giovedì 7 gennaio 2021
PC4U.tech, ideato durante il lockdown, ha permesso di incrociare donazioni di computer da riparare e in caso ricondizionare con le richieste di chi è senza un dispositivo
Jacopo Rangone, Matteo Mainetti, Emanuele Sacco e Pietro Cappellini. PC4U.tech, ideato durante il lockdown, ha permesso di incrociare donazioni di computer da riparare e in caso ricondizionare con le richieste di chi è senza un dispositivo. Grazie ad una rete di associazioni

Jacopo Rangone, Matteo Mainetti, Emanuele Sacco e Pietro Cappellini. PC4U.tech, ideato durante il lockdown, ha permesso di incrociare donazioni di computer da riparare e in caso ricondizionare con le richieste di chi è senza un dispositivo. Grazie ad una rete di associazioni

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Nei prossimi giorni anche gli studenti delle superiori dovrebbero far ritorno a scuola e ricominciare a seguire le lezioni in presenza. Ma se così non fosse e la didattica dovesse svolgersi ancora, per forze di cose, a distanza, siamo davvero sicuri che tutti gli alunni siano pronti? Che dispongano cioè, rispetto ai trimestri precedenti, dell’attrezzatura necessaria (a partire dal computer) per affrontare al meglio questa modalità?

Domande, queste, che già qualche mese fa si era posto Jacopo Rangone, studente diciottenne in un college dello Hertfordshire e fondatore, insieme a tre coetanei, tutti milanesi come lui, del progetto PC4U.tech, con l’obiettivo di raccogliere, in caso ricondizionare, e ridistribuire gratuitamente i dispositivi usati (ma funzionanti) a quegli alunni di Milano e dell’hinterland che non ne dispongono. Il progetto è costituito da un sito Internet, attivo dalla fine di giugno, dove chiunque può donare o richiedere un computer usato semplicemente cliccando sulla casella corrispondente: 'dona' oppure 'richiedi'. A quel punto, registrata l’ordinazione, il computer viene sanificato, impacchettato e consegnato a casa, senza spese aggiuntive.

«L’idea di quello che poi è diventato PC4U.tech è nata un giorno, durante i mesi di lockdown, dopo aver ascoltato il racconto di mia sorella a proposito della sua classe: molti suoi compagni di terza media, infatti, non avendo un pc o un tablet in famiglia, spesso non riuscivano a seguire le lezioni; alcuni usavano il telefonino per entrare, ma sappiamo tutti che non sono gli strumenti adatti per il remote learning. A quel punto ho avuto l’idea del sito web di facile fruizione, due bottoni e stop, e ho subito coinvolto tre amici: Matteo Mainetti, Emanuele Sacco e Pietro Cappellini. Poiché Matteo, mio amico d’infanzia, era l’unico tra noi ad avere una moto, il suo compito sarebbe stato quello di fattorino; Emanuele, appassionato di start up, avrebbe dovuto sviluppare la piattaforma mentre Pietro si sarebbe occupato della grafica web».

Dal principio i quattro ragazzi volevano fare solo una decina di donazioni, ma grazie anche a qualche servizio giornalistico, le cose sono poi andate diversamente. «Ne abbiamo raccolte talmente tante che ci siamo trovati a dover cambiare la struttura del progetto e la logistica. Ci siamo trovati a dover soddisfare qualcosa come 300 richieste e 180 donazioni da parte di privati e di aziende: per questo abbiamo chiesto l’aiuto della cooperativa For-Te e del suo ottimo servizio di delivery svolto da persone con disabilità cognitiva», spiega Jacopo. «Anche per gli interventi di riparazione e inizializzazione dei dispositivi ci affianchiamo adesso ad una associazione no profit, Informatici Senza Frontiere, che condividono con noi la battaglia contro il digital divide».

Dalla fine dello scorso novembre i quattro ragazzi hanno fatto pure partire una campagna di crowdfunding, ora terminata, che ha raccolto oltre 18mila euro: una cifra che consentirà di coprire le spese per le prossime 300 richieste (per il ricondizionamento, per l’acquisto di licenze di Windows 10 quando non sono incorporate nel pc, per il packaging e per la gestione amministrativa del progetto).

Di recente il Parlamento europeo si è focalizzato sulla questione dell’accesso a Internet quale nuovo diritto umano e lo stesso governo italiano ha messo a disposizione pc e tablets in comodato d’uso agli studenti bisognosi: tuttavia sono ancora tante le famiglie, anche nell’agiata Milano e nel suo hinterland, che non possiedono un dispositivo per la scuola digitale dei figli. «Ma è il Paese intero ad averne bisogno e ce ne siamo accorti dalle richieste che abbiamo ricevuto – conclude Jacopo Rangone –. Il dispositivo dato in comodato d’uso non risolve il problema poiché una volta terminata la didattica a distanza deve essere restituito. Al momento siamo concentrati su Milano ma non escludiamo di estendere il progetto in altre città».

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