domenica 17 dicembre 2017
L’Università Politecnica delle Marche ha realizzato un’indagine sugli effetti economici e sociali delle liberalizzazioni: per 7 commercianti su 10 le domeniche di lavoro non hanno migliorato i conti
Aperture festive: tanti danni, pochi affari
COMMENTA E CONDIVIDI

Altro che operazione win-win, cioè con soli vincitori: dagli esercenti ai consumatori, passando per i lavoratori del settore. Ad analizzarla nel dettaglio e con il supporto delle (ancora poche) statistiche 'neutrali' a disposizione, la questione delle aperture commerciali 'sempre e comunque' non sembra poi tanto redditizia né ricca di benefici universali. Il tema è quello degli acquisti no-stop – in barba a ogni domenica e festività – che è tornato prepotentemente d’attualità, complice anche l’avvicinarsi del Natale. All’udienza generale di mercoledì scorso papa Francesco è intervenuto sul punto ricordando, ancora una volta, l’importanza del riposo domenicale, «che fa vivere da figli e non da schiavi ed è un peccato perderlo».

Spesso, invece, si tende ad affrontare l’argomento sottolineando i presunti incassi boom nei festivi e tralasciando il rovescio della medaglia. Che c’è anche se si resta agli aspetti contabili: perché l’aumento degli acquisti domenicali è 'compensato' dalla flessione che si registra nel resto della settimana. In pratica, non si è aggiunto nulla.

Per non parlare dei danni sociali prodotti dal modello '7 su 7'. Si pensi, per esempio, alla dinamica che vede alcuni genitori passare il 25 dicembre a lavorare all’outlet anziché trascorrere il Natale con i figli. Molti numeri e resoconti alla base di tesi trionfalistiche su un universo commerciale chiuso il 'mai' sono stati sfornati da associazioni – come Federdistribuzione – schierate a spada tratta in difesa di questo schema. Dall’unica ricerca super partesrealizzata finora, però, il quadro che emerge sul fenomeno appare decisamente diverso.

Si tratta di uno studio approfondito (170 pagine), elaborato dall’Università Politecnica delle Marche tre anni fa e che si è concentrato sugli effetti economico-sociali dei primi interventi di liberalizzazione sui negozi decisi a fine 2011 col decreto 'Salva-Italia' dal governo Monti. L’indagine è stata elaborata sulla base dei pareri raccolti da titolari di esercizi commerciali al dettaglio rimasti aperti in giorni festivi. Il 69,5% degli intervistati ha affermato di «non aver riscontrato un impatto positivo sui risultati economici».

Non solo: per 6 su 10 l’apertura festiva non è servita ad attrarre nuovi clienti e per il 65% non si sarebbe verificata neppure una maggiore fidelizzazione dei 'vecchi'. Il 75%, inoltre, non ha registrato un aumento degli acquisti. Passando alla sfera sociale, va ancora peggio: l’82,3% dei commercianti ha evidenziato un maggiore affaticamento fisico e addirittura il 91,8% ha riscontrato una riduzione del tempo libero e di quello destinato alla vita sociale.

Si citano frasi testuali in cui si parla di «disaggregazione della famiglia» per la mancanza di un giorno certo in cui astenersi dal lavoro o di «peggioramento della qualità della vita». Il giudizio dei piccoli commercianti sugli interventi di liberalizzazione non lascia spazio a dubbi. Chiedendo di esprimere una valutazione su una scala di valori tra 1 (insoddisfatto) e 5 (molto soddisfatto) la media degli intervistati è stata di 2,1. Da evidenziare, inoltre, che un terzo (il 36,2%) ha optato per il livello massimo di insoddisfazione, mentre a reputarsi pienamente soddisfatto è stato appena il 4,5%. Dopo il via libera ad aperture no limits, anche i consumi non sono certo tornati a riprendersi immediatamente.

Complice pure l’onda lunga della crisi, per carità, ma comunque il dilatamento di giorni e orari commerciali non si è rivelato il farmaco ideale per curare una domanda interna depressa. Tanto che i dati Istat hanno segnalato una prima risalita solo nel 2016. Qualcuno potrebbe obiettare che lo studio dell’Università Politecnica delle Marche è datato 2014 e che senza quei provvedimenti dell’esecutivo Monti i consumi sarebbero andati addirittura peggio, ma in realtà la questione delle aperture domenicali o festive è rimasta identica e sull’ulteriore discesa della domanda interna non c’è controprova. Al momento, statistiche e ricerche imparziali mostrano che un sistema commerciale del genere – dove tutti i giorni sono uguali e non c’è differenza tra Natale e un black friday qualunque – non poi è così idilliaco. E in fondo neanche redditizio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI