani potrebbero essere messi al bando per un anno. Ma si potrebbe arrivare anche a un lungo negoziato fra le parti.
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​Brevetti, tecnologia alla stato puro e una guerra di nervi. Il risultato della causa giudiziaria fra i due giganti dell’hi-tech Apple e Samsung, che da un mese infiamma il cuore della Silicon Valley e preoccupa il mercato, pare finalmente giunta alle battute finali. Ora tocca ai giudici della corte federale di San Jose in California – digiuni di competenze tecniche – emettere un verdetto che rischia di incrinare i delicatissimi equilibri di alleanze, diritti e supremazie dell’informatica mondiale.La battaglia si gioca sul labile confine della proprietà intellettuale e sulla paternità di alcuni brevetti. Apple ha portato in tribunale Samsung con l’accusa di aver copiato il suo iPhone (non solo il modello ma anche alcune icone del suo rivoluzionario menu "tattile") per realizzare lo smartphone più famoso della casa coreana, il modello Galaxy. Per questo Cupertino chiede alla rivale di sempre un risarcimento danni per 2,5 miliardi di dollari: una cifra che equivale all’8% dei profitti di Samsung negli ultimi due anni. La casa coreana, però, ha contrattaccato con la stessa moneta, sostenendo che Apple ha copiato a sua volta alcuni brevetti che riguardano il controllo della gestione delle foto, della musica e delle comunicazioni 3G, con un danno stimato in circa 400 milioni di dollari. I giudici avevano cercato di convincere in tutti i modi le due società a trovare un accordo extragiudiziale, ma Apple e Samusung – dopo un incontro fra i due amministratori delegati a inizio settimana durato più di 11 ore – non sono riuscite a trovare un’intesa.Una volta deliberato il verdetto, resterà da stabilire esattamente come le due società saranno chiamate a pagare. Se l’ago della bilancia dovesse pendere a favore di Apple, i prodotti Samsung chiamati in causa potrebbero addirittura essere messi al bando con un danno economico incalcolabile per l’azienda. E sono in molti a credere che questa diatriba potrebbe rischiare di compromettere anche le quote di mercato di Google. I telefoni Samsung, infatti, montano il sistema operativo aperto Android e, se dovesse prevalere Apple, gli avvocati di Cupertino potrebbero portare in tribunale per violazione di brevetto tutti gli altri produttori che usano il sistema operativo di Mountain View. Secondo alcuni analisti, però, il verdetto finale potrebbe deludere: più probabile sembra infatti un lungo negoziato fra le parti per un accordo su licenze incrociate fra Apple, Samsung e Google senza nessun risarcimento economico per la violazione dei brevetti. Google vanta 14.770 brevetti nel mondo mobile, Apple 8.991 e Samsung (che è il leader del mercato) ben 64.976. Ciò significa che se anche Apple dovesse vincere la causa, i coreani farebbero comunque leva sui loro innumerevoli brevetti per costringere Cupertino a negoziare un accordo. Apple non è l’inventore degli schermi tattili che oggi sono lo standard degli smartphone, ma di sicuro ha dato il via alla metamorfosi dei telefonini che, con l’arrivo dell’iPhone, si sono progressivamente trasformati in computer portatili. E l’ecosistema mobile della casa di Cupertino ha dato la spinta decisiva al mercato delle app, oggi considerate il valore aggiunto degli smartphone. Poi gli altri produttori – arrivati in parte dopo – hanno preso la rincorsa, e magari qualche spunto, per provare a migliorare sempre più una intuizione geniale. Il resto lo ha fatto il mercato. Con i suoi gusti e le sue preferenze. E Samsung è riuscita a tenere salda la sua leadership nonostante tutto: nel trimestre scorso Apple ha venduto 26 milioni di iPhone, mentre i coreani hanno venduto oltre 50 milioni di Galaxy. Sul nodo della proprietà intellettuale si era pronunciato, in tempi non sospetti, anche Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google, secondo cui ad andare a processo sarebbe dovuto essere proprio il sistema, monolitico e vetusto, dei brevetti. Secondo il manager le licenze sarebbe dovute diventare pubbliche in modo da permettere a chiunque di verificare l’originalità di un’idea e di un prodotto. Una provocazione che non è stata mai accolta, anche perché avrebbe messo in discussione il miliardario eco-sistema dei brevetti e il loro monopolio.Di certo le aziende tecnologiche, anche quando si dichiarano guerra apertamente, hanno sempre qualcosa da perdere. Lo dimostra anche la recente mossa di Samsung: la società coreana ha appena annunciato un investimenti di 4 miliardi di dollari per espandere la produzione di chip per smartphone e tablet a Austin. Dal 1996 a oggi il colosso coreano ha investito nella cittadina texana circa 13 miliardi di dollari trasformandola in un grande polo di produzione di microprocessori. E, paradossalmente, il primo a beneficiarne è proprio il rivale processuale Apple, che attualmente è uno dei più importanti clienti di Samsung su questo fronte. Il processore dual core, progettato da Cupertino e presente sull’iPad2 e sull’iPad 3, è infatti prodotto proprio da Samsung. Senza dimenticare poi che il display Retina – che ha fatto la fortuna dell’ultima tavoletta dell’azienda di Steve Jobs – arriva dalla casa coreana che ha ceduto a Apple l’esclusiva.Bastano questi elementi per comprendere come, qualsiasi guerra all’interno del fragile mondo hi-tech, non può portare nessuna azienda a vincere del tutto. Perché anche il più grande colosso tecnologico da solo non basta a se stesso. Neppure con una quantità pressocché infinita di brevetti depositati.
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