lunedì 15 luglio 2019
Non essendo ancora operativo il regime ad hoc previsto per loro dalla legge n. 26/2019, l’Istituto non può gestire le richieste
Reddito e pensione di cittadinanza, stranieri ancora senza
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Stranieri ancora senza reddito di cittadinanza. Infatti, non essendo ancora operativo il regime ad hoc previsto per loro dalla legge n. 26/2019 su reddito e patrimonio, l’Inps non può gestire le richieste, che restano in stand-by. Lo spiega l’Inps nella circolare n. 100/2019, illustrando le novità per Rdc e pensione di cittadinanza (Pdc) introdotte con la conversione del dl n. 4/2019 in legge n. 26/2019 (in vigore dal 30 marzo).

Diverse le novità, tra cui quella sull’accennata disciplina per gli stranieri. La legge n. 26/2019 ha introdotto un regime ad hoc per gli extracomunitari con riferimento ai requisiti su reddito e patrimoni, ponendo a loro carico l’obbligo di produrre una certificazione dell’autorità estera competente, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana (l’Inps ha inserito nella modulistica un’apposita dichiarazione di consapevolezza). Tale nuovo obbligo non si applica: nei confronti stranieri (cittadini extraue) con status di rifugiato politico; qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; nei confronti di stranieri di stati nei quali è impossibile acquisire le certificazioni. Un apposito decreto dovrà individuare i Paesi i cui cittadini sono esonerati dall’obbligo. Fino all’emanazione del decreto, spiega l’Inps, le domande presentate da cittadini stranieri (sin da aprile) saranno tenute in sospeso.

Altra novità riguarda il regime di decadenza dal Rdc in caso di rifiuto a un’occupazione: è ora venuta venuta meno l’esclusione dal Rdc dei nuclei familiari con componenti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, con riferimento ai 12 mesi successivi alle dimissioni (fatta eccezione del caso di dimissioni per giusta causa). La legge n. 26/2019, infatti, ha derubricato la decadenza in ipotesi d’esclusione del solo soggetto disoccupato (per dimissioni volontarie), con riduzione in misura di 0,4 punti del parametro della scala di equivalenza che determina l’importo del Rdc. Esempio: la famiglia con un minore e due genitori, dei quali uno lavoratore, con diritto a un Rdc di 560 euro mensili, in caso di dimissioni dal lavoro non perderà più il diritto al Rdc (vecchia disciplina) ma vedrà ridursi il Rdc a 420 euro mensili.

Anche dopo la legge n. 26/2019, con qualche modifica, il Rdc resta condizionato al rilascio, da parte dei componenti maggiorenni della famiglia, della c.d. dichiarazione d’immediata disponibilità al lavoro (Did), nonché all’adesione a percorsi d’inserimento lavorativo e d’inclusione sociale che prevedano attività a servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento studi e di altri impegni individuati dai centri per impiego e dai servizi sociali dei comuni. Sono esclusi dalla DID i maggiorenni già occupati (sono ritenuti disoccupati anche coloro che lavorano con un reddito inferiore alla soglia di esenzione fiscale, ossia a 8mila euro se dipendenti e a 4.800 se autonomi) o che frequentino regolari corsi di studi; i percettori di Rdc titolari di pensione diretta; i beneficiari di Pdc; i soggetti d’età pari o superiore a 65 anni; i soggetti con disabilità. Restano possibili, inoltre, gli esoneri dalla Did, a cura del centro per impiego, per i soggetti con carichi di cura che siano componenti di nuclei con minori di tre anni o disabili gravi e non autosufficienti, nonché per i lavoratori con reddito da lavoro annuo fino alle predette soglie di esenzione fiscale e per coloro che frequentano corsi di formazione.



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