martedì 2 aprile 2013
Al netto dell'estrazione di petrolio, il Pil procapite nell'area sub-sahariana è cresciuto costantemente dal 2010, per un aumento complessivo del 34%.
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​Tutti guardano alla Cina, ma forse è l’Africa la vera rivelazione di questo inizio millennio. Pur con qualche distinguo, i dati economici raccontano la storia di una sorprendente rinascita: secondo la Banca Mondiale, dal 2000 in poi il Pil pro capite nell’area sub-sahariana è cresciuto costantemente ogni anno, per un aumento complessivo di oltre un terzo.Una cifra totalmente inattesa. Il cambio di rotta, nota anche il Financial Times, è arrivato all’improvviso: tra il 1980 e il 2000 il Continente aveva sperimentato un ventennio di crescita negativa, e la diffusione della pandemia di Aids sembrava dovesse dare il colpo di grazia. Non è stato così; e dopo dodici anni di progressi continui, che nemmeno lo choc economico globale del 2008 ha frenato, i dubbi sulla solidità di questa crescita sono caduti.Ad esempio, molti analisti ritenevano che lo sviluppo fosse legato alla scoperta di grandi giacimenti di petrolio; ma secondo un recente rapporto del Fmi, nell’ultimo quinquennio i Paesi sub sahariani sono cresciuti in media del 5,4% all’anno anche senza considerare il fattore petrolio. «Simili avanzamenti si registreranno anche nel biennio 2012-2013», nota il Fmi. E se le performance più brillanti le registrano gli esportatori di greggio (come l’Angola, la Nigeria e il Ciad) e quelle meno positive riguardano i Paesi più instabili politicamente (come Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Burundi), una nazione come il Mozambico, che non possiede oro nero, ma dai primi anni Novanta si è lasciata alle spalle la guerra, ha registrato un aumento del Pil pro capite tra la forza lavoro pari al 4,8% annuo, dal 1995 al 2010.Secondo il Fmi, l’espansione nei prossimi anni riguarderà in particolare i Paesi a minor reddito medio, mentre è prevista una lieve frenata per gli Stati maggiormente legati all’Europa, più esposti al contagio della crisi globale. Altro che nostalgie postcoloniali: l’Occidente in difficoltà rischia di diventare una zavorra per l’Africa in piena corsa.Il boom, secondo molti osservatori, potrebbe essere addirittura sottostimato dai dati ufficiali. Ad esempio, due anni fa il Ghana ha corretto un errore nelle statistiche sul prodotto interno lordo: l’anno base a cui si faceva riferimento era il 1993, troppo indietro nel tempo per considerare i mutamenti nell’economia, come la diffusione sempre maggiore delle nuove tecnologie. Dopo la correzione, il Pil ghanese è risultato aumentato del 60%. Anche la Nigeria potrebbe a breve rivedere le sue stime: e questo significherebbe un balzo in avanti del 15% per l’intera area subsahariana.Altre indicazioni arrivano dall’analisi dei consumi domestici, che secondo le stime della London School of Economics sarebbero cresciuti del 3,5% medio annuo negli ultimi vent’anni, tre volte più di quanto riportano i dati ufficiali. Non solo: la mortalità dei bambini sotto i cinque anni, rivela uno studio della Banca Mondiale, in 18 Paesi su 20 nell’area è calata di oltre il 4,4% annuo, il limite fissato dagli Obiettivi del Millennio dell’Onu. Maglia rosa al Kenya, con un calo annuale del 7,6%. Secondo Edward Miguel, docente alla University of California - Berkeley, lo sviluppo dell’area è stato trainato dai progressi nella situazione politica di molti Paesi e dalle relazioni economiche con la Cina, mentre gli aiuti internazionali si sono rivelati utili solo per il finanziamento di programmi per salute ed educazione. Le principali minacce per la ripresa restano il rischio di conflitti armati e le conseguenze negative del cambiamento climatico, oltre alla crescita della popolazione. Tuttavia, chiosa Miguel, «adesso c’è una concreta possibilità che l’Africa abbia imboccato la strada del vero progresso politico ed economico, e che riesca a raggiungere il resto del mondo».
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