giovedì 12 maggio 2022
In Italia già prima della pandemia un lavoratore su otto era in povertà lavorativa. Tra le proposte: disincentivare l'utilizzo dei contratti a termine e introdurre limitazioni alle esternalizzazioni
Tra i lavoratori poveri anche chi consegna cibo a domicilio

Tra i lavoratori poveri anche chi consegna cibo a domicilio - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Precarietà – tra salari bassi, saltuarietà e discontinuità lavorativa - forti e crescenti disuguaglianze, sfruttamento, insicurezza, valore sociale scarsamente riconosciuto. È la fotografia della crisi del lavoro in Italia, sempre più socialmente insostenibile, restituita dal nuovo rapporto Disuguitalia: ridare valore, potere e dignità al lavoro presentato oggi all’Oxfam Festival, Costruiamo un futuro di uguaglianza, con il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando, esperti quali la direttrice centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini, l’economista Vittorio Pelligra e il demografo Alessandro Rosina, la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, Gianluca Barbanotti, segretario esecutivo della Diaconia Valdese, Nadin Hammani, socio fondatore di Robin Hood, Yvan Sagnet, fondatore dell'Associazione No Cap, con la moderazione di Elena Stramentinoli di Presa diretta e il commento dalle vignette di Mauro Biani di La Repubblica. «Il lavoro, pilastro fondativo del nostro patto di cittadinanza, rappresenta la base per la dignità e la libertà dell’individuo. Con il proprio lavoro ognuno è chiamato a concorrere al progresso materiale e spirituale della società – ha commentato Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia -. Oggi però il lavoro è troppo spesso leso nella sua dignità, per troppe persone non basta a soddisfare i bisogni del proprio nucleo familiare e avere prospettive di un futuro dignitoso. Il dettato costituzionale rischia di subire una pericolosa rilettura con la povertà lavorativa assurta nei fatti a fondamento della Repubblica”.


Drammatica la situazione che colpisce milioni di lavoratori, denunciata nel rapporto. In Italia - secondo gli ultimi dati disponibili - un lavoratore su otto vive in una famiglia con reddito disponibile insufficiente a coprire i propri fabbisogni di base e l’incidenza della povertà lavorativa, misurata in ottica familiare, è cresciuta di tre punti percentuali in poco più di un decennio, passando dal 10,3% del 2006 al 13,2% del 2017. Il fenomeno colpisce di più, in termini relativi, chi vive in nuclei monoreddito, chi ha un lavoro autonomo, e chi, tra i dipendenti, lavora nel corso dell’anno in regime di tempo parziale. Cambiando prospettiva e guardando esclusivamente agli esiti individuali sul mercato del lavoro, anche l’incidenza dei lavoratori con basse retribuzioni risulta in forte crescita, passando dal 17,7% del 2006 al 22,2% nel 2017. Quasi un lavoratore su 5 percepiva nel 2017 una retribuzione bassa con il rischio più elevato per gli occupati in regime di part-time. Si conferma la più forte vulnerabilità delle donne: il lavoro povero è più diffuso nel segmento femminile della forza lavoro con la quota delle lavoratrici con bassa retribuzione attestatasi al 27,8% nel 2017 a fronte del 16,5% tra i lavoratori uomini.

L’Italia, come il resto d’Europa, è attualmente alle prese con la nefasta congiuntura pandemica, le prospettive di una nuova recessione associata al conflitto in Ucraina, la pericolosa spirale inflazionistica. Tutti fattori che, insieme alle trasformazioni economiche in atto, rischiano di impoverire ulteriormente il lavoro e ampliare i divari preesistenti. La povertà lavorativa e le disuguaglianze che contraddistinguono il nostro mercato del lavoro hanno tuttavia radici profonde e determinanti strutturali. «Siamo un Paese in cui la deindustrializzazione è datata e l’espansione dell’occupazione ha interessato nell’ultimo ventennio settori a bassa produttività del lavoro e con salari orari più bassi – aggiunge Barbieri – La strategia competitiva di molte imprese si basa cronicamente sulla compressione del costo del lavoro, favorita dalle politiche di flessibilizzazione che hanno visto la moltiplicazione delle tipologie contrattuali atipiche e una progressiva riduzione dei vincoli per i datori di lavoro ad assumere lavoratori con contratti a termine o a esternalizzare attività o parti del ciclo produttivo. La proliferazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro riduce, inoltre, la capacità della contrattazione di garantire minimi salariali adeguati». Se il primo anno della pandemia ha impattato negativamente i segmenti più vulnerabili della forza lavoro – i giovani, le donne, i lavoratori stranieri – più frequentemente occupati in posizioni meno stabili e meno tutelate, la ripresa del 2021 ha visto il recupero dei rispettivi tassi di occupazione. A conferma del fatto che le forme precarie di lavoro sono le prime a risentire dei momenti di crisi e le prime a recuperare fisiologicamente nei momenti di ripartenza, la nuova occupazione è risultata però prevalentemente a tempo determinato e di breve durata.

