martedì 5 maggio 2020
Jacopo Palermo, amministratore delegato del gruppo Costim, sulla Fase 2: «Le restrizioni hanno un impatto forte sulla produttività»
Jacopo Palermo, Ad del gruppo Costim

Jacopo Palermo, Ad del gruppo Costim - Costim

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È una giornata impegnativa per Jacopo Palermo, amministratore delegato del gruppo Costim, la joint venture costituita l’estate scorsa tra Immobiliare Percassi e Polifin per unire l’esperienza industriale dell’impresa guidata da Francesco Percassi con la forza finanziaria e innovativa della holding di Domenico Bosatelli. Impresa Percassi, che ha sede proprio a Bergamo, la città più colpita dal Covid– 19, è uno dei maggiori “general contractor” dell’edilizia civile privata in Italia. «Stiamo riaprendo quasi tutti i nostri cantieri, circa una ventina. La settimana scorsa abbiamo potuto completare le attività preparatorie: sanificazioni, logistica, introduzione dei sistemi di controllo degli ingressi, distribuzione dei dispositivi di protezione individuale. Adesso ripartiamo» spiega il manager.

Come cambiano i cantieri con le regole della Fase 2?

Chiaramente non si va avanti come prima. Le restrizioni hanno un impatto forte sulla produttività, c’è un tema di limitazione del numero di maestranze che varia da sito a sito, a seconda dello spazio che occorre per mantenere il distanziamento. A questo si aggiungono le procedure di sicurezza più rigide, i dispositivi di protezione, lo scaglionamento degli ingressi, tutte misure che abbassano la produttività del lavoro.

L’Ance, l’associazione del settore, ha parlato della necessità di un equo compenso, di un riequilibrio dei contratti che erano stati firmati quando le regole dell’edilizia non tenevano conto della pandemia. Quanto è forte questo problema?

Siamo allineati con Ance. L’equilibrio dei contratti riguarda due dinamiche. La prima è l’aspetto finanziario: per com’è strutturato normalmente un contratto l’appaltatore tra ritenute di garanzia e dinamiche di contabilizzazione ha un capitale circolante negativo, finanzia la commessa fino al completamento delle opere. Questa condizione regge finché la macchina gira, ma con il blocco della produzione si è creato uno scompenso finanziario. L’altra dinamica è quella economica: abbiamo ripianificato con la filiera le condizioni di forniture e produttività. Buona parte della filiera è in sofferenza e deve rivedere al rialzo i prezzi, a partire da manodopera, attività di trasformazione, alcune forniture specialistiche. I contratti vanno adeguati per tenere conto di questi cambiamenti.

Il decreto Liquidità è stato sufficiente a sostenere le imprese nell’emergenza?

È stato uno strumento utile di aiuto di tutte le realtà che hanno un tema di capitale circolante. Noi abbiamo attivato interlocuzioni con gli istituti di credito, ci auguriamo che le banche facciano la loro parte.

Molti invocano il “modello Genova”: la semplificazione delle procedure ha permesso di costruire il nuovo ponte molto rapidamente. Che cosa occorre, precisamente, per ridurre il carico di burocrazia?

Noi lavorando con il settore privato non subiamo le dinamiche degli appalti pubblici. Se devo fare un’analogia, nel nostro settore c’è complessità nella gestione delle varianti in corso d’opera, molti progetti richiedono adeguamenti da condividere con i committenti e ci trova a dovere aggiornare con frequenza i progetti.

Che prospettive vedete per il mercato immobiliare con la recessione? Il nostro punto di osservazione è limitato, ed è quello dell’edilizia civile privata in Lombardia, soprattutto a Milano. In questo momento diversi investitori e committenti vanno avanti con i progetti di gara, non vediamo una sospensione degli investimenti. Milano è una città europea che presenta ancora una dinamica interessante, con un gap tra domanda e offerta ancora da colmare. Il mercato resta in salute.

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