giovedì 4 novembre 2021
Sono passati da 5,37 milioni a 4,07 milioni. L'economia dei "lavoretti" tra opportunità e tutele. Le imprese hanno fame di formazione. Gesa e Feat Food assumono personale nella ristorazione
Alla ricerca di equilibrio tra famiglia e lavoro

Alla ricerca di equilibrio tra famiglia e lavoro - Archivio

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Secondo un ricerca dell’Osservatorio Smart Working, nel corso del 2021 con l’avanzamento della campagna vaccinale è progressivamente diminuito il numero dei lavoratori agili, passati da 5,37 milioni nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel terzo trimestre. A settembre, infatti, si contano complessivamente 1,77 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, 630mila nelle pmi, 810mila nelle microimprese e 860mila nella Pa. Progetti di smart working strutturati o informali sono presenti nell’81% delle grandi imprese (contro il 65% del 2019), nel 53% delle pmi (nel 2019 erano il 30%) e nel 67% delle Pa (contro il 23% pre-Covid). Questo graduale rientro in ufficio non segna in generale un declino del lavoro agile, al contrario al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati a settembre: si prevede saranno 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle pmi, 970mila nelle microimprese e 680mila nella Pa. Il lavoro agile rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali, nel 62% delle Pa, in cui prevalgono le iniziative strutturate, ma anche molta incertezza sul futuro e nel 35% delle pmi, fra cui prevale un approccio informale (22%) ed è forte la tendenza a tornare indietro. Le modalità di lavoro torneranno a essere ibride, alla ricerca di un miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza: nelle grandi imprese sarà possibile lavorare a distanza mediamente per tre giorni a settimana, due nelle Pa. La scelta di proseguire con il lavoro agile è motivata dai benefici riscontrati da lavoratori e aziende. L’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte di grandi imprese (89%), pmi (55%) e Pa (82%). Ma la combinazione di lavoro forzato da remoto e pandemia ha avuto anche conseguenze negative: è calata dal 12% al 7% la percentuale di quelli pienamente “ingaggiati”, il 28% ha sofferto di tecnostress, il 17% di overworking.

Poter lavorare in qualsiasi luogo che non sia necessariamente la sede di lavoro, ma avendo la possibilità di usufruire di un ufficio tecnologicamente avanzato che dia anche la possibilità di incontrare e relazionarsi con i colleghi. Questa, invece, la fotografia dell’ufficio del futuro, secondo la ricerca realizzata da Sharp che ha coinvolto circa 6mila lavoratori impiegati nelle piccole e medie imprese di tutta Europa. Rispetto al contesto italiano, alla domanda su quale fosse la priorità rispetto al proprio lavoro in un prossimo futuro, il 73,54% degli intervistati non ha avuto dubbi: la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo. Esigenza, questa, sentita soprattutto dagli under 30 (66,79%). Segue la possibilità di avere un ambiente dinamico (70,21%) e, infine, poter incontrare fisicamente e confrontarsi con i propri colleghi (60,11%).

Uno studio di The Adecco Group rileva anche che nel mondo una larga fetta (53%) dei lavoratori desidera un modello di lavoro ibrido in cui è possibile lavorare da remoto almeno la metà del tempo, con una vasta percentuale di dipendenti (71%) che dispone di tutto l’occorrente per lavorare benissimo da casa. L’Italia è in linea con la media per il desiderio di lavorare da remoto (52%) ma sono quattro su dieci i lavoratori che non hanno tutto il necessario per lavorare comodamente da casa nel nostro Paese. Più di tre quarti dei lavoratori vogliono mantenere un orario flessibile, tornando sì in ufficio, ma alle proprie condizioni. Questo vale soprattutto per i giovani e per chi ha figli, con i secondi che vorrebbero poter tornare in ufficio in misura maggiore (51%) rispetto a i primi (42%). La produttività non è stata intaccata dal cambiamento con l’82% dei lavoratori che si sente altrettanto o più produttivo rispetto a prima, sono aumentate anche le ore di lavoro (+14%) con il 63% dei dipendenti che svolge 40 ore o più di lavoro a settimana (in Italia è il 65%). La salute mentale tra i leader e i lavoratori è peggiorata, con il 38% che ha dichiarato di soffrire di burn out (il dato italiano è al 49%). Ed è crollata anche la motivazione (-13% rispetto al 2020 con l’Italia che fa registrare un -17%). Un maggior numero di lavoratori e leader (73%) vorrebbero che le loro performance fossero misurate in base ai risultati piuttosto che alle ore lavorate, mentre solo il 36% dei manager sta già valutando le performance dei dipendenti in base ai risultati. Il grado di soddisfazione nei confronti della leadership è basso e si registra una crescente mancanza di connessione con i dipendenti, tanto che solo un terzo dei lavoratori ritiene di ricevere il giusto grado di riconoscimento all’interno dell’azienda. L’ansia di tornare in ufficio è sentita maggiormente in Australia (53%), Regno Unito (52%) e Canada (51%).

