venerdì 1 luglio 2022
C'è tempo fino al 10 agosto. Il talento femminile per la crescita sociale ed economica del Paese. Tra il difficile "soffitto di cristallo" e le aziende dove le collaboratrici sono più felici
Al via le candidature al Premio Valeria Solesin

Al via le candidature al Premio Valeria Solesin - Archivio

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Che l'occupazione femminile in Italia sia ancora bassa non è una novità. Purtroppo. Non bastano gli incentivi per ridurre il divario di genere. Soprattutto per le giovani alla ricerca di lavoro o per le mamme-lavoratrici costrette a dimettersi dopo il primo figlio. Senza parlare delle differenze retributive con i colleghi e la difficoltà a realizzare quel "soffitto di cristallo" a garanzia di trasparenza ed equità. Eppure le buone pratiche non mancano e il Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe essere l'occasione per creare quei servizi e quelle opportunità necessari a valorizzare il talento femminile, davvero indispensabile per la crescita sociale ed economica del Paese.

Il Premio Valeria Solesin, per esempio, è una di quelle iniziative da elogiare. Sono infatti aperte le candidature alla VI edizione del concorso dedicato alla memoria della ricercatrice italiana presso la Sorbona tragicamente scomparsa nel novembre 2015 durante la strage avvenuta al teatro Bataclan di Parigi.L’iniziativa, frutto della collaborazione tra Forum della Meritocrazia e Allianz Partners, è rivolta a studentesse e studenti di tutte le Università italiane, pubbliche e private, che discuteranno la propria tesi di laurea magistrale entro il 31 luglio 2022 in Economia, Sociologia, Giurisprudenza, Scienze Politiche, Demografia, Statistica, Ingegneria, Scienze della Formazione e Psicologia. È possibile candidare i lavori che affrontano il tema de “Il talento femminile come fattore determinante per lo sviluppo dell’economia, dell’etica e della meritocrazia nel nostro paese”, così raccogliendo idealmente il testimone e l’eredità intellettuale di Valeria Solesin, che nei propri studi indagava sul doppio ruolo delle donne, divise fra famiglia e lavoro, e sugli effetti positivi di una bilanciata presenza femminile nelle aziende. Alle tesi che sapranno distinguersi per originalità, coerenza, capacità di analisi e rigore scientifico, mettendo a fuoco i fattori che ostacolano una maggiore presenza femminile nel mercato del lavoro, i fenomeni di discriminazione, ma anche le politiche e le pratiche virtuose in ambito pubblico e privato, saranno assegnate le 11 borse di studio in palio, per un valore complessivo di circa 30mila euro. Dopo l’esordio nel 2021, anche quest’anno saranno inoltre ammesse al concorso le tesi che affrontano il tema dell’importanza della dimensione di genere in ambito Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica), nei settori innovativi della ricerca scientifica e tecnologica, dell’economia digitale e più in generale della presenza e dell’importanza delle donne in settori storicamente dominati dalla componente maschile. Tutte le informazioni sulle modalità di partecipazione, il bando e la domanda di partecipazione sono disponibili all’indirizzo sulla pagina dedicata: https://forumdellameritocrazia.it/attivita/premio-valeria-solesin/.

