mercoledì 21 novembre 2018
Palma Costi, assessore alle attività produttive dell'Emilia Romagna: la bussola è l'agenda Onu
Palma Costi

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In un’Italia battuta da venti e tempeste, che ripropongono violentemente i rischi connessi ai cambiamenti climatici, cala il sipario sulla festa della Green Economy: dall’Emilia-Romagna – messa a dura prova, dall’Appennino all’Adriatico, negli ultimi anni, da serie crisi ambientali e dal sisma della pianura del 2012, dal quale si è risollevata in tempi record – è partita l’onda verde che sommergerà il Paese. È stata il regno della nuova economia, accogliendo la settima edizione degli Stari Generali, con Rimini capitale della 2 giorni di Ecomondo: rispetto ai precedenti, questo appuntamento – in un settore che vale il 2% del Pil nazionale e comprende distretti strategici come quello biomedicale, agroalimentare e delle ceramiche – si distingue nettamente per la forte valenza economica. E fornisce l’occasione per l’analisi di un modello territoriale capace di far emergere dalle rovine della sciagura risorse e potenzialità. Poi da sfruttare al meglio. Un modus operandi di economia circolare, in fondo. Protagoniste di questa "resilienza", oltre che del palco di Rimini, anche 2 donne che – in qualità di Assessori Regionali alle Attività produttive, Palma Costi, e Ambiente Paola Gazzolo – forniscono un bilancio sui recenti esperimenti di green economy.

Per recuperare fiducia e tempo, per l’occupazione, tanto richiesta, è saggio puntare sulla nuova economia "verde"? Gazzolo. Scommettere sulla Green economy non è un azzardo, ma un investimento produttivo, come testimoniano imprenditori e lavoratori che dai loro laboratori hanno "inventato" e creato nuove filiere di sviluppo: la sostenibilità deve diventare, e così avverrà per forza degli eventi, il driver delle scelte politiche ed economiche. Costi. In Emilia-Romagna già oggi è una leva per competere in modo intelligente ad ogni livello: ciò è lampante laddove si esporta. Parliamo di un mercato rilevante e in fortissima espansione, di imprese dagli utili netti per addetto mediamente superiori del 34% rispetto alle altre e, dunque, più competitive nel contesto economico-finanziario. Il che è una garanzia in più per l’occupazione.

La mancanza di lavoro è preoccupante: giovani, mezzogiorno, crisi aziendali. G. Appunto in quanto strada all’occupazione, il sentiero "verde" va perseguito tenacemente! Economia circolare, programmazione, tutela ambientale, urbanistica di riqualificazione e recupero del tessuto urbano sono solo esempi virtuosi che sono stati capaci di rigenerare e ricucire il territorio: nella regione abbiamo aperto 316 cantieri per 136 milioni, investendo in vere infrastrutture verdi. La sicurezza si fa con la prevenzione: il nostro Paese può farne tesoro e motore di crescita. C. Con Futuro Verde intendiamo anche i Green Jobs: su questo siamo in linea con gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, tesi a nuove opportunità e a contrastare i mali che infliggono il pianeta e gli effetti dei cambiamenti climatici.

Governare e amministrare significa anche scegliere priorità, orientare le politiche pubbliche, indirizzare e sostenere l’iniziativa privata, agevolare la formazione di distretti e filiere produttive. C. Per quel che mi compete, insisto su energie rinnovabili ed efficienza energetica, in quanto settori emergenti che richiedono nuove figure professionali, da cui passerà il rilancio economico. Attualmente in Emilia-Romagna le fonti rinnovabili costituiscono l’11,8%: l’obiettivo al 2030 è del 24%. Il piano regionale prosegue poi in una rete di laboratori di ricerca green, prestazioni energetiche degli edifici migliorativa rispetto a quella prevista dalla legislazione nazionale con una riqualificazione del sistema di certificazione, uso dei fondi strutturali per ricerca e sostegno alla competitività del sistema produttivo. È la nostra sfida ad un rilancio economico di qualità, per salute, sicurezza e coesione sociale, contro vecchie e nuove forme di povertà: non è un caso il "valore ambientale" del recente Nobel per l’economia. G. A questi scopi, occorrono visioni a lungo periodo e integrazioni di più politiche, che prevedano il coinvolgimento di Università e centri di ricerca. E poi molta, molta sensibilizzazione e formazione, in ambito pubblico e privato. Analogamente, a livello europeo, la prossima programmazione UE va declinata su nuove tecnologie, energie rinnovabili e occupazione green.

È interessante un dato: abbiamo selezionato un campione di aziende emiliano-romagnole, chiedendo se prevedessero assunzioni e investimenti in green economy a breve, ed un terzo ha risposto positivamente. G. Anche in campi diversi come le opere di difesa del suolo, di sicurezza territoriale, di tutela ambientale – come per la regolazione di corsi d’acqua e fiumi – o lavori di manutenzione o di antierosione, c’è moltissimo interesse. Pensiamo solo agli Appennini: l’Italia non aspetta altro che un salto di qualità.

Resta un problema: gli attori di questo cambiamento. C. Le difficoltà non possono paralizzarci, ognuno è inchiodato di fronte alle proprie responsabilità: le istituzioni, innanzitutto, e poi i cittadini, con stili di vita più sostenibili possono generare una domanda che sia leva per l’impresa. Quindi, le imprese stesse, innovando processi e prodotti. E, non di meno, realtà associative plurali, che stimolino la svolta culturale.

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