mercoledì 25 gennaio 2023
Due milioni di lavoratori e l’8% di Pil per uno dei settori chiave dell’economia italiana. La Fim Cisl: detassare gli aumenti per tutelare il potere d’acquisto
La presentazione del Rapporto sulla metalmeccanica

La presentazione del Rapporto sulla metalmeccanica - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

La metalmeccanica – al contrario della narrazione corrente – sta dimostrando di essere resiliente. Quasi due milioni di occupati, l’8% del Pil, il 50% delle esportazioni con un andamento tendenzialmente crescente negli ultimi anni: oltre i due terzi dell'occupazione è concentrata nei comparti della metallurgia e prodotti in metallo e dei macchinari, mentre il peso del comparto auto e mezzi di trasporto in generale (15%) è inferiore ad altri Paesi europei. In confronto ad altri settori può vantare salari più alti della media, meno precari, tasso di infortuni in calo da una decina d’anni (sebbene tale miglioramento si sia arrestato tra il 2020-21), più produttività. Un lavoratore metalmeccanico, infatti, guadagna in media oltre 40mila euro e i salari sono aumentati fino al 2021 più dell'inflazione. Anche i differenziali retributivi tra uomini e donne sono più bassi dell'economia in generale. È quanto sottolinea il rapporto della Fim Cisl e del Centro ricerche Ref Il cruscotto del lavoro della metalmeccanica, precisando che ora la sfida è il rientro del carovita e delle dinamiche salariali. « Ritorno dell’inflazione, invecchiamento della popolazione lavorativa, criticità crescenti sui mercati internazionali e rischio recessione sono fattori nuovi che rischiano di rimettere in discussione i livelli di tutela che i metalmeccanici hanno conquistato », spiega il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia. Quanto emerge dal rapporto «richiede al sindacato metalmeccanico tanto coraggio nell’innovazione delle proposte e delle strategie. Va superata una rappresentazione datata del lavoro piena di luoghi comuni. Serve invece riuscire a contrattare le riforme soprattutto in tema di competenze, di riconoscimento del contributo dei giovani e della partecipazione. Il fatto che il lavoro metalmeccanico contenga più salario, più tutele e qualità rispetto al resto della economia non ci deve consolare, ma spronare a nuovi obiettivi sindacali». Ecco perché, oltre alla contrattazione nazionale, bisogna puntare anche alla contrattazione aziendale, alla detassazione degli aumenti e alle politiche fiscali per fare in modo che i salari recuperino tutto il potere d'acquisto di fronte all'alta inflazione. «Siamo di fronte a una fase congiunturale molto delicata, con un’inflazione terribile – continua Benaglia –. Noi dobbiamo dare recupero al potere d’acquisto dei salari, abbiamo una clausola di salvaguardia importante nel contratto nazionale dei metalmeccanici rinnovato nel 2021: a giugno prossimo avremo un aumento che, invece dei 27 euro previsti due anni fa, sarà adeguato all'Ipca misurato in quel momento». Anche dal punto di vista della produttività si registra una sorpresa: in dieci anni il comparto metalmeccanico cresce di 15 punti, grazie al traino delle esportazioni. In effetti la conferma arriva anche dall'indice Pmi composito dell'Eurozona, che torna sopra la soglia dei 50 punti a gennaio per la prima volta da giugno scorso. In particolare, l'indicatore calcolato da S&P Global sale a 50,2 punti dai 49,3 di dicembre. La fiducia balza in alto indicando un forte miglioramento delle prospettive di attività nei prossimi 12 mesi, mentre gli ordini mostrano un tasso di contrazione ridotto. Prende slancio anche la crescita occupazionale, con le aziende che si preparano a un anno migliore rispetto a quanto precedentemente previsto. «Servono politiche industriali che puntino alla crescita dimensionale delle imprese, a gestire la transizione tecnologica ed ecologica per sostenere non solo la domanda, ma anche l’offerta, l’innovazione di prodotto, la ricerca e lo sviluppo », conclude il direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: