giovedì 26 aprile 2012
​Dopo i programmi di salvataggio per Atene, Dublino e Lisbona ora la comunità internazionale sta valutando quanto potrebbe servire per salvare anche Madrid. Il crollo del settore degli immobili rischia di mandare in bancarotta il Paese guidato da Rajoy (nella foto). Il Primo Maggio diplomazie al lavoro per concordare un intervento.
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​Il primo maggio, Festa del Lavoro in Europa, le diplomazie economiche e finanziarie internazionali saranno molto operose. Al capezzale della Spagna cercheranno di mettere a punto un programma di salvataggio per molti aspetti analogo a quello firmato alcune di settimane fa, ma non ancora attuato, per la Grecia. Se ne è parlato a lungo nei corridoi delle riunioni primaverili del Fondo monetario e della Banca mondiale terminate il 22 aprile. La notizia è stata ovviamente tenuta riservata anche se qualcosa è trapelato sul New York Times di ieri.La crisi del debito spagnolo non ha origine – come quella del debito greco – da politiche economiche errate e da conti "massaggiati" inviati alle autorità europee e al Fondo monetario. Al pari di quella che circa un anno fa ha travolto l’Irlanda, nasce da un "boom" artificiale dell’edilizia residenziale e commerciale e da finanziamenti poco accorti concessi al settore immobiliare; quindi si sviluppa a causa degli interventi pubblici resisi necessari per evitare serie difficoltà a istituti bancari che sono all’apparenza dei colossi, in realtà con i piedi d’argilla. Proprio ieri il Fmi ha dichiarato che se le maggiori banche sono sufficientemente capitalizzate, «il settore nel suo complesso resta vulnerabile».Quali che siano le determinanti della crisi, ciò che più preoccupa l’Eurozona e il resto della comunità internazionale sono le sue dimensioni. Il programma di salvataggio che si sta delineando sarebbe di almeno 200 miliardi di euro, molto più ampio di quello per il salvataggio dell’Irlanda (80 miliardi di euro) e per la Grecia (110 miliardi). Se ci si rivolgesse unicamente al Fondo europeo Salva-Stati si rischierebbe di prosciugarlo, o quasi, perché la capacità effettiva di prestiti "diretti", ossia senza ricorrere ad altri strumenti, è ancora di 440 miliardi di euro. Quindi è evidente la necessità di un intervento del Fondo monetario. Nonostante le fonti ufficiali smentiscano la nuova crisi – per il fin troppo evidente timore di generare turbolenze sui mercati in giorni in cui sono in corso campagne elettorali e crisi di governo in Paesi chiave dell’Eurozona – è proprio da Washington che giungono indicazioni di una trattativa già sostanzialmente in corso e di un dialogo già in atto con l’Institute of International Finance (l’organizzazione, con sede nella capitale degli Stati Uniti, che raggruppa le maggiori banche internazionali e le ha rappresentate nel recente negoziato con Atene).Ragionando su cosa sia meglio fare per la Spagna, sarebbe in ogni caso errato concentrarsi solo o principalmente sul breve periodo e sulla migliore ingegneria finanziaria per evitare l’insolvenza, come si è fatto quando si è cercato di risolvere le crisi del debito di Irlanda prima, e di Grecia poi. Lo stesso Multilateral Surveillance Report presentato circa una settimana fa come documento di riflessione per le riunioni di Banca mondiale e Fondo monetario tratteggia, in uno dei tre scenari descritti, il rischio che correre da una crisi all’altra per tamponare questa o quella falla dell’Eurozona può portare all’implosione dell’Unione monetaria europea, con conseguenze gravissime per l’intera economia internazionale. Questo rischio si può evitare "socializzando", ossia mettendo in comune, parte del debito. Premessa, comunque, per una politica di crescita.In questi giorni sono stati presentati programmi specifici per raggiungere questo obiettivo. Vanno presi in considerazione con attenzione.
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