giovedì 30 settembre 2021
Analisi di Censis e Confcooperative: alle imprese mancano 233mila addetti, resta forte il "mismatch" tra offerta e domanda di lavoro. Gardini: serve un "Patto Sociale" tra governo, imprese e sindacati
La carenza di lavoratori ci costa l'1,2% del Pil

Ansa

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Resta difficile il rapporto tra domanda e offerta di lavoro in Italia. La mancanza di competenze e di profili che le imprese reclamano per sostenere i propri obiettivi di crescita e di sviluppo si aggirano come uno spettro lungo il cammino della ripresa post-pandemia. Sono mancati strumenti e meccanismi di sistema in grado di affrontare il disallineamento. Nel secondo trimestre 2021 nell’industria e nei servizi, il numero dei posti vacanti supera la soglia di 233.500 persone.

«Oltre 21 miliardi, l’1,2% del Pil, è il conto, salato, che il Sistema Italia paga a causa del mancato incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro. Quello che il nostro Paese sta vivendo è un paradosso che non possiamo continuare ad alimentare: l’economia è in ripresa, le aziende vogliono assumere, ma mancano all’appello oltre 233mila profili professionali adeguati alla richiesta. Se le imprese fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui hanno bisogno, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% al 7,1%». Così Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commenta il focus Censis Confcooperative: Mismatch , il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no.

Per il 2021, dando per confermata la stima di crescita del Pil al 5,9% accreditata dall’Ocse, si prevede un prodotto interno lordo pari a 1.751 miliardi di euro, 97,6 miliardi in più rispetto al “terribile 2020”, sebbene non sufficienti a recuperare i valori precedenti la crisi. Va rilanciata la formazione di competenze che supportino i processi di cambiamento e appare fondamentale il protagonismo che possono assumere gli Istituti tecnici. La soluzione praticata in questi ultimi anni di tamponare l’insorgenza della povertà anche di chi è occupato è stata sacrosanta, ma senza affrontare alla radice il tema dell’occupabilità. Vanno migliorati gli strumenti di collocamento pubblici con l’aiuto dei privati.

«Il lavoro non può diventare un vincolo al consolidamento della ripresa, occorre uno scatto in avanti, passando da politiche passive a politiche attive per l’occupazione. Un “Patto sociale” tra governo, imprese e sindacati. Non vedere le cose da questa prospettiva – aggiunge Gardini – significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, uno su tre giovani e tre milioni di Neet, la metà donne».

Anche se l’incertezza frena la domanda di lavoro, infatti, aumenta il tasso di posti vacanti nell’economia italiana. Gli ultimi dati, pubblicati dall’Istat, sul secondo trimestre di quest’anno, segnalano un valore dell’1,8%. Sul piano settoriale il tasso di posti vacanti supera la soglia del 2% nelle costruzioni (2,4%), nei servizi di informazione e comunicazione (2,1%) e nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (2,1%). Nell’ambito delle attività di alloggio e ristorazione il tasso raggiunge il 2,3%, con un incremento di 0,4 punti rispetto al primo trimestre di quest’anno.

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