mercoledì 21 gennaio 2015
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«L’utilizzo di un decreto è un errore madornale» avverte Andrea Resti, docente al dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, membro del comitato che rappresenta banche, consumatori e lavoratori all’interno dell’Autorità bancaria europea nonché consigliere di una grande banca popolare, che è proprio uno degli istituti costretti dal decreto del governo a trasformarsi in Spa entro un anno e mezzo.  «Francamente – spiega il professore – è sorprendente che il nostro governo, evitando un normale dibattito parlamentare, decida di privare il sistema bancario di uno dei suoi pilastri, che durante la crisi non si è distinto per difetti particolari. Peraltro in assenza del presidente della Repubblica…».L’esecutivo è andato avanti nonostante l’ipotesi di riforma fosse stata molto criticata negli ultimi giorni.Sì, sono andati avanti e ne è uscito un decreto il cui primo difetto sta già nella forma. Infatti non mi pare ci fossero i motivi di "necessità e urgenza" che giustificano questo strumento legislativo. Del resto, stabilendo che le banche popolari coinvolte hanno diciotto mesi di tempo per trasformarsi in società per azioni, è lo stesso governo a indicare che non c’è fretta...La si spiega forse con la necessità di spingere aggregazioni per gestire le crisi di Mps e Carige?Non so se si punti a un’operazione "di sistema" per aiutare queste banche unendole a istituti più sani. Certo non è un’ipotesi inverosimile.Sopra la soglia degli 8 miliardi di attivi ci sono anche banche davvero regionali. La soglia fissata è troppo bassa?Piuttosto che in termini dimensionali, sarebbe stato meglio distinguere tra popolari quotate o non quotate. Quelle quotate sono già indotte a essere trasparenti, assoggettate al giudizio della Consob e degli investitori, fanno bilanci trimestrali, conference call, chiariscono eventuali conflitti di interesse. Quelle non quotate non hanno questi presìdi, e quindi mi sembrano più vulnerabili a episodi di "autoreferenzialità". Insomma, sarebbe stato utile guardare ai piccoli, più che ai grandi… Fermo restando che la trasformazione forzata in Spa non mi trova d’accordo.Adesso rischiamo di assistere all’avanzata straniera sulle nostre popolari, che sono uscite relativamente bene dai test della Bce?Io cerco sempre di ragionare dal punto di vista dei clienti delle banche e dei lavoratori. Quindi non ho nessuna ostilità preconcetta verso gli stranieri: se qualcuno porta denaro fresco e sa fare funzionare meglio una banca, è benvenuto. Mi fanno più paura certi acquirenti italiani che pensano di controllare le banche attraverso "nocciolini" che rilevano solo una piccola quota di azioni. Per i territori che possono vantare la presenza di una solida banca popolare a sostegno dell’economia c’è il rischio di perdere questo punto di forza?In generale temo di sì: le banche trasformate in Spa rischiano necessariamente un allontanamento dal territorio in cui sono radicate.
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