Meritocrazia Italia: non bastano gli incentivi contro il divario di genere

Le donne italiane rappresentano il 60% del totale dei laureati ma, a cinque anni dal conseguimento del​titolo di studio, gli uomini percepiscono, in media, circa il 20% in più. Solo il 17% delle posizioni dirigenziali è a presenza femminile. Per vero, a oggi nessuno Stato dell'Unione europea ha raggiunto l'obiettivo della parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, ma l'Italia si posiziona al 63esimo posto secondo la classifica Global Gender Gap Report 2021 rispetto al 2020 (in risalita di 13 posizioni). Lo ricorda Meritocrazia Italia sottolineando che «qualcosa si muove, anche grazie alla sollecitazione che viene dagli obiettivi del Pnrr». «Utili misure sono state introdotte con la legge di Bilancio 2022 e con la legge n. 162 del 2021. I timidi segnali di ripresa sono dovuti agli strumenti che le aziende hanno avuto a disposizione per
incentivare a ridurre il divario tra i sessi. Il problema, però - evidenzia Meritocrazia Italia - va ricercato altrove, perché nessuna misura di supporto sarà mai realmente utile se a monte non cresce la consapevolezza del valore delle donne nel mondo del lavoro. Nessun incentivo basterà da solo a creare quel percorso che in forma strutturale, non occasionale, porti ad una reale parità di genere nel mondo del lavoro». «Il problema dell'inclusione lavorativa femminile ha natura culturale - aggiunge -. Il divario di genere non è solo segregazione lavorativa; parte dalla segregazione scolastica e trova radici in un sistema di formazione (talora anche familiare) che non prepara adeguatamente all'inclusione. È necessario insistere fattivamente sul concetto di diversità come ricchezza non come limite». Meritocrazia Italia «ribadisce il suo impegno nel diffondere una cultura inclusiva e dunque, per poter facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, propone che: nelle aziende si ponga al centro la sensibilizzazione sugli stereotipi di genere, sia attraverso la revisione di processi quali selezione del personale, percorsi di carriera e sistema di performance, sia attraverso programmi che promuovano lo sviluppo e l'affermazione del talento femminile, quali percorsi di formazione o di coaching; venga incoraggiata la partecipazione delle giovani donne ai percorsi formativi di tipo tecnico e imprenditoriale; siano riorganizzate le attività lavorative calibrando la retribuzione non sui tempi di impegno ma su obiettivi e progetti; si colgano le opportunità offerte dalla digitalizzazione, favorendo in particolare lo smart working su intesa; venga promossa un'educazione al rispetto di genere ed alla cura della famiglia e dei figli come valore ed accrescimento della persona; si diano risposte concrete alla necessità di assistenza per minori e anziani, con servizi all'infanzia e centri di assistenza per anziani e disabili, funzionanti, distribuiti con capillarità sui territori ed a basso costo».

In Italia lavora solo una mamma su due

In Italia lavora una mamma su due (57,3%) e il Paese si posiziona all’ultimo posto di una classifica europea realizzata da Eurostat, che registra come valore medio per tutti gli stati intervistati il 72,2% di donne lavoratrici con figli e vede sul podio Paesi come Slovenia (86,2%), Svezia (83,5%) e Portogallo (83%). La sottorappresentanza delle donne nei contesti lavorativi è un dato confermato anche da Edge Strategy, società di misurazione e certificazione della parità di genere in azienda, che ha rilevato che nel 2021 le donne nei board di direzione delle aziende Edge certified erano solo il 24,7%, mentre ai livelli di top management erano il 29,6%. «Dobbiamo partire da un cambiamento di mentalità - spiega Simona Scarpaleggia, board member di Edge Strategy -. Solo in questo modo possiamo permettere una migliore conciliazione della vita lavorativa a quella privata, non solo per i genitori, ma per tutti i lavoratori. È essenziale iniziare abbattendo gli stereotipi: in Italia sono le donne a prendersi cura della famiglia e lo dimostrano anche dati Inps sul congedo parentale per Covid-19, considerato che solo il 21% dei padri ne ha fatto richiesta, rispetto al 79% delle madri. Partendo da qui dobbiamo quindi arrivare a un cambio di paradigma». Se si analizza la situazione degli asili nido in Italia si nota che, secondo quanto rilevato da Openpolis, nel 2019 sono stati offerti 26,9 posti nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini di età tra 0-2 anni, mancando ancora di sei punti l’obiettivo prefissato dall’Unione Europea di garantire il 33% dei posti. Solo sei regioni riescono a superare la soglia UE - Valle d'Aosta (43,9), Umbria (43), Emilia-Romagna (40,1), Toscana (37,3), Lazio (34,3) e Friuli-Venezia Giulia (33,7) – a dimostrazione del fatto che l’offerta nel Paese non è omogenea. Il Pnrr per far fronte a questa situazione destina 4,6 miliardi di euro ad asili nido e scuole dell’infanzia. «Questo assicurerà una migliore inclusione di bambine e bambini ai percorsi di educazione e fornirà maggior tempo a disposizione ai genitori da dedicare alla carriera lavorativa - continua Scarpaleggia -. Questi fondi devono essere uno stimolo anche per le aziende per incentivare politiche, ad esempio l’estensione del congedo di paternità, che consentano a entrambi i genitori di prendersi cura dei figli e non relegare questo ruolo esclusivamente alla madre».

