martedì 4 maggio 2021
Per favorire lo sviluppo della più promettente tra le nuove fonti di energia alternativa occorre ridurre il prezzo. Grandi aziende e centri di ricerca collaborano per raggiungere l'obiettivo.
Un sito di stoccaggio dell'idrogeno di Linde e Dlr a Colonia, in Germania

Un sito di stoccaggio dell'idrogeno di Linde e Dlr a Colonia, in Germania - Dlr Linde

COMMENTA E CONDIVIDI

Alcuni lo chiamano con entusiasmo oro verde, altri sono piuttosto prudenti, ma è certo che l’idrogeno rappresenti una delle principali frontiere per l’utilizzo di energia nel futuro. Già oggi non mancano brillanti sperimentazioni giunte fino alla commercializzazione (per esempio, alcuni modelli di automobili), ma il problema dell’economicità e dell’effettiva diffusione della tecnologia resta la principale sfida dei ricercatori.

L’idrogeno viene considerato un vettore energetico indispensabile per il futuro, in modo sinergico e complementare con l’elettrico. Può essere prodotto con emissioni non inquinanti e a sua volta non genera emissioni contro l’ambiente: per questo, secondo gli esperti, può accelerare, in maniera complementare con altre tecnologie, i processi di decarbonizzazione, soprattutto nei settori che ancora oggi contribuiscono maggiormente alle emissioni "climalteranti", dall’industria pesante al trasporto pesante e a lunga percorrenza, dal trasporto ferroviario non elettrificato fino al residenziale, per il quale vengono esaminati vari tipi di impieghi in particolare nel riscaldamento.

La speranza di poter fare affidamento su un’energia pulita e disponibile in grandissime quantità si trova però a scontrarsi con delle difficoltà che non hanno ancora trovato una soluzione definitiva. L’idrogeno, pur essendo l’elemento più diffuso nell’universo, non si trova quasi mai "isolato" in natura, ed è quindi necessario lavorare per renderlo adatto a creare energia. Se questa operazione non risulta vantaggiosa (si utilizza troppa energia oppure si inquina), il processo perde ogni significato: se il prezzo è troppo alto, la tecnologia resta sulla carta o nei laboratori di prototipi.

L’idrogeno grigio (proveniente dal metano con produzione di anidride carbonica) dovrà quindi lasciare sempre più spazio all’idrogeno blu (con l’eliminazione dei residui non eco-compatibili) o ancora meglio verde (prodotto esclusivamente con energie rinnovabili). E come ha rivelato, qualche mese fa, lo studio "H2 Italy 2050: una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia", realizzato da The European House - Ambrosetti in collaborazione con Snam, l’Italia può utilizzare a suo vantaggio l’idrogeno sia per raggiungere i target di decarbonizzazione sia per creare nuove forme di competitività industriale, facendo leva sulla propria posizione geografica, sul potenziale manifatturiero e sulle proprie competenze nella filiera del gas naturale.

L’industria italiana delle tecnologie per l’idrogeno e le filiere collegate – secondo la ricerca Ambrosetti – potranno ambire a un incremento del valore della produzione cumulato nel periodo 2020-2050 compreso tra 890 e 1.500 miliardi di euro. L’incremento della produzione permetterà anche di creare un impatto occupazionale compreso tra 320.000 e 540.000 posti di lavoro al 2050, con una penetrazione potenziale del 23% dell’idrogeno nei consumi finali, arrivando a un taglio nelle emissioni di C02 del 28% rispetto all’anno base 2018. Lo sviluppo delle tecnologie per la produzione di idrogeno verde e la crescente disponibilità di energia elettrica rinnovabile, spiega lo studio, permetteranno di avere nei prossimi anni una curva di prezzo fortemente discendente, che raggiungerà livelli di costo competitivi rispetto alle altre alternative.

In quest’ottica, la ricerca e la sperimentazione sono fondamentali e nascono alleanze e consorzi a livello internazionale. All’inizio di gennaio, un gruppo di trenta aziende energetiche europee (tra cui l’italiana Snam), dopo due anni di ricerche e preparazione, ha lanciato ufficialmente la "HyDeal Ambition", con l’obiettivo di portare in Europa il costo del 100% dell’idrogeno verde a meno di 1,5 euro al chilogrammo. La produzione, attraverso l’elettrolisi da fonte solare, partirà nel 2022 dalla penisola iberica: l’ambizione è raggiungere 95 GW di capacità solare e 67 GW da elettrolisi entro il 2030 per produrre 3,6 milioni di tonnellate l’anno di idrogeno verde (equivalenti ad un mese e mezzo di consumi di benzina in Francia) per aziende dei settori energetico, industriale e della mobilità attraverso l’infrastruttura gas o la rete di stoccaggio. Un progetto che punta alla piena sostenibilità economica, non soltanto ambientale: l’obiettivo di prezzo finale dell’idrogeno dovrà raggiungere la parità con le fonti fossili e rendere la transizione verso la neutralità carbonica una prospettiva concreta.

Nella stessa direzione va anche il progetto europeo Prometeo, coordinato da Enea e che vede la partecipazione, per l’Italia, di Snam, Fondazione Bruno Kessler, SOLIDpower e Gruppo Maire Tecnimont. L’obiettivo è di ridurre i costi di produzione dell’idrogeno verde a meno di 2 €/kg in prospettiva, grazie ad una tecnologia altamente efficiente che combina l’elettricità da fotovoltaico (o eolico), con il calore da solare a concentrazione. Il valore dell’investimento è da 2,7 milioni di euro, in parte finanziati dall’Unione europea in un programma pubblico-privato.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI