martedì 22 agosto 2017
Il progetto di tre cooperative romagnole per i giovani under 17. In gruppi da 5, i ragazzi hanno lavorato quattro ore al giorno: dai disabili e anziani ai centri estivi, dalle povertà all'ippoterapia
Adolescenti a scuola di lavoro
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«È possibile educare i ragazzi al lavoro?» La sfida è stata raccolta dalle Cooperative Paolo Babini, il Salvagente e l’Accoglienza di Forlì, che, dal 18 giugno al 28 luglio, hanno coinvolto col «Progetto Start Up» 84 adolescenti tra i 14 e 17 anni in nove realtà lavorative, guidati da nove tutor.

A gruppi da 5, i ragazzi hanno lavorato quattro ore al giorno per una settimana, con una 'paghetta' giornaliera di 5 euro, parte del contributo della famiglia per pagare le assicurazioni e i tutor. Le realtà lavorative coinvolte riguardavano il mondo del sociale, dai disabili e anziani, ai centri estivi per bambini; dalle povertà all’ippoterapia, fino alle attività agricole e alla cura del verde.

Racconta Agnese Rustignoli, 33 anni, sposata e con 2 figli, responsabile del progetto, insieme a Irene Garzanti: «L’esperienza ha permesso ai giovanissimi di mettersi in gioco e di vivere un’estate formativa. I riscontri sono stati positivi per i genitori e per i ragazzi. Fondamentali sono state le figure dei tutor, mediatori tra le aziende, le famiglie e i ragazzi, vivendo con gli adolescenti per condividere fatiche e gioie».

Aggiunge Roberto Giunchi, tutor presso il Comitato per la Lotta contro la fame nel mondo, fondato dalla missionaria laica Annalena Tonelli, che raccoglie oggetti e mobili usati per sostenere progetti missionari in tutto il mondo: «È stato molto stimolante avvicinare dei giovani a un ambiente, in cui si respira la gratuità e dove il volontariato è tutto ». E i ragazzi Matteo, Riccardo, Giacomo, Giovanni e Matteo: «È stata un’esperienza faticosa, ma divertente, positiva e educativa. Abbiamo capito cosa significa lavorare, facendoci un’idea delle fatiche che fanno ogni giorno i nostri genitori».

Anche il presidente del Comitato, Davide Rosetti, ritiene importante il progetto: «I ragazzi capiscono nella pratica del lavoro lo spreco della società di oggi, le conseguenti possibilità di recupero dei materiali e la finalità solidale del lavoro». Raccontano Virginia e Giorgia: «Lavorare ci ha fatto capire la puntualità, l’autonomia, cosa vuol dire svegliarmi presto la mattina, i bisogni degli altri e prendersi le proprie responsabilità ». Veronica, Sonia e Nicholas: «La raccolta delle patate e dei pomodori e la pulizia della stalla ci hanno insegnato un lavoro vero e l’importanza della fatica che non è solo una cosa negativa».

Francesco e Raimondo hanno scoperto «la bellezza di lavorare con i nonni in una casa di riposo», come Samanta e Cesare hanno imparato lavorando in Caritas «ad apprezzare quello che si ha». Anche i genitori sottolineano che il lavoro insegna concretamente ai figli il rispetto degli orari, a trascorrere il tempo senza cellulare, le capacità di organizzarsi, l’essere in un gruppo, il confronto con gli altri, la soddisfazione del lavoro fatto, il capire l’inutilità di stare a marcire sul divano o al cellulare, guadagnare i soldi con le proprie forze.

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