giovedì 16 giugno 2022
La Cina è invece di fatto il primo fornitore di materie prime critiche in Europa (44% del totale). O impariamo a riciclare o rischiano di saltare interi settori strategici.Lo Studio Ambrosetti-Erion
 Vale 107 miliardi la dipendenza italiana dalla Russia

Ansa

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Non ci resta che il riciclo tecnologico. Altrimenti con il conflitto russo-ucraino rischiamo di giocarci i settori economici strategici del Paese e mandare in malora la transizione ecologica. Una ricerca di Ambrosetti –Erion getta un’ombra inquietante sull’approvvigionamento di materie prime critiche (quelle fondamentali per l’industria ma a più alto rischio di fornitura). L'Italia dipende per 564 miliardi di euro (pari a circa un terzo del Pil al 2021) dall’importazione da Paesi extra Ue. Alluminio, platino, rodio e palladio lo prendiamo dalla Russia: un valore di quasi 107 miliardi di euro di produzione industriale.

Il resto (in gran parte) lo importiamo dalla Cina: il Dragone è di fatto il primo fornitore di materie prime critiche in Europa (44% del totale) e principale esportatore dell’UE di terre rare (98% del totale). Quest’ultime contribuiscono alla generazione di quasi 50 miliardi di euro della produzione industriale italiana e hanno visto crescere tra il 2017 e il 2020 il rischio di fornitura di quasi 1 punto. La Cina supera di quasi 4 volte le quote di Sud Africa (9%), Repubblica Democratica del Congo (5%) e Stati Uniti d’America (3%), conquistando un primato a livello mondiale sull'esportazione di materie prime critiche.

Che per noi sono indispensabili: nell’industria aerospaziale (87% del totale), per quella ad alta intensità̀ energetica (80%), per l’elettronica e l’automotive (70%) e soprattutto per le energie rinnovabili (60%). Sviluppare l’industria dell’eolico, del fotovoltaico e della mobilità elettrica: o troviamo queste risorse oppure addio transizione green.

Una grossa mano può derivare dai rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche da cui si possono ricavare le materie prime critiche: risparmieremmo 1 milione di tonnellate di CO2 e guadagneremmo 208 milioni di euro. Solo che in Italia non va mica tanto bene: nel 2021 abbiamo riciclato correttamente solo il 39,4% degli apparecchi a fronte di un target europeo da raggiungere del 65%. Lo stesso vale per pile e accumulatori, per cui il nostro Paese è tra gli ultimi classificati in Europa con il 43,9%.

Per centrare gli obiettivi lo Studio suggerisce di agire su più dimensioni: normativa (adeguamento della disciplina di raccolta dei prodotti tecnologici e incentivazione di meccanismi di raccolta, sviluppo di “ecopoint” diffusi sul territorio) ma soprattutto impiantistica (semplificazione delle procedure autorizzative visto che in media oggi la realizzazione di un impianto richiede 4,3 anni).


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