martedì 10 ottobre 2017
Nell'aggiornamento del World Economic Outlook il Fondo rialza le stime sul Pil globale e anche su quello italiano. Che però si conferma il più lento tra quelli delle economie avanzate
Un lavoratore in una fabbrica di prodotto biomedicali a Tautmann, in Turchia (World Bank via Flickr https://flic.kr/p/73eZD5)

Un lavoratore in una fabbrica di prodotto biomedicali a Tautmann, in Turchia (World Bank via Flickr https://flic.kr/p/73eZD5)

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L’Italia è tra i protagonisti dell’accelerazione della crescita globale che emerge dall’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale. «Notevoli miglioramenti negli investimenti, nel commercio e nella produzione industriale, accompagnati dal rafforzamento della fiducia delle imprese e dei consumatori, stanno sostenendo la crescita» scrive il Fmi nell’edizione di ottobre delle sue previsioni economiche, dove alzato di 0,1 punti percentuali le attese per il Pil globale sia nel 2017 che nel 2018, portandole rispettivamente al +3,6 e al +3,7%.

In questo contesto di miglioramento della ripresa gli analisti del Fondo correggono verso l’alto anche le previsioni per l’Italia, che ora vedono diretta verso una crescita del Pil dell’1,5% quest’anno e dell’1,1% il prossimo. Sono stime leggermente più alte di quelle dell’Economic outlook di luglio e decisamente migliori di quelle di aprile, dove il Fmi vedeva un Pil italiano in crescita dello 0,8%, cioè 7 decimi in meno della stima diffusa ieri. Con questi rialzo le attese del Fondo si avvicinano a quelle indicate dal governo nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, dove si prevede un Pil in aumento dell’1,5% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018.

Le cause della lentezza strutturale del Pil italiano

L'Italia è quindi tra i promossi, a differenza di Regno Unito e Stati Uniti, le cui aspettative di crescita sono state ridotte rispetto ad aprile (per Londra di un pesante 0,3% a causa dell’eccessiva salita della sterlina). Nello stesso tempo però nessun paese avanzato, salvo il Giappone, cresce meno del nostro: il ritmo del Pil italiano è infatti molto lento rispetto a quello della zona euro, dove il Fmi prevede per questi due anni un +2,1 e +1,9. È indicativo in questo senso il confronto con la Francia, economia per molti versi simile alla nostra: il Pil francese per quest’anno è visto in crescita dell’1,6%, quindi appena più di quello italiano, ma l’anno prossimo si riallarga il distacco, con Parigi diretta verso un +1,8% e Roma in frenata al +1,1%.


Colpa di tutte le riforme strutturali ancora non fatte, si capisce scorrendo le pagine del rapporto del Fmi. Pagine ricche di consigli diretti ognuno a un gruppetto di paesi, in cui molto spesso c’è anche il nostro. Il Fondo cita l’Italia tra i Paesi che dovrebbero sfruttare gli spazi fiscali per misure che favoriscano la crescita, eliminare le regole fiscali che scoraggiano il lavoro di una seconda persona in famiglia, mettere a disposizione asili a costi economici, ridurre le barriere all’ingresso nei servizi professionali e nel commercio, tagliare il cuneo fiscale, riformare la contrattazione aziendale per riallineare i salari alla produttività, migliorare la qualità della pubblica amministrazione e l’ambiente per le imprese.

Con le sofferenze non abbiamo finito

Alle storiche carenze legislative si somma poi l’incognita delle sofferenze nei bilanci delle banche, che a fine agosto, secondo i dati aggiornati ieri dalla Banca d’Italia, ammontavano a 172,8 miliardi lordi che diventano 65,2 al netto delle svalutazioni già effettuate. Su questo fronte il Fmi riconosce gli enormi progressi fatti dall’Italia, che però continua ad avere, da sola, quasi un terzo dei crediti deteriorati dell’intera zona euro.

«L’Italia ha fatto molti progressi ma lo stock dei crediti deteriorati rimane elevato, limita le nuove erogazioni di credito e in questo modo crea da sé il rischio di credit crunch» ha ricordato Maurice Obstfeld, consulente economico e direttore del dipartimento per la ricerca del Fmi a chi gli chiedeva un commento sulle tensioni tra governo italiano e Bce sulle nuove linee guida per le sofferenze nei bilanci delle banche.

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