venerdì 31 maggio 2019
Sotto accusa Calenda (Pd), che ha autorizzato la vendita a Shernon, ma ancora ad aprile al ministero guidato da Di Maio (M5s) non si sono accorti che quell’azienda era a un passo dal fallimento
Un punto vendita di Mercatone Uno chiuso dopo il fallimento di Shernon Holding

Un punto vendita di Mercatone Uno chiuso dopo il fallimento di Shernon Holding

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La crisi di Mercatone Uno è diventata inevitabilmente un caso politico: l’opposizione incolpa Luigi Di Maio e il suo staff del ministero dello Sviluppo economico di non essere stati in grado di capire quello che stava succedendo, mentre dalla maggioranza ricordano che il via libera alla vendita di Mercatone Uno a Shernon Holding era arrivato da Carlo Calenda, allora ministro del governo Gentiloni e oggi fresco di elezione al Parlamento europeo con il Partito Democratico.

Senza dubbio Calenda e i suoi collaboratori potevano studiare con più attenzione l’affidabilità di Shernon Holding. La srl fallita giovedì scorso era stata costituita apposta per comprare Mercatone Uno e partiva con un milione di euro di capitali versati dal suo unico socio, la società maltese StarAlliance. I soci di questa StarAlliance, società piuttosto misteriosa, erano poi due membri del Cda di Shernon, cioè Valdero Rigoni e Michael Charles Thalmann, il primo attivo per anni nel settore dei mobili, il secondo titolare di una società di gestione del risparmio basata in Liechtenstein.

L’altro membro del Cda di Shernon, almeno in partenza, era Massimo D’Aiuto, ex amministratore delegato di Simest. Che per rilevare Mercatone si dovesse passare da una società di Malta doveva destare qualche sospetto. Calenda ricorda però che non c’era da fare gli schizzinosi. Il via libera alla cessione con trattativa privata è arrivato dopo due aste andate a vuoto organizzate dai commissari che amministravano Mercatone dal 2015. L’ex ministro ricorda anche che il contratto prevedeva una clausola di salvaguardia che consentiva ai commissari di riprendere il controllo di Mercatone nel caso che il nuovo proprietario non rispettasse gli impegni.

Quel contratto è stato comunque firmato il 9 di agosto, quando al ministero dello Sviluppo economico c’era Di Maio. Nei documenti con cui lo scorso 8 aprile ha chiesto l’accesso al concordato preventivo, Shernon scrive che i suoi piani iniziali sono stati rovinati a una settimana dalla chiusura dell’acquisizione, quando un fondo americano che doveva acquistare gli immobili garantendo un finanziamento si è improvvisamente ritirato. Rifatto un piano industriale nel giro di una settimana, Shernon ha preso il controllo di Mercatone Uno e ha dovuto dedicare quasi tutto il suo tempo alla ricerca di nuovi finanziatori. Il tutto era reso ancora più difficile dalla concorrenza “In casa” di un altro gruppo, il fondo americano Gordon Brothers, che aveva comprato a prezzi stracciati le rimanenze di magazzino e si era quindi accordato con Shernon per rivenderle nei negozi di Mercatone a cifre irrisorie.

La situazione era quindi difficile ma non doveva essere così impossibile se lo scorso novembre l’Ad Rigoni parlava del progetto di raddoppiare il fatturato di Mercatone entro il 2022 per raggiungere il mezzo miliardo di euro. Il passaggio, avvenuto lo scorso 14 febbraio, del 100% di Shernon dalla maltese StarAlliance alla padovana Maiora Invest, che ha sede a Padova allo stesso indirizzo del domicilio di Thalmann, sarebbe stato probabilmente un movimento da indagare un po’ meglio.


Ma al ministero dello Sviluppo economico sono tornati ad occuparsi del Mercatone con un incontro con azienda e sindacati solo il 18 aprile, una settimana dopo che Shernon aveva chiesto e ottenuto l’accesso al concordato. In quell’occasione il vice capo di Gabinetto, Giorgio Sorial (ex deputato grillino diventato noto nel 2014 per avere definito “boia” il presidente Giorgio Napolitano) e il sottosegretario Davide Crippa si sono limitati a chiedere qualche precisazione sul perché le cose andassero così male e quindi si sono augurati «un rilancio delle attività nel più breve tempo possibile». Quell’incontro si è concluso con il rinvio del confronto al 30 maggio, cioè ieri. Ma Shernon è fallita prima.

Al di là delle responsabilità politiche e tecniche di questa nuova crisi, il problema principale oggi è l’incapacità di Mercatone Uno di stare in piedi. La catena ha avuto il suo periodo glorioso negli anni ‘90 ma non è riuscita a restare solida in un settore che nel frattempo è cambiato e si è fatto più competitivo. Questa è la principale incognita per l’azienda e, soprattutto, per i suoi 1800 dipendenti.



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