sabato 14 dicembre 2019
Onu, G20, Fmi: tutti ripetono che occorre agire per ridurre le diseguaglianze, ma nessuno si muove. In Italia ci prova il Forum Disuguaglianze Diversità coordinato da Fabrizio Barca
Fabrizio Barca: la lezione inglese per la sinistra italiana
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Per quanto il tema della disuguaglianza della ricchezza e dei redditi negli ultimi anni sia entrato nell’agenda dei “grandi problemi del mondo” il dibattito sulle soluzioni per contrastarla resta incredibilmente povero. Nazioni Unite, G20, il Fmi, Bce: tutti ripetono che occorre agire per ridurre le diseguaglianze, ma nessuno fa il passo successivo, cioè proporre un rimedio possibile. In Italia ci prova il Forum Disuguaglianze Diversità (Forumdd), un’alleanza lanciata nel 2018 fra otto organizzazioni, compresa Caritas Italiana, e decine di ricercatori. Il Forum ha prodotto 15 proposte per la giustizia sociale, presentate lo scorso marzo, e in questi giorni ha pubblicato, con Laterza, il libro elettronico gratuito Cambiare rotta: più giustizia sociale per il rilancio dell’Italia, firmato da Fabrizio Barca, coordinatore del Forumdd, e da altri sette esponenti del Forum. Anticipiamo alcuni temi tratti dall'intervista all'autore e coordinatore del Forumdd che pubblichiamo domani su Avvenire.

La Legge Finanziaria che il Parlamento sta approvando in questi giorni vi sembra un passo avanti verso la riduzione delle disuguaglianze?
Come mi ha insegnato Amartya Sen, bisogna chiedersi se una novità migliora o peggiora la situazione. Ecco, questa Finanziaria è migliore di quella precedente, senza dubbio. Se mi chiede se è un passo avanti coraggioso, allora devo dire che no, non lo è.

Il pessimo risultato elettorale dei laburisti guidati da Jeremy Corbyn sembra confermare però che c’è poco consenso per proposte radicali di sinistra.
Quel voto ci dice molto, ma non questo. Ci dice che Johnson, ha avuto successo nel trasformare la questione sociale in questione identitaria e nazionale. Ci dice che i neoliberali di ogni colore di fronte a proposte serie di cambiamento smettono di piangere sulle disuguaglianze e sposano la destra autoritaria; con i loro media, come da noi. Ci dice che ci vuole tempo e duro lavoro per mettere sul tavolo proposte che ricostruiscono un ruolo dello Stato, dopo che per anni hai ripetuto che il pubblico lavora male. Detto questo, non esageriamo sulla “disfatta” di Corbyn: è andato molto peggio del 2017, ma comunque ha preso più del 32% dei voti, percentuale che la sinistra italiana si sogna.

C’è una lezione inglese per la sinistra italiana?
Sì, l’alternativa al neoliberismo non può essere solo lo Stato. Occorre naturalmente che il pubblico faccia assai meglio il suo mestiere – con le sue imprese pubbliche, regolazione, appalti, strategie per le aree marginalizzate (le nostre proposte) - ma la risposta al neoliberismo sta nel “collettivo” oltre lo Stato. Penso al presidio associativo dei territori, alle cooperative sociali, alla capacità dei lavoratori e dei cittadini di organizzarsi. In Italia abbiamo una grande tradizione di mutualismo dalla cultura socialista, cattolica e liberale. Dobbiamo convincerci che collettivamente siamo assai più forti di come ci sentiamo.

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