martedì 4 aprile 2017
Fra i negozi del grande centro di Serravalle. Le commesse: deve esserci un limite allo sfruttamento. Un imprenditore chiude, la manager: noi lavoriamo
Voglia di sciopero (e timori) all'Outlet aperto pure a Pasqua
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Con quel suo viso affilato Cristina ricorda Fiorenza ( Veronica Pivetti), ma Cristina è tutt’altro che timida e insicura. Anzi, se c’è una somiglianza da cogliere con le protagoniste della serie tv 'Commese', è il piglio con cui queste quattro commesse ogni giorno macinano chilometri per mantenere un posto di lavoro che non ha alternative: «Il centro commerciale ha distrutto l’economia alessandrina – ci racconta Cristina, l’unica 'sindacalizzata' con un contratto a tempo indeterminato in tasca – ed è inutile piangerci sopra. Abbiamo scelto questa professione e ci presentiamo in negozio anche la domenica, senza mai marcar visita; ma abbiamo anche una vita, una famiglia, dei figli e dei mariti: il giorno di Pasqua faremo sciopero».

Essere 'Commesse', in televisione come nella vita, implica sacrifici e dignità irrinunciabili: «Non è una guerra di religione – precisa Cristina – ma ci dev’essere un limite allo sfruttamento del lavoratore. Innanzi tutto, l’apertura di un centro commerciale non può essere paragonata a un servizio essenziale: siamo commesse, non medici o infermieri, non poliziotti o carabinieri. Noi pieghiamo magliette: si può fare a meno di noi, almeno il giorno di Pasqua, visto che tutte le domeniche siamo qui, con il nostro bel sorriso, a far girare l’economia».

Cristina e le sue colleghe fanno parte dei 2.500 lavoratori del «più grande Outlet di Italia e d’ Europa», che si trova a Serravalle Scrivia e che il gruppo McArthurGlen ha deciso di trasformare nell’avanguardia della turboglobalizzazione: tutti al lavoro anche la domenica di Resurrezione, dalle 12 alle 20. Due ore meno del solito, in un 'santuario' da sei milioni di visitatori l’anno dove si vocifera di turni di lavoro massacranti «e non provarti a parcheggiare dove parcheggiano i clienti o a sederti su una panchina, durante la pausa sigaretta: una circolare ci intima di non 'creare disordine'», racconta una dipendente che non s’arrischia a mettere nome e cognome. Il giorno di Pasqua è la Maginot, da che il decreto Salva Italia ha sdoga- nato il lavoro domenicale.

Con questa scelta, il Designer Outlet vuole dimostrare di aver creato anche qui da noi un pezzetto d’America, dove gli esercizi commerciali sono sempre aperti. Nel compound ne troviamo 250 e sono presenti tutte le migliori griffes. Alcune vietano ai propri dipendenti di parlare con i giornalisti: «Si rivolga alla nostra direzione di Londra », ti rispondono con sussiego da Burberry’s. «Nei negozi girano minacce – rivela Cristina – e noi scioperiamo anche per i colleghi precari che temono di perdere il lavoro opponendosi al lavoro pasquale». In realtà, il popolo delle commesse non è così unito: i dipendenti delle grandi firme della moda hanno stipendi maggiorati rispetto a quelli delle catene commerciali e non sollevano alcuna obiezione a lavorare il giorno di Pasqua.

«Dottore, ma che senso ha un outlet chiuso? Capisco i negozietti di provincia, qui fuori, ma noi siamo l’outlet, noi 'dobbiamo' accogliere sempre i nostri clienti», è la spiegazione flautata della store manager di uno dei negozi di intimo femminile più visitati dai turisti orientali. Sicuramente, l’arrivo di Susanna Camusso e l’intervista di Annamaria Furlan (per la leader della Cisl Serravalle diventerà «il simbolo di una battaglia contro lo snaturamento del lavoro», come ha dichiarato ad Avvenire) ha dato coraggio a molti dipendenti e quella che una volta si sarebbe esaurita in una rivendicazione di carattere salariale sta trasformandosi in una contestazione di sistema: «Pieghiamo magliette, è vero, ma sappiamo cosa sia un tessuto a tela di sacco, o una spallina destrutturata: non ci limitiamo a sorridere, qui c’è gente che fa la commessa da decenni e ha una professionalità anche quando il datore di lavoro non le riconosce alcun incentivo. Non ci stiamo ad essere trattate da animali da soma, perché non lo siamo».

Che non si assista alla solita, vecchia lotta di classe lo dimostra il caso di un imprenditore. Mariano Berardi è il titolare di una sartoria nell’outlet e ha deciso di tenerla chiusa a Pasqua, perché «il sorriso delle mie dipendenti vale più del fatturato». Alla Fisascat Cisl confermano: domenica 16 aprile si sciopera per davvero.

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