Secondo alcune recenti ricerche, un italiano su due soffre di stress causato dal lavoro. E il Covid-19 ha peggiorato questa situazione: con la diffusione dello smart working, infatti, le persone colpite da esaurimento nervoso sarebbero aumentate addirittura del 20%. Da cosa dipende? Una delle cause potrebbe essere legata alla difficoltà di separare la propria vita privata da quella professionale oppure dalla difficoltà di staccare veramente dal proprio lavoro quando si vive costantemente connessi. Ma potrebbe esserci una ragione ancora più profonda: avere a che fare con manager o colleghi tossici che, a lungo andare, hanno impatti molto negativi sull’ambiente, sulle performance e sulla salute delle persone.

La “gig economy” in Italia, tra opportunità e tutele

La gig economy – l’economia dei lavoretti - ha comportato la creazione di nuove tipologie occupazione caratterizzate da modalità non continuative e a richiesta, per le quali è necessario ricercare una soluzione di equilibrio che garantisca flessibilità, costi contenuti e garanzie sociali. Si stima che in Italia siano attivi circa 700mila persone tra baby sitter, rider, idraulici, artigiani, addetti alle pulizie, traduttori e che a tendere (2025) il volume stimato del settore possa oscillare tra lo 0,7 e l’1,3% del prodotto interno lordo. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse per queste nuove forme lavorative e per le sottostanti dinamiche contrattuali di regolazione del rapporto di lavoro. La pandemia da Covid-19 ha poi reso ancora più urgente l’individuazione di una protezione sociale maggiormente inclusiva per gli addetti al settore, definiti anche lavoratori delle piattaforme. Per comprendere come superare gli attuali vincoli e garantire una copertura completa ed efficace a queste particolari categorie di lavoratori, l’Inps ha organizzato alcuni workshop di co-creazione con partner istituzionali e provenienti dal mondo privatistico, i cui lavori sono culminati nella progettazione di un Registro digitale per rider e piattaforme dove registrare tutti gli attori coinvolti e far confluire eventi e dati di processo relativi sia ai rapporti che alle modalità di svolgimento del lavoro. Per esempio Jobby – la piattaforma di lavoro temporaneo presente in Italia– ha siglato una partnership con Leroy Merlin, realtà leader nel settore bricolage e Do It Yourself - presente con oltre 50 punti vendita nel nostro Paese – per la fornitura di una nuova gamma di offerte accessorie dedicate ai clienti. Con questa partnership, infatti, Leroy Merlin sarà in grado di offrire ai clienti servizi altamente specializzati legati alla manutenzione della casa con la massima flessibilità. Attraverso Jobby Easy, la soluzione digitale e innovativa che consente di accedere a una rete diffusa di oltre 30mila lavoratori che mettono a disposizione le proprie competenze a fronte di ingaggi lavorativi tutelati e con garanzie come assicurazione contro infortuni e danni accidentali, compensi minimi garantiti eccetera.

