domenica 26 luglio 2015
​Sempre più studi e analisi attestano il ruolo centrale della dimensione familiare come indicatore di benessere. (Carla Collicelli)
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La famiglia è quasi sempre al centro delle riflessioni sulla società, sullo sviluppo e sull’economia, in Italia e altrove. Sia che si parli di istruzione e formazione, che di salute e benessere, che di ricchezza prodotta e crisi economica, è spesso la famiglia il soggetto sociale di riferimento, come consumatrice, come destinataria di redditi e trasferimenti, come riproduttrice di forza-lavoro, e come proprietaria di bene mobili e immobili, di aziende e società, che vengono trasmesse ancora oggi ereditariamente di padre in figlio.  Tanto da far apparire come un paradosso la concomitanza del processo di depotenziamento sociale della famiglia, pur innegabile in particolare per gli aspetti di rilevanza demografica – dal rallentamento dei flussi dei matrimoni, al calo delle nascite, alle separazioni e divorzi e soprattutto all’aumento delle famiglie composte da una sola persona (ormai oltre il 30% delle famiglie italiane) –, da un lato, con la grande enfasi riposta sui fattori economici, di consumo e di proprietà che riguardano la famiglia, da un altro lato.  Il paradosso assume una connotazione meno drastica se si pone la dovuta attenzione, quanto meno a pari merito con la demografia e l’economia, ad un terzo insieme di fattori, spesso tralasciati o relegati in ambiti periferici della riflessione più diffusa sulla società e lo sviluppo: gli aspetti più tipicamente sociali relativi all’area delle relazioni e dei valori.  È quanto ha cercato di fare il Bes, introducendo nell’ambito delle dimensioni da studiare in materia di benessere equo e sostenibile oltre il Pil le variabili relative alle due aree delle relazioni sociali e del benessere soggettivo. E ciò avviene dopo che si è andato consolidando, nel corso degli ultimi decenni, un avvincente filone di studi per lo più accademici, e dunque relativamente poco noti al pubblico, sul rapporto tra felicità ed economia. Da Layard a Zamagni, per citare solo due dei nomi più importanti nel campo, numerose sono ormai le analisi che documentano il peso rilevante di questa dimensione sociale, valoriale e relazionale per il benessere delle famiglie: oltre una certa soglia di reddito le famiglie più ricche non sono più felici di quelle meno ricche; se il reddito vale 1 e l’occupazione 3 nella determinazione della soddisfazione personale, l’avere un rapporto di coppia stabile vale 4,5; la morte del coniuge costituisce il primo fattore nella graduatoria degli eventi destabilizzanti dal punto di vista psicologico; al crescere del reddito diminuisce nel tempo la percezione di felicità; il benessere appare correlato in maniera forte al senso di utilità sociale, alla soddisfazione per le proprie relazioni sociali e agli aiuti ricevuti. Solo per citare alcuni dei dati più noti tra i tanti legati alle relazioni sociali all’interno della famiglia. Volendo affrontare i problemi delle famiglie oggi, sia che si tratti della individuazione di indicatori di misurazione del benessere che della formulazione di concrete politiche, è dunque indispensabile guardare oltre gli aspetti consueti, che considerano solo una parte della realtà, per aprire gli occhi al resto, e in particolare a tutti quegli elementi che spesso costituiscono proprio la base per comprendere cause e motivazioni degli andamenti economici e demografici.  Bisogna interrogarsi ad esempio sull’altissima soddisfazione degli italiani nei confronti delle relazioni familiari (90,3%), in crescita fino al 2008 ed ora stabile; sulla vicinanza dell’alloggio delle famiglie italiane da quello della famiglia di origine; sull’importanza degli aiuti informali elargiti ai soggetti fragili e ai malati nell’ambito della famiglia allargata; sul ruolo dei nonni; sulla funzione di compensazione psicologica svolta da genitori, fratelli e sorelle nei periodi di crisi; e su tanti altri aspetti che vengono rilevati, ma non riscuotono la necessaria attenzione in un contesto di dominanza della dimensione economica – specie nell’ambito delle valutazioni di merito – e di quella tecnologica, per quanto riguarda i ragionamenti sulla innovazione delle politiche. Solo così sarà possibile individuare strade nuove e più valide di promozione del benessere delle famiglie. 
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