martedì 16 luglio 2019
In difficoltà tra il bando americano e i timori di Bruxelles, l'azienda promette per il nostro Paese 3,1 miliardi di dollari di spese e mille assunzioni
Thomas Miao, ceo di Huawei Italia / Fotogramma

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Il gigante cinese Huawei sta attraversando il momento più delicato della sua storia. Messa al bando dagli Stati Uniti, l’azienda rischia di perdere l’accesso al sistema operativo Android per i suoi prossimi smartphone e, di conseguenza, di compromettere la sua presenza nei mercati americano ed europeo. Per quanto ora sembri di nuovo avvicinarsi una tregua nella guerra commerciale tra Washington e Pechino, molto difficilmente l’azienda cinese riuscirà ad avere un ruolo nella realizzazione della rete 5G negli Stati Uniti. Anche il suo coinvolgimento nella costruzione del 5G europeo è molto a rischio: ha schivato una messa al bando ufficiale, ma a marzo la Commissione europea ha pubblicato le “raccomandazioni” sulla cibersicurezza della rete ad alta velocità proprio per i timori sul ruolo delle compagnie di uno Stato non democratico come la Cina nella costruzione della rete su cui potranno appoggiarsi processi come le fabbriche automatizzate o le auto a guida autonoma. L’azienda ha bisogno di alleati per evitare di essere lasciata fuori dal 5G europeo e conta di trovarne uno nell’Italia, Paese che il governo Conte ha resto un interlocutore privilegiato della Cina. Thomas Miao, che è a capo di Huawei Italia, ieri partecipando alla presentazione di una mostra milanese su Leonardo sponsorizzata dalla compagnia cinese, ha promesso massicci “investimenti” in Italia tra il 2019 e il 2021. Ha parlato di un piano italiano da 3,1 miliardi di dollari: 1,2 miliardi di spese di “marketing e operation”, 1,9 miliardi per acquisto di forniture e 52 milioni di effettivi investimenti per la ricerca e sviluppo. Huawei conta di assumere mille persone in Italia e di generare un indotto altri 2mila posti di lavoro. Nel progetto rientrano anche 1,7 milioni di dollari per lanciare il “Microelectronics Innovation Lab” per il quale collaboreranno il centro di ricerca Huawei di Milano e l’Università di Pavia. Le promesse di spese e assunzioni in Italia sono state accompagnate da richieste piuttosto precise sul 5G. Il governo la scorsa settimana ha modificato il decreto sul “golden power” per includere anche le reti 5G tra le infrastrutture considerate strategiche per la sicurezza nazionale e sulle quali l’esecutivo si riserva poteri speciali di intervento. Entro venerdì le aziende del settore potranno mandare le loro opinioni per l’elaborazione della norma. Miao ieri ha detto di volere chiedere «regole trasparenti, efficienti e giuste», aggiungendo due richieste: la prima è che il golden power riguardi non solo aziende extra-europee, ma anche quelle dell’Ue «perché la tecnologia è neutrale e non è legata a questioni geopolitiche »; la seconda è che i tempi per un eventuale veto del governo siano più brevi, mentre il decreto li ha portati da 25 a 165. Il manager ha poi ricordato che i rapporti tra Huawei e i suoi partner italiani, a partire da Tim e Vodafone, «il business e il dialogo continua ad andare avanti come di consueto » e ha di nuovo rilanciato l’importanza dei rapporti tra Italia e Cina, Paesi che «da adesso in poi saranno sempre più vicini» perché «da un punto di vista economico sono ben combinati. L’Italia ha bisogno della Cina e la Cina ha bisogno dell’Italia».

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