giovedì 5 luglio 2018
Il docente di Diritto dell’informazione : rischi per la libertà di informazione, danneggiati gli editori più piccoli
Ruben Razzante

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«L’argomento è sacrosanto, ma la direttiva che lo affronta è squilibrata ». Così Ruben Razzante, docente di Diritto dell’Informazione all’Università Cattolica di Milano commenta la querelle nata attorno alla riforma del diritto d’autore, il cui testo base verrà votato oggi al Parlamento europeo.

Come a dire che ordine andava fatto, ma non così? Il copyright andava difeso, non c’è dubbio, ma a me pare che la direttiva europea vada riscritta, perché così com’è apre a troppi rischi, sia dal punto di vista della libertà di informazione, sia da quello della pluralità di pensiero. Il pericolo è di concentrare in poche mani molto potenti la scelta dei contenuti da mandare nella Rete. Va comunque detto subito che tutto può ancora succedere, anche un nulla di fatto.

In che senso? È dal 2016 che il Parlamento europeo di occupa di questo tema, ora la Commissione Affari legali appronta un testo che è solo una bozza e di questa stiamo parlando. Potrebbe ancora essere stra- volta, accantonata, rimandata a settembre... poi si svolgeranno le elezioni europee ed è plausibile che salti tutto. Va anche detto che è una direttiva e non un regolamento: mentre quest’ultimo è uniforme in tutta Europa e il testo prodotto a Bruxelles è uguale per tutti, la direttiva lascia a ogni nazione margini di flessibilità su come recepire la direttiva. Di Maio, che è ministro del Lavoro ma con delega alle Comunicazioni, ha quindi buon gioco nel puntare i piedi e dire «in Italia faremo le nostre valutazioni quando dovremo approvare la legge di recepimento »: ammesso che oggi la direttiva venga approvata, ogni Stato avrà due anni di tempo, ogni Parlamento sarà sovrano e potrà discostarsi su alcuni punti.

Che idea si è fatto lei in concreto? L’Italia cosa dovrebbe decidere? Evitare questo muro contro muro e individuare un meccanismo che sappia sì preservare i diritti d’autore e gratificare i discografici, i musicisti, gli editori e chiunque crei con il proprio ingegno, ma anche le piattaforme web che investono in servizi innovativi. Per equilibrare la direttiva europea, quindi, ripropongo un’idea che avevo già avanzato ai tempi del governo Gentiloni, cioè l’istituzione di un tavolo permanente di consultazione, che non abbia costi, che si riunisca ogni mese e che metta insieme giornalisti, editori, motori di ricerca, provider, pubblicitari, insomma tutte le parti toccate dalla direttiva, per trovare soluzioni equanimi. Questo dibattito sarebbe stato serio due anni fa, per arrivare a Bruxelles preparati, con una piattaforma Italia. Ma fino a pochi giorni fa da noi non se ne sapeva niente...

Entrando più nel merito, la direttiva è corposa e complessa, trenta pagine frutto di 21 mesi di discussioni. Ma poi la polemica verte su due soli articoli, l’11 e il 13. Perché sono i più pericolosi. L’articolo 11 dice che in futuro chiunque voglia pubblicare in Rete un link o uno snippet, quel riassuntino di due righe che accompagna il link per attirare il clic degli utenti, dovrà essere autorizzato dall’editore e pagare i diritti. Su questo ho delle riserve, perché si agevolerebbero i soliti noti, i gruppi più importanti, proprio quelli che fanno informazione con forti condizionamenti extraeditoriali. Verrebbero premiati e amplificati, a danno degli editori più piccoli, autonomi e liberi.

Ma remunerare le opere dell’ingegno è anche giusto. Oggi è un vero saccheggio. Certamente devono finire la cannibalizzazione e lo shopping gratuito in Rete, ma senza finire dritti in bocca ai grandi editori, che tra l’altro non reinvestono mai le entrate in nuove assunzioni di giornalisti, lo vediamo bene. Poter condividere tutto gratis come avviene oggi non è corretto, ma anche un 'grande fratello' che controlla tutto mi pare eccessivo e pericoloso.

L’articolo 13 invece riguarda i diritti d’autore per le opere artistiche caricate dagli utenti sulle piattaforme, ad esempio suYou-Tube. Un altro saccheggio gratuito, oggi... È vero e deve finire. Ma la direttiva prefigura un eccesso: prima di caricare un’immagine sui social (un video, un’opinione, un articolo) questa dovrà essere valutata in via preventiva attraverso tecnologie. Le intenzioni sono nobili, ma un controllo preventivo dei contenuti fa a pugni con la libertà di informare e manifestare opinioni.

Pensando agli algoritmi e ai filtri 'etici' già ora attivi su Facebook, che oscurano automaticamente la Venere di Milo in quanto 'nudo di donna', quali tecnologie sarebbero usate per i controlli preventivi? Altro punto di estrema criticità. Se poi la direttiva dà a questi colossi la possibilità di controllo attraverso filtri che esprimono interessi commerciali e ideologici, si arriva a poter amplificare ad esempio lobby di potere e marginalizzare messaggi opposti sul piano dei valori etici. Insomma, per remunerare il copyright questa direttiva rischia di consegnare le chiavi del web a lobbisti che hanno a cuore il loro business, non l’informazione. Ripeto, giusto riformare i diritti gratificando gli autori, giusto creare un mercato unico digitale, ma io sono con Antonello Soro, garante della privacy, che vede il pericolo di una distorsione del sistema informativo se ai gestori delle piattaforme affideremo i rubinetti dell’informazione.

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