mercoledì 21 ottobre 2009
Il premier si schiera con il ministro dell'Economia Tremonti: completa sintonia. Marcegaglia: ritorno al passato. Epifani: il governo apra un tavolo.
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La valorizzazione del «posto fis­so » fatta da Giulio Tremonti re­sta sugli scudi e infiamma per altre 24 ore il dibattito politico. Scen­de in campo persino Silvio Berlu­sconi per «confermare», in un co­municato di Palazzo Chigi, «la com­pleta sintonia» con il suo ministro dell’Economia e (contraddicendo quanto disse un anno fa) per affer­mare: «È del tutto evidente per noi che il posto fisso è un valore e non un disvalore. Così come sono un va­lore le partite Iva». Berlusconi ap­prova, ma Confindustria no: per il presidente Emma Marcegaglia sa­rebbe solo «un ritorno al passato non possibile, che peraltro nel nostro Paese ha creato problemi». Il diretto protagonista, Tremonti, si dice il primo sorpreso da tanto can­can (inclusa la replica, secca nei to­ni, del suo collega di governo Rena­to Brunetta) e, da Lussemburgo, ci torna sopra per dire che «ho detto u­na cosa scontata, come dire preferi­sco stare al caldo che al freddo». Tant’è: il dibattito è partito e si ar­ricchisce di contributi. Così Raffae­le Bonanni, leader della Cisl, rispol­vera la proposta di «far costare di più alle imprese la flessibilità». In con­creto: aumentare i contributi previ­sti per i collaboratori, oggi ancora in­feriori di quasi 7 punti rispetto ai di­pendenti. Coglie la palla al balzo pu­re Guglielmo Epifani, il 'numero u­no' Cgil che chiede al governo, «sen­za perdere tempo, di avviare un ta­volo di confronto» sul tema della pre­carietà. E da sinistra arrivano 'pro­vocazioni' a Tremonti, fra l’Idv che lo invita a firmare la proposta per li­mitare il precariato e il Prc-Se che, con Ferrero, lo esorta a «sposare la campagna» per abolire la legge 30. L’attacco di Marcegaglia. I problemi creati in Italia dalla cultura del posto fisso la Marcegaglia li ha pure elen­cati: «Un aumento della disoccupa­zione, del sommerso per esempio al Sud, e - nella pubblica amministra­zione - questa logica dell’assentei­smo e dei fannulloni». Per il capo de­gli imprenditori «nessuno è a favore dell’insicurezza, però noi siamo per la stabilità delle imprese e dei posti di lavoro, che peraltro non si fa per legge». Per le imprese, dunque, il pro­blema è duplice: «Da una parte ser­vono riforme, dall’altra una flessibi­lità regolata e tutelata come quella fatta con Treu e Biagi», chiarisce Mar­cegaglia sottolineando che «l’indu­stria è quella che fa più lavoro stabi­le, il grosso del precariato è nell’uni­versità, nel pubblico impiego e nel­la scuola. Bisogna rispondere a quel­lo ». Per Confapi, invece, il punto è che «si sta facendo troppa filosofia, che sia fisso o a termine in questa fa­se conta che il lavoro ci sia». La difesa di Berlusconi. Il premier se l’è presa con la «polemica» scatena­ta, a suo dire una «conferma della malafede di molti esponenti della si­nistra ». Il Cavaliere ha quindi reso o­maggio all’«economia sociale di mercato» (concetto caro a Tremon­ti), aggiungendo che a essa «si ispi­ra anche la tutela della famiglia co­me elemento di stabilità». Ha però sorvolato sul fatto che il più polemi­co sia parso il ministro Brunetta che (peraltro a Repubblica) ha dichiarato: quella di Tremonti «è una soluzione del ’900 che non va più bene». Tremonti non gli ha replicato ma, ri­cordando di aver nel 1997 «apprezzato il 'pacchetto Treu'», ha precisato che «il lavoro precario è una ne­cessità in parte imposta dalla globalizzazione, ma lo Stato deve renderlo me­no gravoso». Nelle oppo­sizioni resta però sconcer­to. Per Dario Franceschini, Tremon­ti è «dottor Jekyll e Mr. Hyde» e per Francesco Rutelli sono «baggianate, una certa flessibilità è utile».
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