mercoledì 2 dicembre 2020
Da una parte i seniors, che più sopportano i costi sanitari del virus. Dall’altra i junior, che pagano i costi non sanitari: ragazzi senza scuola in presenza, precari e giovani su cui pesa il debito
Enea che porta Anchise sulle spalle

Enea che porta Anchise sulle spalle

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La pandemia sta inasprendo delle tensioni già da tempo presenti tra le generazioni del Paese. Da una parte i seniors, quelli che più sopportano i costi sanitari di questo virus che in Italia ha ucciso nell’85% dei casi persone con più di 70 anni di età (nel 95% dei casi persone con più di 60 anni). Oltre a dover temere più di tutti il virus, gli anziani di questo Paese stanno assistendo a una discussione pubblica che li vede parti penalizzate. Nelle scorse settimane, quando la seconda ondata ha di nuovo messo in crisi le strutture ospedaliere, si è infatti tornati a discutere di come determinare l’accesso alle terapie intensive quando i posti si fanno scarsi. Per fortuna, però, in Italia sembra ancora prevalere l’umanesimo dell’Enea che si caricò del peso di un Anchise infermo e lo portò lontano e fuori dall’incendio di Troia, e che attribuisce a ogni vita pari dignità, dalla culla alla tomba.
Dall’altra ci sono le generazioni junior che pagano i costi non sanitari di questa crisi. I bambini e ragazzi rinchiusi in casa, privati di una didattica di qualità o in troppi casi esclusi dalla didattica tout court. Giovani e adulti alle prese con un mondo del lavoro già avaro prima, e ora diventato disperante. Le giovani generazioni dei precari e dei riders, della partite Iva e delle startup sono quelle più esposte alla tempesta economica del lockdown, mentre le generazioni dei seniors, prevalentemente composte di lavoratori dipendenti e di pensionati con entrate sicure e conti bancari in attivo hanno potuto in questi mesi dormire sonni più tranquilli, almeno dal punto di vista economico. Ma i costi economici che ricadono sulle spalle dei juniors non finiscono certo qui. Per salvare ogni vita, a prescindere dall’età, in questo anno non abbiamo esitato ad aumentare fortemente le spese sanitarie e le spese compensative e, seppur con riluttanza, non stiamo esitando nemmeno ad imporre un nuovo forte rallentamento dell’attività economica attraverso i vari Dpcm. Una ricetta perfetta per far esplodere il debito a carico delle future generazioni. Un debito che, come sappiamo, è già particolarmente gravoso e che è stato cumulato negli anni per far fronte a una spesa pubblica che sin qui ha largamente favorito i seniors rispetto ai juniors; basti confrontare la spesa previdenziale con la spesa per istruzione e famiglie.
Se è vero che ogni vita va salvata, è altrettanto vero che il costo di salvare le vite dei seniors è largamente a carico dei juniors che oggi soffrono economicamente più degli altri e che dovranno pagare i debiti domani. Ci rendiamo conto che discutere degli effetti distributivi della pandemia tra le generazioni sia particolarmente scomodo, ma è oggi fondamentale farlo perché la giustizia intergenerazionale è la base della convivenza civile e dello sviluppo sostenibile. Oggi le generazioni juniors dimostrano in maniera commovente di sentire ancora la pietas di Enea nei confronti dei troppi anziani che soffrono e muoiono nei nostri ospedali. Va anche detto che la generazione dei seniors italiani non è - in generale - certo ridotta allo stato di infermità del padre Anchise. Tutt’altro; almeno dal punto di vista economico le elaborazioni della Banca d’Italia (https://bit.ly/3n8jmC0) ci dicono che è nelle generazioni dei seniors che oggi si concentra la maggior parte della ricchezza del Paese. Sembra perciò razionale e davvero fondamentale, per un atto di giustizia intergenerazionale, porre al centro della discussione politica la necessaria assunzione di responsabilità per i costi della pandemia da parte della generazione senior.
In Parlamento in questi giorni è già emersa una proposta di tassa patrimoniale, che ripercorre - come per riflesso pavloviano - i sentieri già tracciati innumerevoli volte in passato: con una parte politica che chiede un intervento dal carattere permanente sui grandi patrimoni e una larga e trasversale opposizione che non ne vuole nemmeno sentir discutere. Ma siamo sicuri che sia una misura "di sinistra" minare in maniera permanente il risparmio delle famiglie agiate italiane? E siamo sicuri che sia una misura "di destra" difendere a prescindere la ricchezza cumulata a scapito del lavoro delle future generazioni?
È opportuno che anche in Italia, come in altri Paesi europei, la discussione attorno a una misura straordinaria che attinga ai patrimoni che sono largamente in possesso della generazione senior, assuma i contorni di un confronto sereno e animato da senso di responsabilità.
Una soluzione per onorare anche simbolicamente il patto intergenerazionale necessario ad affrontare questo tempo straordinario potrebbe essere quella di adottare una tassa una tanum che incida sui patrimoni con una misura di progressività collegata all’età. L’aliquota, cioè, potrebbe aumentare in maniera proporzionale agli anni del detentore del patrimonio, proprio per enfatizzare lo scambio implicito tra le generazioni alla base di questa misura. Come sanno bene gli studenti di scienza delle finanze, un’imposta siffatta che va sotto il nome di imposta capitaria, ha dei vantaggi considerevoli dal punto di vista dell’efficienza, a maggior ragione se fosse imposta una tantum a fronte dell’emergenza pandemica attuale.
Un’imposta patrimoniale progressiva con l’età tende peraltro ad assomigliare a un’imposta di successione che è un’altra forma impositiva tra le predilette dagli studiosi di scienza delle finanze per i suoi effetti redistributivi tra le generazioni (i seniors pagherebbero per il servizio sanitario straordinario di cui in gran parte usufruiscono) e intragenerazionali (i juniors non provenienti da "buone famiglie" affronterebbero condizioni iniziali più eque).
A chi obietta che un’imposta nuova oggi potrebbe avere un effetto depressivo sui consumi si può rispondere che le imposte patrimoniali sono meno impattanti delle imposte sul lavoro che altrimenti andrebbero probabilmente usate per sopperire in futuro al ripagamento del debito e la cui prospettiva, in ogni caso, già oggi causa effetti depressivi sulla natalità e sui saldi migratori che innescano una spirale distruttiva per il Paese. Si tratta dunque di capire se commetteremo ancora l’errore di punire il lavoro delle giovani generazioni oppure se troveremo forme di tassazione più giuste e sostenibili.
Enea non caricò di certo il peso del padre Anchise sulle spalle del piccolo Ascanio. Oggi alla generazione senior è necessario chiedere di assumersi il peso di portare Anchise, almeno per un tratto di strada.
*Economista, Università Lumsa

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