domenica 30 aprile 2017
E' il momento di un'ampia convergenza di soggetti sociali e istituzionali per salvare la compagnia
La partecipazione dei lavoratori una pista per salvare il vettore
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«Historia magistra vitae», anche se gli alunni sono quasi sempre ignoranti: che la critica dura, diffusamente rivolta alla decennale vicenda Alitalia, possa valere a non ripetere la caterva di errori sinora commessi, ma, come anche nell’ultimo caso, generalmente rilevati dai vari censori solo "ex post". È ora comunque di concentrarsi sul possibile futuro dell’impresa. Il 2 maggio sarà, salvo colpi di scena, richiesta l’amministrazione straordinaria. Nei sei mesi della relativa durata, l’operatività sarà sostenuta da un prestito-ponte di natura pubblica di 400 milioni ma a condizioni di mercato, per il quale non ricorrerà quindi il carattere di aiuto di Stato, a meno che non sopravvengano le abituali sofisticazioni della Commissione Ue. L’amministrazione straordinaria è prorogabile di altri tre mesi. Si è imboccata questa strada dopo l’esito del referendum tra i lavoratori, ma un tentativo ulteriore per una diversa soluzione, con uno sforzo rilevante delle parti sociali e del governo, sarebbe stato pur esperibile prima di immettersi nel percorso della gestione straordinaria.

Il punto centrale riguarda, accanto ai profili finanziari, la strategia di lungo periodo. Oggi siamo al primum non nocere. La vicenda non può approdare nella vendita di uno "spezzatino", dovendosi salvaguardare l’integrità di Alitalia. Non si può di colpo abbandonare ogni proposito di mantenere una compagnia aerea italiana, innanzitutto per le strette connessioni con l’economia in genere e, in specie, con i flussi turistici. Né può ipotizzarsi una cessione del tipo di quella ventilata a Lufthansa – da cui però la compagnia tedesca ha preso le distanze – che approderebbe a una piena incorporazione, per di più con un pesantissimo taglio degli organici oggi, compreso l’indotto, ammontanti a circa 20 mila.

Va da sé che l’amministrazione straordinaria dovrebbe durare il minor tempo possibile e che, comunque, non dovrebbe essere prorogata; in ogni caso, il suo sbocco non potrebbe essere la liquidazione. Ma, nel frattempo, occorre lavorare per una soluzione che potrebbe vedere anche interventi di compagnie estere, ma che dovrebbe puntare pure sul ruolo delle banche e su di un esperimento, da parte dei lavoratori, di meccanismi di "share economy" che leghino, accanto a quella fissa, una parte dei trattamenti ai risultati aziendali con la contropartita di specifiche attribuzioni. Alcuni interventi di esperti iniziano a ipotizzare variegate forme di partecipazione, insieme con una dosata, sostenibile riduzione degli organici. In questo quadro, un concorso della Cdp a condizioni di mercato non costituirebbe quell’unico intervento pubblico, diretto o indiretto, che il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan ha escluso, ancorché troppo rapidamente. Una ipotesi come questa ora prospettata regge, però, se vi è una solidità strategica e se le misure per la riduzione dei costi, che non sono affatto solo quelle del personale, e per la maggiore efficienza e competitività sono organiche e stabili, con un management all’altezza dei difficili, straordinari compiti, avendo sempre presenti gli interessi degli utenti: insomma, se le analisi e le valutazioni consentono di vedere, come appare possibile, un futuro per Alitalia. È il momento di un’ampia convergenza di soggetti sociali e istituzionali.

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