sabato 25 luglio 2020
Baruffaldi (Consorzio di tutela): «La produzione di circa 4mila capi non è sufficiente a soddisfare le molte richieste di mercato»
Un allevamento di Cinta senese

Un allevamento di Cinta senese - Archivio

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In questo particolare momento di incertezza economica dovuta al Covid-19, con prospettive di ripresa piuttosto lunghe e difficili, avviare un allevamento di Cinta senese può rappresentare un’interessante opportunità di lavoro. È la sfida che lancia il presidente del Consorzio di tutela della Cinta senese, Daniele Baruffaldi: «La Cinta senese, la cui carne fresca vanta la tutela della Dop, è un prodotto di eccellenza dell'agroalimentare italiano, ampiamente conosciuto e apprezzato anche all'estero. Un apprezzamento che fa sì che la domanda superi di gran lunga l'offerta attualmente disponibile. La produzione di circa 4mila capi non è infatti sufficiente a soddisfare le molte richieste di mercato. L'obiettivo è di raddoppiare, ma anche triplicare la produzione per poter fidelizzare ancor più i suoi estimatori e al contempo stabilizzare il prezzo di mercato, dando più certezze specie ai piccoli allevatori».

«Sicuramente - prosegue Baruffaldi - è indispensabile tanta passione per gli animali e per la vita all’aria aperta. Ovviamente, è necessario che sussistano alcune caratteristiche strutturali di base richieste dal disciplinare (per esempio, collocazione nel territorio toscano, adeguati spazi per allevamento allo stato brado e semi brado). In tal senso, il Consorzio si rende disponibile a fornire tutte le informazioni su come avviare un allevamento di questa pregiata razza di suini, evidenziando anche quali sono le problematiche e le criticità che tale tipo di impresa può presentare. Una piena consapevolezza di quello che si deve affrontare è la migliore garanzia di successo. Ciò per non illudere e indurre in eventuali errori i nuovi allevatori e di conseguenza costringerli a chiudere dopo una breve esperienza. Fa più danno un allevatore che chiude, rispetto a dieci che non aprono».

«Ultimamente nel settore - sottolinea ancora il presidente del Consorzio - ci si sta orientando su due percorsi ugualmente validi e redditizi. Per chi ha poco spazio e tempo, il consiglio è di dedicarsi alla riproduzione, per poi vendere esemplari già svezzati. Per chi ha poco tempo e spazi adeguati (magari anche i terreni marginali di un'azienda agricola già avviata), l'obiettivo è l'allevamento degli animali per l'ingrasso. Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, pieno supporto da parte del Consorzio. Sempre disponibili a consigliare e aiutare, magari nell'individuazione di possibili contributi regionali o nazionali. Certo, è auspicabile anche un impegno delle istituzioni per evitare ostacoli e ritardi dovuti alla burocrazia. Molto spesso i nostri associati lamentano difficoltà specie quando devono adeguare le loro strutture. Inoltre, il nostro Consorzio si appresta anche a lanciare una grande campagna promozionale della Cinta senese, affiancata anche da iniziative di tipo commerciale che riguarderanno allevatori e trasformatori, chiamati a collaborare attivamente fra loro. Faremo proposte davvero innovative e di grande impatto mediatico, che coinvolgeranno le aziende del settore, ma anche l'intero territorio, facendo sì che i toscani possano conoscere sempre meglio questa razza e le sue peculiarità, diventando loro stessi i primi ambasciatori della Cinta senese».

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