venerdì 4 ottobre 2019
Emendamento al Decreto Crisi in Senato. I ciclofattorini avranno più garanzie. Aziende e sindacato avranno un anno di tempo per sottoscrivere accordi dettagliati
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La maggioranza trova la quadratura sui riders e ritocca l’impianto voluto dal precedente esecutivo concedendo in pratica ad aziende e sindacati un anno di tempo per sottoscrivere accordi dettagliati. Ad annunciarlo, dicendosi estremamente soddisfatta del contenuto e dei tempi dell’intesa, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. L’emendamento, che sarà presentato nel cosiddetto «Decreto Crisi» al Senato, prevede due tipi differenti di tutele. Quelle per i ciclo-fattorini impiegati in maniera continuativa che saranno considerati lavoratori subordinati e quelle per chi lavorano in maniera occasionale e discontinua che prevede un pacchetto minimo di diritti inderogabili (dal divieto di cottimo alla paga minima oraria collegata ai contratti nazionali di riferimento, salute e sicurezza, tutele previdenziali) ai quali potrà affiancarsi una regolamentazione specifica tramite la stipula di contratti collettivi.
Imprese e sindacati hanno 12 mesi di tempo per accordarsi su garanzie economiche e le altre tutele, come malattia, infortuni e previdenza. Se non trovano l’intesa allora scatterà il lavoro subordinato.

A spiegare questo meccanismo il senatore di Italia Viva Davide Faraone. «L’obiettivo è spingere le parti ad accordarsi su quella che sarebbe un nuovo format diverso dal co.co.co, una tipologia distinta, ma che allo stesso tempo preserva l’impostazione di lavoro autonomo». Secondo Faraone la proposta del precedente governo non avrebbe garantito più tutele ma semplicemente avrebbe fatto scappare le aziende. Faraone ha aggiunto che le nuove tutele sono state rese possibili ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 81 del 15 giugno 2015, vale a dire il tanto vituperato Jobs Act del governo Renzi. «Lo dovevano cancellare, radere al suolo, seppellire e chi più ne ha più ne metta. Si è rivelato un grandissimo strumento per creare lavoro, garantire flessibilità alle imprese e dignità ai lavoratori» ha detto il senatore renziano.

La novità però non convince il gruppo di riders che nei giorni scorsi si era opposto alla prima versione del decreto e che ieri ha manifestato tutta la sua perplessità sostenendo che si è passati «dalla padella alla brace». «L’emendamento su cui la maggioranza ha trovato l’intesa – ha sottolineato il portavoce Nicolò Montesi –, è insensato e pericoloso, perché obbliga le piattaforme a trovare un accordo coi sindacati tradizionali, ma i rider iscritti ai sindacati si contano sulle dita di una mano e il motivo è semplice: siamo lavoratori autonomi e quello che propongono i sindacati è lontano anni luce da quello che interessa a noi». Contestata la scelta del governo di dare il potere di trattare con le piattaforme ai sindacati tradizionali e non a quelli auto-gestiti. Da qui la richiesta di un «un incontro urgente al ministro Catalfo». C’è da dire che il fronte dei riders si presenta spaccato: a parte questo gruppo la maggioranza di sindacati autonomi sono favorevoli alle novità anche se chiedono maggiori vincoli a carico delle aziende del food delivery, trasparenza sui turni gestiti dagli algoritmi e una paga oraria adeguata. I costi principali delle tutele inserite nel decreto, che riguardano i contributi pensionistici, sono a carico dello Stato. L’Inps e l’Inail si stanno attrezzando per predisporre una piattaforma per registrare i contratti dei riders per assicurare tutele contributive e contro gli infortuni.

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