Le imprese hanno fame di formazione

Il mondo del lavoro ha fame di formazione e acquisizione di competenze che possano condizionare positivamente la ripartenza economica al termine della fase più critica della pandemia. Secondo i dati Ocse, la formazione professionale in Italia è cresciuta del 113%, sospinta anche dalla possibilità di seguire on line e in ogni momento i corsi di apprendimento. È una tendenza in ascesa che anche Fonditalia ha registrato, restituendo percentuali e stime di un mondo del lavoro di nuovo positivamente orientato all’aumento delle competenze occupazionali. Avviato a novembre 2020, a durata annuale e articolato in sei Sportelli, l’Avviso Femi 2021.01 - la cui dotazione iniziale di 11 milioni di euro è stata aumentata a 13,5 milioni di euro - finanzia progetti di tipo aziendale, interaziendale ed individuale, concordati tra le Parti Sociali che promuovono il Fondo e le imprese aderenti. Al finanziamento delle proposte formative concorrono le risorse destinate dalle imprese aderenti nella misura dello 0,30% del monte salari. I primi quattro Sportelli si sono chiusi con 1.507 imprese beneficiarie e 24 Conti di Rete coinvolti. 508 i progetti approvati per un importo totale pari a 7,8 milioni di euro, il 58% della disponibilità attuale dell’Avviso, mentre i lavoratori destinatari della formazione sono stati 16.564. Il tessuto imprenditoriale italiano è composto maggiormente da pmi, ovvero realtà con un massimo di 49 dipendenti, ed è proprio a questo target che Fonditalia ha prestato particolare attenzione approvando, nello specifico, i progetti di 1.347 realtà di tutta la Penisola (748 aziende da uno a nove occupati, 599 aziende da dieci a 49 occupati). Non tutte le regioni hanno mostrato, tuttavia, la stessa attitudine verso la formazione. Solo la Lombardia conta ben 405 imprese beneficiarie delle attività a Sportello, mentre la Puglia 228 e la Campania 128. Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Piemonte sfiorano le centinaia, mentre la Sicilia si ferma a 84 imprese beneficiarie e il Veneto a 72. Un più alto numero di aziende ha coinciso con un maggior numero di lavoratori formati solo in Lombardia e Puglia, dove i destinatari coinvolti sono stati rispettivamente 4.254 e 3.297; seguono il Lazio con 1.770 destinatari, la Campania con 1.295, la Sicilia con 1.066 e il Piemonte con 1.037.

Intanto i rappresentanti di Confartigianato - in audizione alla Commissione Istruzione pubblica del Senato sul disegno di legge di riforma del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore – hanno chiesto il rilancio degli Its-Istituti tecnici superiori, che passa da un rapporto più stretto con le piccole imprese. Va infatti consolidata la presenza delle pmi nelle Fondazioni Its per garantire alle imprese le professionalità adeguate alle nuove sfide tecnologiche, in linea con gli obiettivi del Pnrr e offrire ai giovani qualificate opportunità di occupazione. Confartigianato ha indicato la necessità di favorire la partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza delle piccole imprese all’interno delle fondazioni Its e, di introdurre incentivi specifici finalizzati a equiparare in tutto e per tutto l’apprendistato di terzo livello a quello di primo livello. Secondo la Confederazione, infatti, il potenziamento degli Its dipende anche dal rafforzamento dell’apprendistato di alta formazione e ricerca come leva per l’occupazione, soprattutto per le piccole e medie imprese. In particolare, viene chiesto uno sgravio contributivo totale per i contratti di apprendistato di alta formazione attivati con giovani iscritti ai percorsi Its da parte delle piccole imprese e l’estensione alla tipologia di contratto di apprendistato di terzo livello degli stessi benefici normativi ed economici riconosciuti per le assunzioni effettuate con il contratto di apprendistato duale di primo livello. E ancora, la possibilità di trasformare, successivamente al conseguimento del diploma Its, il contratto di apprendistato di terzo livello in apprendistato professionalizzante, allo scopo di conseguire la qualificazione professionale ai fini contrattuali, prevedendo che la durata massima complessiva dei due periodi di apprendistato non ecceda quella individuata dalla contrattazione collettiva. Inoltre, per ampliare l’offerta formativa degli Its, Confartigianato ritiene opportuno che possano attivare anche un percorso biennale accompagnato da un terzo anno integrativo rivolto ai diplomati del biennio che intendano proseguire la formazione, conseguendo quindi un titolo parificato al livello di qualificazione delle lauree triennali.

