sabato 24 agosto 2013
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Nel Meeting dell’emergenza-uomo si parla di anche di “emergenza welfare”. Che i privati vantino un pesante credito nei confronti della pubblica amministrazione è cosa nota, quel che sorprende però è che nell’ambito di questa enorme massa di prestazioni non onorate la parte più rilevante riguardi il settore economico più debole, e che si occupa dei più deboli, cioè quello de del non profit e le cooperative sociali. Intestatari di circa il 70 per cento dei crediti, che ammontano in tutto a circa 37 miliardi. Un ritardo e un’incertezza in grado di mettere praticamente in ginocchio un settore, che invece prova a resistere anche ai morsi della crisi.In sala Neri si parlava del “bene di tutti” e delle “prospettive del welfare italiano ed europeo”, con alcuni importanti attori dell’economia sociale a confronto con il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi, moderati dalla presidente del settore sociale della Compagnia delle Opere Monica Poletto.Moavero ha rievocato l’azione dei padri dell’Europa De Gasperi, Adenauer e Schuman per evidenziare come si trattasse di tre leader nati al confine delle loro nazioni, quindi forse già proiettati più di altri alla condivisione e alla contaminazione, «ma uniti anche dalla tradizione solidaristica cristiana, che va riscoperta di fronte a un Parlamento europeo con evidenti caratterizzazioni laiciste», dice il ministro chiamando in causa Carlo Casini, seduto in prima fila, che ne sa qualcosa al riguardo. Da questi dati «emerge uno spaccato delle carenze del sistema Italia, che ha promesso all’Europa di pagare a 30 giorni e paga invece in media a 120». Insomma, «no-profit non è no-problem», sintetizza Andrea Ceccherini, Provveditore della Misericordia di Firenze. Ma l’invito del ministro è a non arrendersi, a imparare a interloquire con le istituzioni europee e a confrontarsi con le imprese sociali anche degli altri Paesi del continente, con i quali «c’è sempre più bisogno di interfacciarsi». Facendo uso di strumenti che non mancano, e che nei casi di «servizi di interesse generale» consentono di aggirare le normative europee che vietano gli aiuti di Stato in base al principio della libera concorrenza. Monsignor Angelo Bazzarri, presidente della Fondazione don Gnocchi, ripercorre la storia dell’opera del grande sacerdote dei mutilatini, elevato agli onori degli altari nel 2009. «Un debito da pagare, una cambiale da onorare», così il sacerdote descriveva la sua opera Pro Juventute nata nel 1952, diventata – dopo la sua morte – una onlus dal 1998 e anche una ong dal 2002 per poter andare anche all’estero, presente oggi in Africa, con due centri in Rwanda e Sierra Leone che riprendono l’antica vocazione dell’opera, venendo in soccorso al dramma dei bambini-soldato. Ma l’opera di don Gnocchi solca sempre nuovi terreni, dai bambini dell’origine, centrale oggi è anche la cura degli anziani in oncogeriatria e dei malati terminali, con un’attenzione particolare anche alla ricerca e alla bio-ingegneria. Un obiettivo che il sacerdote lombardo aveva ben chiaro nello sviluppo della sua opera, per completare la «solidarietà», diceva, «al mistero del dolore».Nell’incontro Gianluca Chiodo, responsabile giuridico della Cooperativa Giotto di Padova, ha raccontato la sua esperienza - ben conosciuta a Rimini per l’opera che svolge nelle carceri, e il lavoro che ha permesso a 130 detenuti - ma soprattutto ha fornito alcuni dati che permettono di capire come il reinserimento sociale delle categorie più deboli contenga anche una grande potenzialità economica. «Un disabile fisico messo in grado di lavorare comporta da 15mila a 30mila euro annui di risparmio per le casse dello Stato - spiega Giotto -, un disabile psichico circa 50 mila, un detenuto ben 90mila».   C’è tanto ritardo da recuperare, quindi, «ma questo può diventare un grande campo da arare», ha messo il ragionamento in positivo, il ministro. Ma c’è, su tutto, il grande interrogativo sulla stabilità politica che, per Moavero, «affianca sempre di più quello della stabilità economica e dei conti pubblici. Il valore della stabilità è notevole per la Ue e per il nostro Paese a maggior ragione, che deve dimostrare di aver ben recepito, avendo dato la percezione di un paese che  cambiava un Governo all’anno. Mantenere stabilità – conclude il ministro degli Affari Europei - è fondamentale nei confronti dell’Europa e degli investitori dai quali il nostro Paese, che ha un elevato debito pubblico, dipende fortemente».
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