mercoledì 14 aprile 2021
L’anno passato 6 nazioni non sono riuscite a rimborsare i creditori. Colpa del coronavirus, ma non solo: c’è sempre un eccesso di indebitamento. E i tagli dei "rating" aprono a nuovi default
A Buenos Aires un gruppo di manifestanti consegna simbolicamente generi alimentari davanti alla sede argentina del Fondo monetario internazionale come protesta per chiedere un aumento dei salari

A Buenos Aires un gruppo di manifestanti consegna simbolicamente generi alimentari davanti alla sede argentina del Fondo monetario internazionale come protesta per chiedere un aumento dei salari - Reuters

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Non si erano mai visti tanti Stati in bancarotta. Nel 2020 è capitato sette volte che un governo non sia stato in grado di onorare i suoi debiti, ha notato l’agenzia di rating S&P: hanno fatto default l’Argentina, l’Ecuador, il Libano, lo Zambia, il Belize e il Suriname (due volte). È il nuovo record dei fallimenti del debito sovrano: il precedente massimo storico erano state le sei insolvenze di Stato del 2017, che già erano moltissime, considerato che l’agenzia nota fino a pochi anni fa come Standard & Poor’s ha registrato ventiquattro default di Stato negli ultimi vent’anni.

Il dramma del Libano

Ogni insolvenza è una storia a sé. S&P conta come default ogni caso in cui un debitore non è in grado di rimborsare i creditori, ma questa situazione si può risolvere in modi, più o meno "tranquilli". La crisi del debito più drammatica è certamente quella del Libano. Il 7 di marzo 2020 il primo ministro Hassan Diab ha annunciato che il governo non avrebbe pagato una rata da 1,2 miliardi di dollari di un eurobond e avrebbe cercato un nuovo accordo con i creditori. «Il debito è diventato più grande di quanto il Libano possa sostenere ed è impossibile per i libanesi pagare gli interessi» ha ammesso Diab.

Fino a pochi anni fa il Libano era una delle economie più stabili del Medioriente. Nel 2018 è precipitato in una crisi economica mai vista, principalmente per un eccesso di debito. La lira si è svalutata di quasi il 90%, l’inflazione è fuori controllo (l’ultimo dato è un 85%). Secondo le stime dell’Onu metà della popolazione vive ormai sotto la soglia di povertà e scarseggiano beni di prima necessità. Rimborsare i creditori di un debito pari a circa 90 miliardi di dollari non è certo tra le urgenze del Paese.

Proteste a Beirut per la crisi economica

Proteste a Beirut per la crisi economica - Reuters

Le nuove crisi (quasi risolte) in Sudamerica

Quello del Libano, spiega S&P, è l’unico default del 2020 avvenuto per ragioni che non hanno a che fare con la pandemia. Altrove è Stato il Covid-19, con i suoi tanti effetti economici collaterali, a mettere in difficoltà gli Stati.

Tra le fabbriche ferme in tutto il mondo c’erano anche quelle di gioielli. Per la piccola Repubblica del Suriname, ex colonia olandese da 600mila abitanti, il crollo delle esportazioni dell’oro è stato il fattore finale che ha peggiorato una crisi che montava da anni. L’autocrate ex dittatore Dési Bouterse, che governava il Paese sudamericano dal 2010, ha indebitato il Suriname per discutibili progetti di infrastrutture. Prima a luglio e poi a ottobre ha saltato il pagamento delle rate su obbligazioni per 675 milioni di euro in scadenza nel 2023 e 2026. Bouterse, condannato in Olanda per traffico di cocaina e accusato di omicidio in patria, a luglio si è fatto da parte e il nuovo governo sta cercando l’aiuto del Fondo monetario internazionale per chiudere il suo default.

La caduta delle quotazioni del petrolio, che erano scese per qualche minuo anche sotto zero la scorsa primavera, è stata la causa scatenante dell’insolvenza dell’Ecuador, la cui economia è basata sull’esportazione di greggio. Il secondo default della storia dell’Ecuador è stato comunque piuttosto breve: ad aprile il governo ha chiesto di rinviare ad agosto il rimborso di una rata da 800 milioni di dollari, facendo scattare il default, ma in estate ha trovato un accordo con i creditori per tagliare il debito e ridurre gli interessi.

Guillermo Lasso, eletto presidente dell'Ecuador domenica scorsa

Guillermo Lasso, eletto presidente dell'Ecuador domenica scorsa - Reuters

È riuscita a riemergere dall’insolvenza anche l’Argentina, il Paese tristemente più esperto del mondo nella gestione di bancarotte di Stato. A causa di una strutturale incapacità di mantenere in equilibrio i conti pubblici, peggiorati dalla crisi pandemica, il governo argentino è dovuto tornare a trattare con i creditori, ottenendo – tramite un’insolvenza "selettiva" – un alleggerimento del debito pubblico, che ammonta a 65 miliardi di dollari.

Anche il piccolo Belize, al suo quarto default, ha una certa esperienza nella gestione delle insolvenze. Lo splendido Stato caraibico, che ha meno di mezzo milione di abitanti, vive di turismo, ma con il Covid gli arrivi sono precipitati del 70% e con loro sono crollati gli incassi dello Stato. In agosto il governo ha chiesto ai creditori di rinviare di sei mesi il pagamento di una rata su un bond da 526 milioni di dollari in scadenza nel 2034, ma ancora non ha trovato un accordo. Il mese scorso i funzionari del Fondo monetario internazionale hanno concluso la loro ispezione definendo semplicemente «insostenibile» il debito del Paese.

Il rischio Africa

Il problema dello Zambia, unico Stato africano a fare default nel 2020, è stato invece il crollo delle esportazioni di rame, principale risorsa del Paese. Ma è un problema contingente: come tanti Paesi africani lo Zambia ha fatto molti debiti, negli ultimi anni, per progetti infrastrutturali spesso più utili ai creditori (la Cina su tutti) che alla popolazione locale. A novembre il governo di Edgar Lungu non ha rimborsato una rata da 42,5 milioni di dollari di obbligazioni in euro e da quel momento non c’è stato nessun passo avanti. Secondo diversi osservatori, quella dello Zambia potrebbe essere la prima a cadere di una serie di tessere del domino del debito africano.

Un pescatore al porto di Mongu, in Zambia

Un pescatore al porto di Mongu, in Zambia - WorldFish via Flickr

Verso un nuovo record nel 2021?

S&P non fa previsioni. Il suo studio ricorda però che il numero di tagli di rating del 2020 ha raggiunto i massimi dal 2011 (sono stati 26). Attualmente più del 60% dei Paesi "emergenti" ha un giudizio "speculativo" da parte dell’agenzia di rating : sono tutti debiti che hanno un elevato grado di rischio. Se l’economia globale non si riprenderà abbastanza rapidamente il record dei default del 2020 potrebbe essere superato già quest’anno.

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