Un "soffitto di cristallo" difficile da realizzare

Sono passati 44 anni da quando l’espressione “soffitto di cristallo”, usata per la prima volta da Marilyn Loden, è entrata nel vocabolario comune per esprimere l’insieme delle barriere culturali che limitano opportunità, ambizioni e carriere delle donne. In questo arco di tempo sono state tante le azioni politiche, istituzionali e aziendali per colmare queste disparità, ma la situazione appare ancora lontana da
un’effettiva parità. Anche quest’anno Wyser ha lanciato un'indagine sul tema del "soffitto di cristallo"
per indagarne gli effetti concreti sulla sfera professionale delle donne e contribuire a individuare delle soluzioni. Per il 37% (43% delle donne vs 30% degli uomini) è un fenomeno legato a stereotipi e pregiudizi presenti ancora oggi nei luoghi di lavoro e per il 22% all’assenza di donne in posizioni decisionali. Tuttavia, e come hanno dimostrato anche recenti fatti di cronaca, tra le caratteristiche a livello organizzativo aziendale che favoriscono l’abbattimento del soffitto di cristallo, la presenza di un management in prevalenza femminile (15%) sembra essere meno importante rispetto allo sviluppo di una più ampia
cultura aziendale che ponga il focus su welfare e wellbeing (46%). Infine, il 21% riassumerebbe il "soffitto di
cristallo" come scarsa meritocrazia e l’11% come un bivio ancora attuale tra figli e carriera. Larga parte del campione intervistato sottolinea l’importanza della possibilità di gestire con relativa autonomia
tempi e luoghi di lavoro. Per il 60%, infatti, la misura principale resta la flessibilità oraria, seguita dalla possibilità di lavorare da remoto (38%). Meno rilevanza viene data al lavoro part-time (10%). La necessità di coniugare vita familiare e professionale per poter superare gli ostacoli alla carriera passa però anche attraverso la possibilità di usufruire di asili nido (30% dei rispondenti) e da una più equa distribuzione
del congedo parentale, coinvolgendo anche i padri (22%). Riguardo quest’ultima misura, sono le donne a
esprimere una maggiore preferenza (27%) rispetto agli uomini (15%). «I dati sul soffitto di cristallo, che proviamo a monitorare con cadenza regolare, suggeriscono ancora una volta che si tratta di un problema legato anche al tessuto culturale della società e non solo a una mera disparità sul mercato del lavoro - dichiara Carlo Caporale, ad di Wyser Italia –. Se proviamo a fare una comparazione, l’utilizzo del remote working come misura a supporto delle donne ha perso cinque punti percentuali nel corso degli ultimi due anni, proprio quelli in cui l’utilizzo è stato maggiore (43% del 2020 vs 38% oggi). Anche la richiesta
di maggiore elasticità oraria, seppur molto alta (60%) è nettamente inferiore all’84% espresso nel 2020. Il dato più eclatante a mio avviso resta quello di un equo congedo parentale che dal 7% è balzato al 22% a prova inequivocabile, soprattutto dopo l’esperienza della pandemia, che il supporto alle donne che hanno necessità di conciliare vita familiare e carriera non può essere espresso solo attraverso una riduzione del tempo lavorativo o il trasferimento da una scrivania in ufficio ad una in casa, ma necessita di un
sostegno pratico e una sensibilizzazione culturale sia della società sia della singola organizzazione». Il Pnrr prevede di raggiungere, entro il 2026, un incremento del 5% nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’omonimo Istituto europeo (Eige) che oggi vede l’Italia classificata al 14esimo posto tra i Paesi Ue (il nostro Paese ha infatti raggiunto un punteggio di 63,5 su 100, cioè 4,4 punti sotto la media europea). Delle diverse misure previste, vengono preferite quelle che hanno un impatto diretto e concreto sulla vita professionale: più di 1/3 (36%) utilizzerebbe le risorse stanziate per la creazione di un fondo per il sostegno della parità salariale di genere e ben il 40% investirebbe sullo sviluppo di piani asilo e potenziamento dei servizi dedicati alla fascia 0-6. Meno incisive o prioritarie la proposta di “Gender Procurement” (7%) e il supporto all’imprenditorialità femminile (5%). Un tema collegato al "soffitto di cristallo" è quello del divario retributivo, che necessita di un’azione combinata di diversi attori. Per il 45% spetta in primis alle istituzioni, con incentivi e sgravi fiscali o una normativa ad hoc. Per il 42%, invece, la riduzione del divario passa attraverso politiche aziendali di trasparenza retributiva.

