giovedì 28 ottobre 2021
In Norvegia disturbano i pascoli dei pastori lapponi, in Francia insidiano capesante e aragoste. I progetti di energia rinnovabile si scontrano sempre più spesso con problemi sociali e naturali
Un campo eolico offshore al largo delle coste dei Paesi Bassi

Un campo eolico offshore al largo delle coste dei Paesi Bassi - Reuters

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Per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero per il 2050 occorrono milioni di nuovi pannelli solari e decine di migliaia di pale eoliche. Precisamente – scrive l’Agenzia internazionale per l’Energia (Aie) nel suo rapporto Net Zero 2050 – nel mondo occorre aggiungere ogni anno 630 GW di capacità di energia solare e 350 di energia eolica. L’obiettivo è portare la quota di rinnovabili sul totale dell’energia prodotta dall’attuale 29% all’88% a metà di questo secolo.

Per riuscirci servono enormi investimenti. L’Irena, l’agenzia per le energie rinnovabili, ha stime sul 2050 molto simili a quelle dell’Aie e propone anche un’indicazione sui costi di questo percorso. L’investimento annuo mondiale per la transizione energetica – considerando tutto, dalle ristrutturazioni degli edifici allo sviluppo di impianti geotermici ma escludendo nucleare e gas naturale – ammonta a 3.843 miliardi di dollari. Di questi, 237 miliardi all’anno servono per sviluppare la produzione di energia fotovoltaica e 389 per quella eolica, tra impianti onshore (le tradizionali pale sui terreni ventosi) e offshore, cioè i più innovativi impianti alto mare.

Trovare tanti investitori disposti a finanziare i progetti di fotovoltaico ed eolico oggi è più facile di un tempo, grazie alla grande diffusione dei green bond e, più in generale, al Green Deal europeo che punta espressamente sullo sviluppo dell’energia rinnovabile. La costruzione di nuovi impianti, però, si scontra sempre più spesso con imprevisti ostacoli sociali o naturali. Come l’attività dei pastori di renne nella penisola di Fosen, in Norvegia, vicino alla città di Trondheim. È lì che la società Fosen vind ha costruito un enorme parco eolico, il più grande d’Europa: 6 centrali elettriche, 278 turbine, 60 chilometri di strade e una linea ad alta tensione per generare 3,6 TWh di energia elettrica ogni anno.

Ma in quell’area il popolo lappone dei sami, una minoranza di circa 600-1000 persone, si occupa di allevare le renne. Gli impianti eolici hanno occupato una vasta area in cui tradizionalmente pascolavano gli animali. I rappresentanti legali dei sami si sono appellati ai tribunali chiedendo la revoca dei permessi per la costruzione del parco eolico, che risale al 2010: ostacolando i pascoli, è l’accusa, le pale impediscono ai sami di coltivare la loro cultura tradizionale. I giudici ordinari gli hanno dato torto, ma la Corte Suprema norvegese ha accolto le loro richieste, riscontrando una violazione della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Le concessioni quindi devono essere revocate e, secondo i legali dei sami, a questo punto le turbine dovranno essere smantellate.

Un pastore sami porta al pascolo le renne in Norvegia

Un pastore sami porta al pascolo le renne in Norvegia - Reuters

In Francia è invece nel mirino il cantiere per costruire entro il 2023 un parco eolico in alto mare, nella baia di Saint-Brieuc, in Bretagna: 62 turbine per una capacità totale installata di 496 MW per soddisfare i consumi di elettricità di circa 835mila abitanti. La società che ha vinto il bando del governo francese, Ailes Marine, ha avviato i lavori all’inizio di quest’anno. Ma già al debutto del cantiere i pescatori della zona hanno accerchiato la nave incaricata di mettere le fondamenta dell’impianto. Sostengono che il parco eolico sia una minaccia per la biodiversità della baia, ricca di capesante e aragoste. I pescatori sono affiancati dagli ambientalisti, che avvertono sui possibili rischi dell’inquinamento delle acque provocato dai metalli utilizzati per l’impianto. I lavori per la costruzione del parco eolico si stanno per fermare per il periodo invernale, nei prossimi mesi la battaglia legale tra pescatori e azienda andrà avanti. Nel frattempo è montata una protesta analoga dei pescatori di Havre e Cherbourg, in Normandia, dove è in programma la costruzione di altri quattro parchi eolici offshore.

L’impegno ad aumentare la produzione di energia rinnovabile, insomma, si scontra anche con i problemi dell’impatto sul territorio di impianti di grandi dimensioni. E a tutto ciò si aggiunge anche un imprevisto problema naturale. Secondo le stime di Vortex, una società indipendente di analisi di modelli meteo, la ventosità nel mare del Nord quest’anno è del 15% inferiore alla media degli ultimi trent’anni. Un calo che alcuni studiosi attribuiscono al cambiamento climatico e che difatti è indicato tra i possibili effetti dell’aumento delle temperature nelle proiezioni del-l’Ipcc, il pannello sul cambiamento climatico dell’Onu. Se tirerà sempre meno vento anche tutti i calcoli su costi e cantieri del contributo dell’eolico al transizione ecologica andranno rivisti al rialzo.

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