Oggi la debolezza qualitativa della ripresa occupazionale, si configura come un ritorno al circolo della precarietà, con prospettive di vita e autonomia flebili e grave incertezza sul proprio futuro per troppe persone ridotte sul lastrico dalla pandemia. É il quadro che emerge da un’indagine qualitativa - contenuta nel rapporto - condotta tra novembre e dicembre 2021 tra gli operatori dei community center di Torino, Milano, Bologna, Empoli, Prato, Firenze, Campi Bisenzio, Arezzo, Napoli e Catania. Centri gestiti da Oxfam con partner locali e la Diaconia Valdese. «La ripartenza del 2021 ha visto una maggiore propensione, rispetto al periodo pre-pandemico, dell’utenza dei nostri centri ad accettare qualsiasi lavoro. Prevalgono occupazioni deboli e saltuarie: riscontriamo con maggior frequenza casi di concatenazione di impieghi di breve durata e di sovrapposizione di più contratti intermittenti. Non mancano le irregolarità - da lavoro nero a diverse fattispecie di lavoro grigio - e gli abusi subiti da soggetti più fragili e più facilmente ricattabili, in posizione di debolezza rispetto ai datori di lavoro o scarsamente consapevoli dei propri diritti - conclude Barbieri - Siamo molto contenti di aver firmato negli scorsi mesi un protocollo di intesa con la Comunità Valdese finalizzato a rafforzare ed ampliare una comune rete nazionale di community center che offre servizi di informazione, ascolto, orientamento e sostegno concreto a chi si trova in situazione di fragilità economica e sociale per combattere e prevenire disuguaglianza e povertà».


Per colmare gli storici ritardi accumulati, tenendo conto della fase storica ed economica che il paese sta attraversando, con le sue incertezze ed opportunità, Oxfam propone di:

  • limitare l’uso di deroghe - da parte delle stazioni appaltanti che struttureranno i bandi del PNRR e del Piano Nazionale degli Investimenti Complementari (PNC) - al vincolo imposto agli operatori economici aggiudicatari di destinare ai giovani sotto i 36 anni di età e alle donne almeno il 30% dell’occupazione aggiuntiva creata in esecuzione del contratto, per evitare il rischio di veder perpetuate vulnerabilità esistenti, soprattutto con riferimento alla nuova occupazione femminile;
  • garantire un robusto monitoraggio del rispetto della clausola occupazionale prevedendo flag specifici per le nuove assunzioni da parte degli aggiudicatori dei bandi del PNRR e del PNC all’interno del sistema delle comunicazioni obbligatorie;
  • ampliare le condizionalità alla qualità del nuovo lavoro creato - grazie ai bandi del PNRR e del PNC e agli incentivi pubblici alle imprese - per garantire una più equa condivisione, tra i fattori produttivi, dei benefici ricavati dalle nuove attività finanziate o supportate dall’operatore pubblico;
  • disincentivare l’utilizzo dei contratti a termine, con previsione di causali stringenti e circoscritte e introdurre limitazioni all’esternalizzazione del lavoro mediante appalti a imprese multiservizi;
  • previo accordo tra le parti sociali, sui criteri di misurazione della rappresentatività sindacale e datoriale, estendere per via legislativa l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra soggetti maggiormente rappresentativi;
  • introdurre un salario minimo legale, per colmare gli ambiti di attività non coperti dai contratti collettivi e rafforzare il potere negoziale dei lavoratori autonomi che condividono alcune caratteristiche con i lavoratori subordinati. Per stabilire la definizione della retribuzione da assumere come soglia e l’ammontare della soglia stessa, è necessaria l’istituzione di un organo collegiale (con rappresentanza paritetica delle parti sociali), titolare anche della verifica e della definizione di criteri di aggiornamento periodico dell’ammontare della misura da attuare tenendo conto della congiuntura economica, dell’andamento dei salari contrattuali e dell’evoluzione del sistema tax-benefit.

Dopo la presentazione del nuovo rapporto, il calendario di appuntamenti in programma all’Istituto degli Innocenti di Firenze, proseguirà con l’incontro Scuola: attore chiave nella lotta alle disuguaglianze, a cui parteciperà il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi; il panel dedicato alle disuguaglianze di accesso alla salute al tempo della pandemia con Walter Ricciardi, Consigliere scientifico del Ministro della Salute; il focus sul dramma delle persone in fuga dalla guerra, introdotto e moderato dall’ambassador di Oxfam, Ilaria D’Amico, con le testimonianze degli inviati di Avvenire e La Stampa, Nello Scavo e Monica Perosino; l’incontro Dialoghi sulla disuguaglianza, con Marina Sereni, Vice Ministra degli Affari Esteri, Ezio Mauro, editorialista di Repubblica, Giuseppe Provenzano, già Ministro per il Sud e per la coesione territoriale; Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International e Leonardo Becchetti, economista.

Il programma completo è consultabile su: https://festival.oxfam.it/.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: