domenica 22 marzo 2020
Le aziende costruttrici costrette a chiudere gli stabilimenti non si fermano. Dalla Ferrari alla Ford, da Fca alla Honda si punta a trasformare gli impianti per iniziare a produrre macchinari sanitari
L'interno dello stabilimento Ferrari di Maranello

L'interno dello stabilimento Ferrari di Maranello - Ferrari

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Anche l’industria automobilistica mondiale si è fermata davanti al coronavirus. BC Capital Markets stima per il 2020 un calo almeno del 16% della produzione totale. Le conseguenze economiche sul comparto – già ora pesantissime – dipenderanno ovviamente dai tempi della ripresa, ma rischiano di diventare drammatiche per i bilanci di molti costruttori. Chiudere impianti produttivi e concessionarie ha significato lo stop a un colosso che vale il 7% del Pil dell’Unione Europea e che tra lavoratori diretti e indotto, occupa 13,8 milioni di persone in Europa. Oltre alle ricadute sul piano occupazionale, un blocco prolungato potrebbe avere pesanti ripercussioni a livello commerciale, finanziario e in termini di innovazione per un settore che genera complessivamente un volume d’affari di 1.320 miliardi di euro. Per di più in un periodo in cui i costruttori stanno pesantemente puntando sulle nuove tecnologie, come elettrificazione e guida autonoma: addirittura il 28% di tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo a livello europeo deriva dall’automotive.

Complessivamente le principali Case costruttrici possiedono 309 stabilimenti sul territorio europeo e il comparto automobilistico nel suo complesso (quindi compresa anche manutenzione, distribuzione) impiega il 6,1% di tutta la forza lavoro della Ue. Fiat–Chrysler e Maserati hanno sospeso la produzione nella maggior parte dei loro impianti fino al 27 marzo, chiudendo in Italia Melfi, Pomigliano, Cassino, le carrozzerie di Mirafiori, Grugliasco e Modena; e all’estero le fabbriche di Kragujevac in Serbia e Yychy in Polonia. La sospensione – spiega Fca in un comunicato – consente al Gruppo di rispondere efficacemente all’interruzione della domanda del mercato garantendo l’ottimizzazione della fornitura, in modo tale da consentire al Gruppo di riavviare la produzione tempestivamente quando le condizioni del mercato lo consentiranno.

«Con l’arresto di tutta la produzione e la chiusura della rete di vendita sono in gioco 14 milioni di posti di lavoro in Europa», conferma Eric-Mark Huitema, direttore generale di Acea, l’associazione dei costruttori europei, che chiede azioni forti e coordinate a livello continentale per dare un sostegno immediato alla liquidità delle case automobilistiche, ai loro fornitori e ai rivenditori. «Dobbiamo adottare misure concrete per evitare danni irreversibili al settore con una perdita permanente di posti di lavoro, capacità produttiva, innovazione e ricerca. In secondo luogo l’Europa dovrebbe prepararsi a stimolare la ripresa del settore che contribuirà in modo decisivo alla ripresa di tutta l’economia europea». Il direttore generale dell’Acea spiega che «è importante continuare a produrre pezzi di ricambio e ad assicurare le reti di assistenza ai veicoli per la logistica e per i servizi di emergenza come ambulanze, vigili del fuoco, forze dell’ordine, organizzazioni umanitarie e medici».

Gli ultimi dati ufficiali relativi al mercato continentale sono quelli di fine febbraio, quando ancora gli effetti della diffusione della pandemia non si erano fatti sentire, e già allora le immatricolazioni avevano fatto segnare una flessione del 7,3% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor «il consuntivo dei primi due mesi del 2020 passerà alla storia come lo spartiacque tra l’auto prima del coronavirus e l’auto dopo il coronavirus. L’impatto della pandemia sarà estremamente duro nel conti di fine marzo e nei mesi successivi, e sino al termine dello stato di allarme interesserà tutti i mercati dell’area».

In attesa di un “dopo” temporalmente difficile da ipotizzare, molti costruttori stanno pensando a come riconvertire i propri impianti per realizzare strumenti sanitari adatti a combattere l’epidemia. Ferrari e Fca, insieme con il produttore di componenti automobilistici Magneti Marelli, stanno discutendo con la Siare Engineering International di Bologna, numero uno in Italia per le macchine per la ventilazione, per cercare soluzioni e aumentare la produzione di questi apparecchi. Anche Ford, Honda, Jaguar Land Rover e Rolls Royce hanno confermato di aver avuto nei giorni scorsi contatti informali con rappresentanti del governo di Londra con obiettivi simili. Per rendere i loro stabilimenti operativi però serviranno mesi. Lo sostiene Robert Harrison, professore di automazione dei sistemi alla università di Warwick, secondo il quale il quale la riconversione di una fabbrica è un enorme lavoro. «Bisogna – sostiene il docente – non solo cambiare i macchinari, ma anche formare il personale per costruire e testare ogni nuovo oggetto».

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