Progetti di inclusione e miglioramento professionale

Diversità e inclusione significano anche accessibilità. Microsoft ha lanciato la nuova edizione del Diversity & Inclusion Report 2021. La multinazionale incoraggia i dipendenti a identificarsi volontariamente come portatori di disabilità proprio per poter promuovere un ambiente e una cultura sempre più sicuri e inclusivi e supportare i dipendenti in modo appropriato ed efficace. Per Microsoft, la disabilità è un valore e un punto di forza: le persone con disabilità, infatti, possono contribuire in prima persona al progresso e allo sviluppo di una società più inclusiva, attraverso l’applicazione della loro esperienza e delle loro competenze nei processi, nei prodotti e nella cultura aziendale a tutti i livelli. Cresce in Microsoft il numero dei dipendenti donna a livello globale che si attesta ora al 29,7% sul totale della forza lavoro (+1,1% vs. 2020), e al 25% del top management. Dato quello globale in linea anche con Microsoft Italia, dove la percentuale di donne è al 29,4%. Rispetto al 2017, la presenza delle donne in Microsoft è cresciuta del 64,9%.

Secondo i dati Istat riferiti a dicembre 2020, gli occupati in Italia sono diminuiti di 101mila unità di cui 99mila sono donne: una situazione, quella della disoccupazione femminile, che è andata peggiorando con la pandemia, ma che già prima risultava allarmante. Seguire le proprie passioni anche nel mondo del lavoro riuscendo a conciliare vita lavorativa e impegni familiari: sono questi gli obiettivi di Biz Academy (biz-academy.it), fondata da Cecilia Sardeo, imprenditrice di successo internazionale che accompagna oggi migliaia di donne a coltivare i propri sogni per trasformarli in un progetto di successo attraverso il digitale, senza dover necessariamente scegliere tra carriera e vita privata. Dall’artigiana che cercava una guida per insegnare alle donne a realizzare bambole di stoffa, alla cuoca imprenditrice che ha scelto di trasformare la sua passione in lavoro con il digitale.

Tra i progetti di inclusione e miglioramento professionale anche un percorso per l’apprendimento delle lingue straniere. Il più grande valore per un’azienda è infatti composto dalle persone che vi lavorano e investire sui propri dipendenti è un passo fondamentale per le realtà che vogliono trattenere e attrarre talenti, cogliendo le opportunità dei mercati internazionali. Gli esperti di didattica di Babbel for Business, la divisione di Babbel che si occupa di fornire corsi di lingue su misura per le aziende, hanno quindi raccolto alcuni dei vantaggi legati allo studio delle lingue in azienda.

1. Allargare gli orizzonti dei dipendenti Imparare a parlare una nuova lingua aumenta la fiducia in sé stessi: il passaggio dal non riuscire a esprimere neanche una parola, all’intrattenere intere conversazioni produce infatti un’ampia dose di serotonina nel cervello. Fornire ai dipendenti gli strumenti adatti per imparare una nuova lingua ne accrescerà l’autoconsapevolezza, espandendone orizzonti e ambizioni, sia personali che professionali.
2. Stabilire una connessione positiva con i clienti Essere in grado di comunicare con i clienti nella loro lingua madre può cambiare le dinamiche relazionali. Le persone presentano tratti di personalità diversi quando parlano la loro lingua madre, si sentono più a loro agio, più felici e più sicuri rispetto a quando parlano una seconda lingua. Dunque, organizzare un meeting nella lingua madre dei propri clienti contribuirà a favorire un sentimento positivo e la connessione con loro.
3. Trattenere i talenti Nelle aziende in cui vengono offerti benefici aziendali legati alla crescita dei dipendenti è più facile creare un senso di fiducia duraturo rispetto ad organizzazioni senza questo tipo di incentivi. Offrire questa possibilità può contribuire quindi a stabilire un nuovo senso di coesione con i dipendenti, facendoli sentire valorizzati e apprezzati e scoraggiando le ricerche verso nuove posizioni in altre aziende.
4. Rafforzare lo spirito di squadra
Imparare in gruppo è un ottimo modo per mantenere alta la motivazione e promuovere il senso di appartenenza al proprio team. Per stimolare al contempo l’apprendimento delle lingue e lo spirito di squadra può essere utile organizzare serate con film stranieri, pranzi o sessioni 1:1 in cui mettere in pratica con i colleghi ciò che si è studiato. I momenti di esercizio condiviso consentiranno ai dipendenti di imparare a parlare la nuova lingua più in fretta, migliorando i rapporti interni al team. 5. Rompere le gerarchie Il bello dell'apprendimento delle lingue è che prima o poi tutti sono principianti, indipendentemente dalla gerarchia. Ecco perché introdurre una soluzione come Babbel for Business può diventare un'opportunità per ridurre le distanze e offrire uno spazio che permetta a tutti di stare sullo stesso piano. Inoltre, se i manager sono coinvolti nell'apprendimento sarà molto più probabile che i loro team mantengano alta la motivazione.
6. Attirare dipendenti da tutto il mondo e dalla mentalità aperta Il mondo è sempre più connesso e con l’ampio ventaglio di possibilità di lavoro in remoto oggi disponibili i recruiter hanno accesso a talenti da tutto il mondo. Accogliere i nuovi arrivati parlando la loro lingua madre li farà sentire più a loro agio, apprezzati e stimati dal nuovo team, facilitandone l’inserimento nel nuovo contesto lavorativo.

