mercoledì 6 novembre 2019
Provenzano: «Spero in una mediazione con Arcelor Mittal, ma non sarà certo sulla pelle dei lavoratori». «Io non dormo la notte e c’è chi arriva e cerca visibilità con facili soluzioni»
"Vietato chiudere, Arcelor scorretta. Sì allo scudo ma niente esuberi"
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«Spero che si trovi una mediazione con Arcelor Mittal. Ma non avverrà certo sulla pelle dei lavoratori ». Dopo le riunioni-fiume dei giorni scorsi, oggi il ministro per il Sud e la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano parteciperà, col premier Conte e il titolare del Mise Patuanelli, all’incontro coi vertici della multinazionale che ha rilevato l’ex Ilva di Taranto. Sulla sua scrivania, il dossier campeggia insieme alle bozze di lavoro del Piano per il Sud, «che vogliamo presentare entro dicembre. Non può esistere un Sud senza industria, che dev’essere moderna, green e competitiva. E quella di Taranto è una partita fondamentale per dimostrare che si può fare».

Ministro, si è fatto un’idea delle ragioni della clamorosa retromarcia?
Il governo è stato sempre disponibile ad affrontare i problemi posti dall’azienda, ma non a parlare di esuberi. E forse proprio questo ha spinto l’azienda ad accelerare verso una decisione già valutata, con un ricorso con 37 allegati che non può esser stato elaborato in po- che ore.

Quindi la cancellazione dello scudo penale è una scusa?
È un pretesto. E non può diventare un alibi, perché il contratto resta valido. Ciò detto, in uno Stato di diritto, nessuno deve rispondere per l’adempimento di un dovere, come dice l’art. 51 del codice penale. Ma a questo punto, in campo ambientale, sarà bene chiarirlo, tanto più per comportamenti omissivi altrui e pregressi.

Con quale strumento?
La mia proposta, condivisa da altri membri del governo, in primis da Patuanelli, è una norma generale e astratta, che superi il vaglio di costituzionalità e chiarisca un principio: chi inquina paga, ma chi applica un piano ambientale non può risponderne penalmente se attua le disposizioni previste.

E ciò non andrebbe bene all’azienda?
A onor del vero, questa proposta era già al tavolo delle interlocuzioni con l’azienda. Proprio per questo, il comportamento di Arcelor Mittal appare pretestuoso e di grave scorrettezza.

L’ipotesi di un 'piano B', col ritorno della cordata alternativa di Jindal (più Cdp), è plausibile?
Siamo in un passaggio difficile. Occorre serietà, non fughe in avanti. Ci siederemo al tavolo con Arcelor Mittal e chiederemo il rispetto degli impegni presi un anno fa. Non lasceremo nulla di intentato affinché l’ex Ilva continui a produrre, nel rispetto dell’ambiente e della salute di lavoratori e cittadini. Ma mi irrita vedere leggerezza nei confronti di una città, Taranto, lacerata da un dramma ambientale e sociale.

A chi si riferisce?
A quanti in queste ore si ritagliano scampoli di visibilità lanciando soluzioni 'facili'. A Taranto non servono teatrini, ma rispetto e interventi efficaci.

L’opposizione vi attacca. E perfino nel 'suo' Pd qualcuno dice: il governo si svegli. Cosa risponde?
Che io non ci dormo la notte, su questa vicenda. E che il governo ha di fronte un’azienda che prospetta esuberi e, quando gli si chiede il rispetto dei patti, minaccia di andarsene.

La parabola dell’ex Ilva è paradigmatica della condizione del Mezzogiorno: crisi industriale, disoccupazione, inquinamento, emigrazione. Il Piano per il Sud avrà risposte concrete per queste situazioni?
Su Taranto ereditiamo una situazione grave da decenni. Ma attenzione a dire che non si possa fare industria nel Sud: c’è già chi lo fa, con standard d’eccellenza. Bisogna creare un contesto di supporto, affinché non siano fiori in un deserto. Sanare le fratture fra Nord e Sud è il primo interesse nazionale, altro che discutere dei 5 centesimi sulle bottigliette di plastica.

Tanti governi hanno promesso investimenti al Sud. In molti casi, promesse vane.
In questi mesi mi sento dire: bravo, belle parole, hai studiato, ma vogliamo fatti. Ebbene, i primi fatti sono nella legge di Bilancio e anticipano il Piano strutturale per il Sud, che col premier Conte presenteremo entro fine anno.

A quali misure della manovra fa riferimento?
Intanto si garantisce il 34% d’investimenti ordinari al Sud, per infrastrutture e servizi dignitosi. Poi, abbiamo rifinanziato con 675 milioni il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali in modo da attivare 2 miliardi complessivi nel 2020. Ancora, affidiamo alla Banca del Mezzogiorno un fondo di 250 milioni per la crescita di piccole e medie imprese e potenziamo il credito d’imposta per assumere ricercatori. Con 200 milioni, rilanciamo la Strategia nazionale per le aree interne. Stanziamenti, non belle parole.

Le zone economiche speciali, istituite due anni fa, non sono ancora partite. Perché?
Per troppi ritardi. Non mi interessa di chi sia la colpa, abbiamo prorogato gli incentivi e bisogna farle partire subito. Il governo se ne assumerà la responsabilità con un Commissario.

La crisi nel Mezzogiorno è anche carenza di reti sociali.
In manovra, diamo 'ossigeno' ai piccoli Comuni del Sud, con 300 milioni per le infrastrutture sociali (asili, scuole, presidi sanitari) nelle comunità locali.

Quanto il giogo delle mafie e del lavoro nero frena il Meridione?
Frena l’intero Paese, perché le mafie sono anche al Nord. Presto andrò nel Foggiano, dove molti immigrati lavorano come schiavi in campi della vergogna. La battaglia per un Sud e per un Paese migliore va combattuta insieme: non basta un ministro né un intero governo. Serve il protagonismo delle forze sane della società: imprenditori, associazioni e la stessa Chiesa, che nei territori difficili è viva e presente. Il mio è un appello. Dateci una mano. Diamocela.

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