giovedì 31 gennaio 2019
Eccezione per i centri storici e i negozi di vicinato. Individuato un calendario di 12 super-festività nelle quali sarà obbligatoria la chiusura. Le Regioni tornano ad essere protagoniste
Il centro commerciale Citylife a Milano (Fotogramma)

Il centro commerciale Citylife a Milano (Fotogramma)

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Aperture domenicali, arrivano nuove regole per mettere un freno alla liberalizzazione totale varata nel 2011 dal governo Monti. La svolta grazie a un accordo tra i due partiti di governo, Lega e M5s, che hanno siglato un 'patto' che prevede una vera e propria rivoluzione in tre punti. Innanzitutto le aperture domenicali dei centri commerciali posti al di fuori dei centri storici saranno dimezzate: saranno al massimo 26 (partendo da un minimo di 8), in pratica una su due. Poi verranno introdotte una serie di 'super-festività', 12 in totale, in cui tutti i negozi anche quelli del centro dovranno restare chiusi con quattro possibili deroghe. Il terzo elemento fondante riguarda il potere decisionale: saranno di nuovo le Regioni a fare il calendario e a decretare aperture e chiusure in base ai flussi turistici o ad eventi particolari. Ieri pomeriggio il relatore Andrea Dara della Lega ha presentato il testo base, già la prossima settimana dovrebbe iniziare il dibattito in commissione. In ogni caso le nuove norme entreranno in vigore l’anno prossimo. Il punto di partenza è la volontà di 'rivitalizzare' i centri storici che hanno subito, soprattutto nei piccoli comuni, una vera e propria desertificazione a vantaggio di centri commerciali e outlet. «La liberalizzazione at- tuata dal governo Monti non ha creato i risultati attesi, anzi ha prodotto un forte squilibrio nel mondo del commercio a scapito dei negozi più piccoli » ha sottolineato Dara.

Nei centri storici le aperture saranno consentite tutto l’anno, con l’eccezione delle festività nazionali (le 12 giornate e precisamente Capodanno, Epifania, Pasqua, lunedì dell’Angelo, festa della Liberazione, festa del Lavoro, festa della Repubblica, Ferragosto, Tutti i Santi, Immacolata, Natale e Santo Stefano). La deroga sarà valida anche per i negozi di vicinato fuori dai centri storici (con il limite dei 150 metri quadrati per i comuni sino a 10mila abitanti e di 250 metri quadrati per tutti gli altri). Aperture garantite anche per determinate merceologie (dalle gelaterie ai fiorai) e per i negozi che si trovano nelle stazioni, aeroporti, alberghi e in altri luoghi strategici. Previste sanzioni amministrative salate dai 10mila ai 60mila euro i cui proventi saranno dedicati al contrasto del commercio abusivo. «Si tratta di una buona mediazione che è stata raggiunta con tutte le forze politiche partendo dalla necessità di tutelare i piccoli negozi – ha sottolineato Dara –. Combattere la desertificazione dei centri storici significa dare sicurezza ai cittadini ma anche limitare il consumo di suolo pubblico». L’accordo arriva dopo un lungo ciclo di audizioni in commissione Attività produttive presieduta da Barbara Saltamartini (anche lei della Lega).

«Abbiamo ascoltato le istanze non soltanto dei lavoratori ma anche delle associazioni di categoria, in tutto ci sono state 45 audizioni – ha spiegato la deputata grillina Rachele Silvestri –. Nel 2011 invece non è stato ascoltato nessuno si è deciso di procedere e basta». La decisione sulle giornate di apertura sarebbe stata presa all’unanimità anche dalle opposizioni. «C’è stata una convergenza di tutte le forze politiche, del resto su questo tema c’erano diverse proposte di legge». A dimostrazione che si tratta di un tema molto sentito. Il vicepremier Luigi Di Maio lo scorso settembre aveva ipotizzato l’apertura a rotazione del 25% degli esercizi commerciali. La proposta del Pd prevedeva l’introduzione di 12 giornate super- festive mentre quella della Lega era assai più drastica: chiusure tutto l’anno con solo otto deroghe.

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