7. Stabilire relazioni con le sedi di altri Paesi Introdurre lo studio delle lingue in azienda darà l'opportunità di interagire con i colleghi stranieri, favorendo così le relazioni e migliorando la comunicazione tra i vari paesi. Sarà inoltre più semplice per i dipendenti cogliere opportunità internazionali, come i viaggi all’estero o il gemellaggio nelle sedi di altri Paesi.

Le opportunità nella ristorazione e nell’accoglienza

Accorciare la distanza tra formazione e lavoro è il principio alla base del progetto pilota Horecamp, ideato da Fedegroup, azienda specializzata nella ristorazione per hotel con oltre 50 strutture in gestione sul territorio nazionale, in collaborazione con Gesfor e Teknous. Si tratta di un progetto di formazione “sul campo”. È una modalità formativa innovativa che porta in cattedra i migliori professionisti del settore ristorazione e hotellerie per trasmettere in maniera diretta e pratica esperienze e competenze a chi si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro. Chef, sommelier, bartender, pizzaioli, maître, camerieri di sala, food&beverage manager: ogni profilo vede un corso dedicato e interamente gratuito per il candidato, in un programma personalizzato in base al livello di competenze dimostrato durante il processo di selezione. Il corso combina formazione in aula con professionisti del settore food&beverage e hotellerie, laboratori didattici all’interno di strutture prestigiose e uno stage finalizzato all’assunzione al termine del percorso formativo.

Gesa e Feat Food assumono personale

Gesa, società che controlla Cioccolatitaliani, Pizzeria Italiana Espressa (Pie) e Bunburgers, assume 150 nuovi dipendenti per i propri locali. Innovazione tecnologica, un approccio internazionale alla ristorazione e un chiaro progetto imprenditoriale ha permesso a Gesa di aprire 14 nuovi punti vendita durante la pandemia ed entro dicembre ne aprirà altri sei legati alle tre insegne che si aggiungono ai 61 già attivi. Le nuove assunzioni saranno distribuite sia negli attuali punti vendita sia nei nuovi locali che saranno aperti a Milano, Torino e Brescia. In particolare la ricerca si concentra su store manager (30%), pasticceri (20%), addetti sala (20%), gelatieri (10%) e chef (20%). Intanto Feat Food, la start up food tech che ha ideato un innovativo servizio di meal planning che, sfruttando le potenzialità dell'Intelligenza Artificiale, consegna a domicilio piatti pronti personalizzati, è alla ricerca di personale. Per la sua sede di Milano, sono due le figure professionali ricercate: un senior Php Laravel developer e un data scientist. Si offre contratto a tempo pieno e indeterminato, con possibilità di svolgere il lavoro presso la sede di Milano o totalmente/parzialmente da remoto. Per candidarsi consultare la pagina Linkedin di Feat Food o mandare una mail a: jobs@featfood.it.

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