sabato 30 aprile 2016
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ROMA Dopo il passo falso di febbraio rimbalzano a marzo i principali indicatori del lavoro. L’occupazione in Italia è salita di 90mila unità su base mensile, il tasso di disoccupazione è sceso all’11,4% nella media generale e al 36,7% per i giovani sotto i 25 anni, toccando in entrambi i casi i livelli minimi da oltre 3 anni. Rispetto al marzo 2015 gli occupati sono 263mila in più e il tasso di occupazione ha riconquistato 2 decimali, salendo al 56,7%. Nel contempo l’esercito dei disoccupati si è ridotto di 274mila unità, ed è ora a quota 2,9 milioni. Gli ultimi dati dell’Istat mostrano dunque un quadro più positivo, nonostante la ripresa economica appaia ancora incerta. Il passo in avanti è stato subito sottolineato, manco a dirlo, dal tweet del presidente del Consiglio Matteo Renzi: le cifre «dimostrano che il Jobs act funziona, l’Italia riparte grazie alle riforme e all’energia di lavoratori e imprenditori», è il messaggio del premier. Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, si tratta di «una bella notizia in vista del 1° maggio, la risposta migliore a chi sosteneva che il Jobs act avesse già esaurito i suoi effetti positivi». Cauti invece i commenti dei sindacati, che parlano di «ripresina», mentre le opposizioni sottolineano che continuano le «montagne russe», cioè i dati altalenanti mese dopo mese. Allargando un po’ lo zoom dell’indagine, l’andamento al rialzo dell’occupazione è in effetti più contenuto di quanto racconti l’ultima singola fotografia. A marzo si sono in sostanza recuperati i posti persi a febbraio (-87mila) e nella media dei primi tre mesi dell’anno, spiega l’Istat, si registra una «sostanziale stabilità» degli occupati rispetto all’ultimo trimestre 2015. Inoltre il numero assoluto di chi ha un lavoro è ancora inferiore di 25mila unità al picco raggiunto nell’agosto scorso (22,6 milioni). Mentre la riduzione dell’area degli inattivi (125mila su base annua), cioè quelli che non hanno e non cercano lavoro, si lega anche a un ridimensionamento demo- grafico della popolazione in età di lavoro. Per quanto riguarda la qualità dell’occupazione e gli effetti del Jobs act – i nuovi contratti a tutele crescenti senza articolo 18 in vigore dal marzo 2015 – l’Istat registra una «crescita trimestrale significativa» del lavoro permanente. Rispetto al mese precedente, a marzo si registra un aumento sia dei dipendenti fissi (+42mila) sia di quelli a termine (+32mila) che degli indipendenti (+14mila). In percentuale, tuttavia, aumentano molto più i contratti precari (+1,5%) che quelli stabili (+0,3%) nonostante questi ultimi restino incentivati dagli sconti contributivi (benché ridotti rispetto al 2015). In un anno i maxisgravi voluti dal governo hanno contribuito a far crescere i posti a tempo indeterminato di 280mila unità. L’aumento tendenziale degli occupati è il frutto di due tendenze opposte: un vero e proprio boom tra gli ultracinquantenni (+363mila) e un buon aumento tra i giovanissimi (+50mila), a fronte di un calo tra i 25 e i 34 anni (-32mila) e, soprattutto, tra i 35 e i 50 anni (-117mila). Aspetti contraddittori, sui quali hanno influito da un lato l’aumento dell’età pensionabile, che ha mantenuto in attività le fasce di lavoratori più «anziane», dall’altra il permanere di diffuse situazioni di crisi. © RIPRODUZIONE RISERVATA I numeri Giuliano Poletti ( Ansa)
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