La classifica dei migliori posti "rosa"

Credibilità, rispetto, equità, orgoglio e coesione: sono queste le qualità che rendono un’azienda il luogo ideale per ogni collaboratrice. Great Place to Work Italia, azienda impegnata nello studio e nell’analisi del clima aziendale, della trasformazione organizzativa e dell’employer branding ha stilato per il sesto anno consecutivo la classifica dei Best Workplaces™ for Women, le 20 migliori aziende italiane per cui le donne sono più felici di lavorare, scelte da quasi 20mila lavoratrici di oltre 200 imprese del Bel Paese. Il miglior luogo di lavoro per le donne italiane è Sebach Spa, punto di riferimento dei servizi di noleggio di bagni mobili, seguita da American Express Italia, impresa che si occupa di servizi finanziari e assicurazioni, e da AHK Italien, azienda specializzata in consulenza manageriale. Società virtuose in cui la presenza femminile è rilevante e superiore alla media nazionale: il 54% della popolazione è composta da donne rispetto al 28% delle altre imprese analizzate e il 43% del top management è femminile contro un 26% registrato a livello nazionale. Nel confronto con l’Europa la differenza è ancora maggiore, come dimostrano i dati del Gender Diversity Index, indicatore dell’European Institute for Gender Equality, secondo i quali solo il 17% delle donne ricopre un ruolo all’interno dei management aziendali. Un ulteriore indicatore preso in considerazione nell’analisi è il Parity Index, un indice che raggruppa alcune tematiche come il gender pay gap, la meritocrazia, la giustizia, l’equità di genere e la gestione del tempo. Qui i Best Workplaces™ for Women 2022 hanno mostrato, rispetto alla media nazionale, +18 punti percentuali rispetto alla percezione del gender pay gap, +16 sulla meritocrazia, +12 su aspetti legati alla giustizia, +8 sulla percezione dell’equità di genere e +6 sulla gestione del tempo. Altri temi cruciali nel mondo del lavoro femminile analizzati nella ricerca riguardano il work-life balance, un aspetto rispetto al quale c’è uno scarto di 20 punti percentuali (85% vs 65%) tra le Best Workplaces for Women 2022 e la media nazionale e il coinvolgimento delle collaboratrici in merito ai cambiamenti aziendali (82% vs 67%). La ricerca completa è consultabile al seguente link: greatplacetowork-classifica-best-workplaces-women.

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