martedì 17 aprile 2012
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Per il fondo del calo delle tasse ancora una fumata nera. Il Consiglio dei ministri ha approvato, dopo un paio di rinvii, la legge delega per la riforma fiscale. Ma per la seconda volta, come già successo a febbraio quando se n’era parlato in occasione del varo delle semplificazioni fiscali (e poi Monti disse no), è saltato ogni riferimento a un fondo per finanziare il calo delle tasse, malgrado fosse previsto solo a futura memoria (la priorità, infatti, resta quella d’impiegare ogni fondo disponibile per il pareggio di bilancio).Ha prevalso la linea del Tesoro, impersonata dal vice-ministro Vittorio Grilli, che sul punto aveva avuto un confronto anche teso in mattinata nel pre-vertice con il premier e i ministri economici. Palazzo Chigi, avendo rinunciato al fondo, ha messo però nero su bianco che, per effetto della delega, non ci sarà «nessun aumento della pressione fiscale». Obiettivo della delega, spiega Palazzo Chigi, è «razionalizzare il prelievo in funzione dell’equità e della rimozione di distorsioni»: questo «comporterà una redistribuzione del prelievo» che, tuttavia, «resterà confinato all’interno dei singoli comparti».La delega ridisegna in ogni caso il sistema fiscale. Cambia - e fortemente - il Catasto: i metri quadrati sostituiranno i vani e si prospetta una revisione periodica, su base triennale, delle rendite. L’obiettivo è «garantire una maggiore equità, avvicinando le singole rendite catastali ai valori effettivi di mercato». Dopo anni di "precarietà" viene stabilizzato il 5 per mille per il non profit. Per le imprese arriva l’Iri, l’imposta sul reddito d’impresa (al posto dell’Ires), e resta confermata l’Irap. Nessuna novità, appunto, sulle aliquote Irpef: resteranno dunque le attuali cinque. Ed è prevista la "carbon tax" per sostenere le rinnovabili.Il senso di un eventuale calo delle tasse era stato spiegato, in un’intervista tv già prima della riunione del Cdm, dal vice-ministro Grilli: l’obiettivo di lungo termine, aveva affermato, «è di restituire all’economia», quando sarà possibile «verificarle e quantificarle», le risorse recuperate con la lotta all’evasione fiscale. E la priorità sarà per il «sostegno alle classi meno agiate e, quindi, per una lotta alla povertà e più in generale alle famiglie, agli anziani, a chi è in situazione di necessità». Ma un chiaro segnale di stop era venuto dal sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo: «Per quest’anno – aveva detto – vedo difficile» ridurre le imposte.La riforma dovrà ora essere attuata nel giro di «nove mesi», precisa il testo.  Niente aggravi per lo Stato per cui eventuali alleggerimenti della pressione fiscale dovranno, in un certo senso, autofinanziarsi. Sulla casa, invece, potrebbero prospettarsi nuovi aggravi: la riforma del Catasto si baserà sull’utilizzo del metro quadrato come unità di consistenza. Allo scopo saranno utilizzate «funzioni statistiche» definite che terranno conto anche di «localizzazione e caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale».Detrazioni e deduzioni diventano a rischio (vedi anche sopra): il governo chiede infatti la delega a «ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche o che costituiscono una duplicazione, ferma restando la priorità di tutela della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’ambiente».Cambia, infine, la normativa sul contenzioso, si semplificano gli adempimenti e arriva la regolamentazione del cosiddetto "abuso di diritto". Sui controlli si punta alla selezione, alla tracciabilità dei pagamenti e agli accertamenti sintetici (come quelli che verranno fatti con l’ausilio del redditometro), che avranno conseguenze sull’Irpef e le altre imposte, salvo prova contraria.La tassazione d’impresa viene riordinata e arriva l’Iri. Mentre l’Irap sopravvive: la delega del precedente governo ne prevedeva la progressiva abolizione, ma i 35 miliardi di euro che frutta ogni anno inducono ad una marcia indietro. Come anche si cancellano le tre aliquote Irpef (20, 30, 40%) della precedente "delega Tremonti".
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