sabato 14 gennaio 2012
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La tregua in Borsa è durata solo un giorno. Ventiquattr’ore e poi la sindrome spread è ripartita. «Non torneremo più ai periodi di pace economica e finanziaria a cui eravamo abituati in passato» è la malinconica constatazione di Giovanni Manghetti. Nel racconto di questo banchiere, già presidente dell’Isvap e oggi a capo della Cassa di Risparmio di Volterra, c’è la consapevolezza che una nuova stagione di instabilità si è aperta e che non potremo uscirne senza un’azione concertata a più livelli: dai governi alle autorità internazionali, dalle banche alle imprese sino all’opinione pubblica, mondiale e nazionale. Ecco perché la nuova bocciatura di Standard & Poor’s ai Paesi della zona euro va letta in una prospettiva diversa rispetto a quelle precedenti: è come un segno dei tempi, il simbolo di un attacco inedito a tutto il Vecchio continente.«Le agenzie di rating in questo momento hanno occhiali per vedere più le debolezze del sistema politico europeo, che i suoi punti di forza. Si rendono conto che le nostre economie sono molto fragili e colpiscono duramente il debito dei Paesi sovrani. Ma non dimentichiamo quali sono gli interessi che rappresentano».A cosa si riferisce?Dietro a S&P ci sono gli interessi americani, che rischiano di inquinare sempre di più l’autonomia delle società di valutazione internazionali. E gli Stati Uniti non sono certo spettatori disinteressati di quanto sta accadendo in Europa. Il 2012 sarà un anno elettorale negli Usa e non si sa fino a quando la loro opinione pubblica potrà accettare un dollaro così debole nei confronti della moneta unica.Per l’Italia non è il primo downgrading, per la Francia invece sì. Che effetti ci saranno?Abbassare il giudizio sulla capacità di solvibilità di un Paese significa, a catena, declassare le grandi banche e le grandi imprese. Serve subito una risposta coerente e decisiva da parte dell’Europa, innanzitutto a livello politico. In tre direzioni: rafforzamento immediato del Fondo salva Stati, accelerazione sul via libera agli Eurobond e provvedimenti radicali a favore della crescita.La Germania si è salvata dal ciclone di S&P. Non c’è il rischio che questo finisca per accelerare il suo desiderio di staccarsi dal resto d’Europa?Anche a Berlino pesano molto gli equilibri interni e in questi mesi le preoccupazioni tedesche sono state comprensibili. Ma ora è sempre più in gioco l’unità dell’Europa e la costruzione stessa della moneta unica. Non è l’ora delle barricate, è l’ora della responsabilità. Con le mosse delle agenzie di rating, si finisce per minare ulteriormente la stabilità dei mercati e questa debolezza si ripercuoterà su Stati come il nostro, con debito alto e crescita zero.Un altro segnale di sfiducia resta la liquidità "parcheggiata" in quantità crescente dalle banche presso la Bce. Perché?Le banche negli ultimi mesi hanno fatto alcuni errori di tipo strategico, sottovalutando l’importanza del mercato interbancario. Riversando a Francoforte la liquidità in eccesso, hanno dimostrato di non fidarsi le une delle altre. Per questo andrebbe creato un prestito overnight di 24 ore, in grado di rilanciare la fiducia tra i diversi istituti attraverso accordi bilaterali.
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